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Confermata la condanna a Domenico Miceli

Ex assessore di Palermo, è stato condannato a 6 anni e sei mesi per concorso in associazione mafiosa

21 dicembre 2012

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna a sei anni e sei mesi, per concorso in associazione mafiosa, inflitta in appello al chirurgo ed ex assessore comunale alla sanità di Palermo, in quota Udc, Domenico Miceli. L'ex politico, delfino dell'ex governatore siciliano Salvatore Cuffaro, dopo aver saputo del verdetto si è costituito nel carcere di Rebibbia per scontare la pena residua (circa cinque anni).
La Cassazione aveva già esaminato, prima di oggi, la vicenda Miceli: finito in carcere nel giugno 2003, rimasto in cella 14 mesi e poi condannato a otto anni in primo grado e a sei anni e sei mesi in secondo, il chirurgo si era visto annullare la sentenza con rinvio, per un nuovo esame da parte della Corte d'appello palermitana. I supremi giudici avevano chiesto ai magistrati siciliani di verificare se all'imputato potessero essere concesse le attenuanti generiche. Il responso era stato negativo, la pena riconfermata e oggi è diventata definitiva e irrevocabile.

Miceli, dunque, ha deciso di costituirsi nel carcere romano, lo stesso in cui è detenuto dal gennaio 2011 Cuffaro. I due esponenti politici, entrambi ex del Cdu, poi confluiti nell'Udc, sono stati processati per vicende simili e parallele. Cuffaro è stato condannato nel dibattimento "Talpe" e sconta la pena per favoreggiamento e rivelazione di segreto d'ufficio, aggravati dall'agevolazione di Cosa nostra; Miceli, giudicato a parte, era imputato di concorso esterno in associazione mafiosa. L’ex assessore comunale di Palermo, fu il tramite fra il boss di Brancaccio, Giuseppe Guttadauro, del quale frequentava l'abitazione, e Cuffaro: il periodo di questi contatti è tra la fine del 2000 e l'inizio del 2001, quando Cuffaro era ancora solo candidato alle regionali come presidente. Le istanze di Guttadauro non furono mai accolte o non trovarono comunque realizzazione, ma Miceli si prestò a fare da messaggero e a cercare la sponsorizzazione del suo vecchio maestro (Guttadauro era un chirurgo) per essere candidato alle elezioni regionali: il medico fu effettivamente inserito nelle liste del Cdu, ma non ricevette l'appoggio che si aspettava, dato che Cuffaro era impegnato a far votare un maresciallo dei carabinieri, Antonio Borzacchelli, candidato in una lista satellite, il Biancofiore.

Borzacchelli doveva garantire il gruppo rispetto alle indagini giudiziarie: in questo contesto si verificò la fuga di notizie (ricostruita nel processo Talpe) che consentì a Guttadauro di ritrovare la microspia che un maresciallo del Ros, Giorgio Riolo, gli aveva piazzato in casa. Attraverso una "catena" la notizia passò da Riolo a Borzacchelli (ancor oggi sotto processo per concussione, mentre la rivelazione di segreto è stata dichiarata prescritta), da lui a Cuffaro e poi a Miceli, al dottor Salvatore Aragona, un altro ex allievo di Guttadauro, e alla fine allo stesso capomafia, che il 15 giugno 2001 scoprì la cimice. La Procura di Palermo ha fatto processare Cuffaro anche per concorso esterno, dopo che in un primo momento questa accusa era stata archiviata su richiesta di altri pm: l'ex senatore Udc è stato prosciolto per "ne bis in idem" sia in primo che in secondo grado.

[Informazioni tratte da ANSA, GdS.it, Repubblica/Palermo.it]

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21 dicembre 2012
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