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Confisca record a Messina: sequestrati 200 mln a un presunto boss

La Dia ha eseguito uno dei provvedimenti di confisca più consistenti mai compiuti in Italia

22 ottobre 2009

Ieri la sezione operativa della Direzione Investigativa Antimafia di Messina ha confiscato beni per circa 200 milioni di euro riconducibili a Mario Giuseppe Scinardo, 44 anni, originario di Capizzi (ME) ritenuto uomo di fiducia del Capo di cosa nostra della provincia di Messina, Sebastiano Rampulla.
Si tratta di uno dei provvedimenti di confisca più consistenti mai compiuti in Italia. L'operazione è stata coordinata dal procuratore di Catania Vincenzo D'Agata.
Il patrimonio confiscato è costituito da numerose società e ditte individuali (con volumi di affari milionari), da circa 230 beni immobili - tra cui immense distese di terreno, appartamenti, ville e locali commerciali - da aziende agrituristiche e vinicole, da impianti di calcestruzzi e da circa 90 mezzi tra camion, escavatori, trattori, mezzi agricoli ed autovetture di grossa cilindrata.
Il provvedimento di confisca, emesso dal tribunale di Catania, si basa su una articolata attività di indagine. La misura patrimoniale è stata chiesta sia dalla procura di Catania che da quella di Messina che, sui beni di Scinardo, svolgevano due distinte indagini. I giudici hanno anche imposto al presunto mafioso la sorveglianza speciale per 3 anni.

Tra i beni confiscati nell'operazione, denominata "Malaricotta 2", ci sono nove tra società e ditte individuali - operanti nei settori economici che vanno dall'edilizia alla produzione di calcestruzzo, dalla produzione dell'energia alternativa (impianti eolici e fotovoltaici) all'agriturismo, dalle coltivazioni agricole e produzione di vino, all'allevamento di bovini e ovi-caprini - tutte intestate a Scinardo ed ai suoi familiari; l'agriturismo Casale Belmontino; 229 immobili, tra terreni e fabbricati, dislocati in tre province diverse (Catania, Siracusa ed Enna); un'azienda agricola di allevamento bovini nel comune di Enna; 88 mezzi tra camion, escavatori, pale meccaniche, trattori, betoniere ed altri mezzi destinati all'agricoltura e all'allevamento del bestiame; 11 capannoni per la custodia degli animali; 61 silos per lo stoccaggio del vino, del foraggio e delle materie prime destinate alla produzione di mangimi; un impianto di calcestruzzo e 500 capi di bestiame.

"Si tratta del più importante provvedimento di confisca mai effettuato nella Sicilia orientale e tra i più consistenti in Italia", ha commentato il colonnello Gaetano Scillia. "Il profilo criminale di Scinardo, legato alla famiglia mafiosa di Mistretta e al quale sono stati sequestrati i beni - ha spiegato Scillia - è di grande spessore. È indagato nel processo che riguarda l'operazione Montagna e in un suo agriturismo, il casale Belmontino, sono avvenuti diversi summit di mafia. A questi incontri hanno partecipato tra gli altri Carmelo Bisognano, boss dei Mazzarroti e Giovanni Carmelo Barba, legato ai clan di Tortorici".
Durante le indagini è emerso anche che Scinardo avrebbe girato 680 mila euro a persone a lui vicine lo stesso giorno del sequestro dei beni del boss Sebastiano Rampulla, appartenente alla famiglia mafiosa di Mistretta, la stessa alla quale Scinardo era legato. "Alcune aziende di Scinardo - ha spiegato ancora Scillia - risultavano indebitate nonostante l'incongruenza con il patrimonio dello stesso titolare. Nonostante fossero indebitate, inoltre, queste aziende avevano egualmente ottenuto dei finanziamenti statali".
Dalle indagini è emerso infine che Scinardo aveva rapporti con Vito Nicastri, sotto inchiesta dalla Dda di Palermo, imprenditore nel settore dell'eolico e del fotovoltaico.

"Nel silenzio della concretezza 'l'antimafia dei fatti' coglie un nuovo successo che conferma la validità della strategia di contrasto alle mafie impostata dal Governo". Così il sottosegretario all'Interno, Alfredo Mantovano, ha commentato la confisca di beni riconducibili a un elemento di vertice della cupola messinese. "L'aggressione ai patrimoni illeciti, parte di un più ampio pacchetto di misure antimafia senza precedenti nella storia della Repubblica - ha osservato Mantovano - soffoca la riorganizzazione dei gruppi criminali e, soprattutto, attribuisce senso e risorse agli sforzi, esemplari, compiuti dalle forze dell'ordine". "La stima complessiva dei beni sequestrati dall'introduzione delle norme in questione (5.372 milioni di euro) - ha aggiunto - è destinata a salire alimentando in maniera consistente il Fondo Unico Giustizia, grazie al quale i patrimoni delle mafie si traducono in risorse nella disponibilità dello Stato per contrastare la stessa criminalità organizzata".
Grande soddisfazione quella esternata dal ministro dell'Interno, Roberto Maroni. "E' tra le operazioni più importanti degli ultimi anni per il valore dei beni confiscati in un solo colpo, che dimostra l'efficacia della strategia di contrasto alla mafia impostata dal Governo". Il ministro si è congratulato per l'operazione con il capo della Polizia, prefetto Antonio Manganelli.

"L'ingente patrimonio sequestrato a Messina e la varietà di beni mobili e immobili sequestrati ci dà il senso della capacità delle cosche di inquinare l'economia legale e di infiltrarsi nei mercati e nei territori con grande abilità"
. Questa la dichiarazione il senatore del Pd Giuseppe Lumia, componente della Commissione parlamentare antimafia, commentando il sequestro effettuato dalla Dia. "Il sequestro e la confisca dei patrimoni - ha aggiunto Lumia - rappresenta l'elemento cardine della lotta alla criminalità organizzata. Adesso, per chiudere il cerchio, è di fondamentale importanza che lo Stato garantisca la produttività di tali beni, attraverso il loro immediato riuso sociale. Solo così - ha concluso l'esponente del Pd - daremo il segnale positivo che la legalità e l'unica strada per creare uno sviluppo sano, fatto di diritti e libertà".

[Informazioni tratte da Ansa.it, La Siciliaweb.it]

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22 ottobre 2009
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