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Continua il presidio degli operai Fiat di Termini Imerese

Mentre le tute blu occupano anche la Serit, mogli e figlie scrivono al Capo dello Stato

11 maggio 2012

La filiale dell'Agenzia delle Entrate di Termini Imerese rimane occupata dagli operai dello stabilimento Fiat e dell'indotto, che protestano da 3 giorni per chiedere l'attuazione dell'accordo di programma quadro per il rilancio del polo industriale, dove lo stabilimento del Lingotto è fermo dal primo gennaio e il passaggio alla Dr Motor di Massimo Di Risio non si è ancora perfezionato, per la difficoltà dell'imprenditore molisano a ottenere credito dalle banche, anche a causa dei debiti delle sue aziende. Sono 2.200 i lavoratori in cassa integrazione, tra questi circa 600 sono "esodati".
Questa mattina un gruppo di circa cinquanta operai dell'indotto Fiat ha occupato anche la filiale della Serit, la società esattoriale siciliana, a Termini Imerese alta. "Resteremo qui - dice Michele Russo della Fim Cisl della Bienne Sud, ditta dell'indotto Fiat - fino a quando non avremo risposte, le istituzioni non possono abbandonarci in questo modo, vogliamo risposte".
Ieri sera si è riunita l'assemblea degli operai per stabilire la permanenza a oltranza dell'occupazione.

Intanto, un gruppo di donne, madri e figlie dei cassintegrati e degli esodati della Fiat, hanno scritto una lettera al Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, chiedendogli di intervenire direttamente per salvare 2.200 posti di lavoro.
"Questa realtà - scrivono nella lettera - la stiamo vivendo con rabbia e delusione, rabbia perché ci siamo sentite prese in giro dalle istituzioni e delusi perché abbiamo creduto in quelle stesse istituzioni che il primo dicembre 2011 hanno firmato l'accordo di programma, col nostro ministro dello Sviluppo Economico a fare da garante. Eravamo tranquille perché il nostro governo era lì a tutelare i nostri diritti, il diritto al lavoro e alla dignità della persona". "Ora questi diritti sono stati lesi - proseguono - solo lei può intervenire. Signor presidente, noi confidiamo in lei perché lei è il nostro presidente e da padre di famiglia saprà prendersi cura dei suoi figli. Anche noi, che siamo del Sud, siamo figli suoi e crediamo in un'Italia unita da Nord a Sud, un'Italia senza distinzioni: tutti hanno diritto ad avere una dignità e la dignità è avere un lavoro". "Lei non sa, neppure può immaginare - proseguono le donne nella lettera - cosa significa non avere un futuro, una speranza. Questo è quello che abbiamo noi, niente, il buio ed è quello che possiamo trasmettere alle future generazioni. Ma a tutto questo noi non ci stiamo, abbiamo il nostro orgoglio, non vogliamo figli di una terra che deve essere solo sfruttata, non vogliamo sussidi, bonus o qualsiasi altra forma di sostentamento economico, vogliamo solo il lavoro".

La missiva prosegue: "Vogliamo lavorare per i nostri figli, perché anche loro hanno diritto ad avere una istruzione, una cultura diversa che possa cambiare un giorno il volto a questa Sicilia. Vogliamo e lo desideriamo con tutto il cuore che questi benedetti cancelli della fabbrica si aprano al più presto per dare inizio a una nuova vita dove la nostra terra possa dare finalmente una classe dirigente politica alla quale sta a cuore la sorte della nostra Sicilia. Questo lo si può ottenere solo lavorando - concludono le donne degli operai Fiat - perché con il lavoro noi possiamo ottenere dignità e promuovere una cultura diversa".

[Informazioni tratte da Ansa, Lasiciliaweb.it, Adnkronos/Ign]

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11 maggio 2012
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