Continuano ad essere svelati gli imbrogli dietro il crack della Parmalat
Ora si indaga sugli illecita ai partiti, mentre i legali di Tanzi cercano di incastrare le banche coinvolte nel crack
Pur se non più sulle prime pagine dei giornali il caso Parmalat continua ad avere sviluppi e l'evolversi dei fatti scopre via via carte più o meno prevedibili.
All'inizio del mese appena trascorso, per esempio, chi sta indagando sul grande crack di una delle aziende più note d'Italia, in particolare il capo della Procura emiliana, Vito Zincani, ha deciso di far luce su quali fossero gli effettivi rapporti fra l'ex patron di Parmalat, Calisto Tanzi, e i partiti politici della Seconda Repubblica.
Sono stati presi in esame, infatti, un gruppo di verbali in cui il Tanzi raccontava con profusione di dettagli dei denari distribuiti a partiti politici, grandi e piccoli, di maggioranza e opposizione. Queste dichiarazioni raccolte dalla Procura di Milano, erano state trasmesse per competenza alla Procura di Parma. A Parma però sembrava che avessero ben altro daffare - impegnati com'erano a ricostruire la bancarotta più gigantesca della storia industriale italiana moderna - che scavare su un reato tutto sommato modesto come il finanziamento illecito dei partiti.
Fino a che, appunto, il capo della Procura emiliana Zincani non ha deciso di vederci chiaro. Zincani ha così aperto, nell'alveo della megaindagine su Parmalat, un fascicolo autonomo dove si contesta il reato di violazione alla legge sul finanziamento dei partiti. La prima volta, dai tempi di Mani Pulite, che questo reato torna ad essere ufficialmente contestato.
Per il momento, ad essere stati iscritti nel registro degli indagati sono stati lo stesso Tanzi e i suoi collaboratori che si occupavano (a detta del Tanzi) di tenere materialmente i rapporti con i politici e di consegnare i soldi. Per il momento, nessun nome di politico è stato iscritto nel registro degli indagati, ma gli episodi sotto tiro sono tanti, e dettagliati, e i loro protagonisti sono destinati a venire interrogati uno per uno da Zincani.
Dal fitto riserbo che circonda questa fase dell'indagine, trapela un solo nome: è quello Gianni Alemanno, di Alleanza Nazionale, ministro in carica dell'Agricoltura, che secondo Tanzi avrebbe ricevuto dei finanziamenti nel periodo in cui doveva decidere se dare via libera a Frescoblù, il nuovo prodotto di Parmalat contestato dalla concorrenza.
Insieme a Tanzi, nel registro degli indagati figurano alcuni dei suoi più stretti collaboratori, ad oggi quelli che lo stesso Cavaliere indica come "ufficiali pagatori": Piero Mistrangelo, incaricato secondo Tanzi dei pagamenti alla Lega Nord; Piergiovanni Tanzi, che curava i "rapporti" con Bruno Tabacci, Renzo Lusetti e Romano Prodi; Paolo De Castro, che era il contatto con Alemanno; Romano Bernardoni, che - dopo la morte del manager Sergio Piccini - era divenuto il coordinatore complessivo degli altri finanziamenti ai politici: nell'elenco dei destinatari, Tanzi indica tra gli altri Mario Segni, Massimo D'Alema, Ciriaco De Mita, Giuseppe Gargani, Rocco Buttiglione, Gianfranco Fini, Pierferdinando Casini e Enrico La Loggia.
La Procura di Parma ha lavorato su questo elenco di finanziamenti. Di alcuni ha deciso di non occuparsi perché sicuramente coperti dalla prescrizione. Degli altri, avvenuti secondo Tanzi in epoca recente, l'obiettivo è ora capire se i destinatari possano avere percepito quelle dazioni di denaro come legittime. Se, per esempio, Tanzi avesse garantito ai politici che il denaro veniva dai suoi beni personali e non dai fondi aziendali, non ci sarebbe stato obbligo di registrazione.
L'interrogatorio, che farà ritornare sulle prime pagine il caso Parmalat, non si è ancora tenuto, ma voci indiscrete hanno detto che quando gli uomini della Procura, che si è messa a rileggere i bilanci di Parmalat cercando di quantificare la somma totale andata verso i politici (voce che, secondo Tanzi, veniva indicata nel gergo aziendale come "valori bollati"), ha letto la cifra totale, sono rimasti di sasso, e si sono convinti una volta di più che non si poteva fare finta di niente.
Bisogna comunque dire che qualcosa si è mosso anche dalla parte del torto, infatti, i legali dell'ex patron hanno lanciato un vero e proprio atto di accusa nei confronti degli istituti di credito coinvolti nel crack. L'avvocato Gian Piero Biancolella, uno dei legali di Calisto Tanzi, ha prospettato "un'influenza di terzi nella gestione finanziaria di Parmalat". Una prospettiva che "é ora al vaglio della magistratura", ha detto Biancolella che ha precisato: "Siamo arrivati a una svolta decisiva nelle indagini, sia a Milano che a Parma".
Secondo il legale dell'ex patron di Collecchio "bisogna valutare se le somme raccolte presso gli investitori non siano state versate direttamente a Parmalat, ma su un conto corrente reso indisponibile, perché a garanzia di quei finanziamenti erogati alla stessa Parmalat. E stiamo parlando - ha sottolineato Biancolella - di somme non indifferenti". In sostanza, ha spiegato ancora in legale, "il rischio default non era più in capo agli istituti di credito, ma agli investitori istituzionali".
Intanto Bank of America si costituirà parte civile nei confronti degli ex manager del gruppo di Collecchio e dei revisori di Grant Thornton e Deloitte Touche. La notizia è stata resa nota, nelle scorse settimane, dallo stesso istituto di credito statunitense, spiegando che "la costituzione di parte civile è finalizzata a conseguire il risarcimento del danno subito dalla banca a causa dei comportamenti fraudolenti commessi nei confronti di quest'ultima".