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Continuano le polemiche sulla pillola Ru486

Il cardinale Bagnasco: ''Il sì alla Ru486 è una crepa nella nostra civiltà. Cresca l'obiezione di coscienza''

03 agosto 2009

A tre giorni dalla decisione dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) di autorizzare in Italia la commercializzazione della pillola abortiva Ru486 (LEGGI), continuano le polemiche sul farmaco e sull'ipotesi di ricovero per le donne in trattamento con la Ru486. Il sottosegretario al Welfare Eugenia Roccella ha spiegato che "nessuno vuole trattenere le donne con la forza, ma certamente si pone un problema di sicurezza per la loro salute se tornano a casa, e si pone anche un problema di rispetto della legge 194 sull'interruzione volontaria di gravidanza". "Non si è mai parlato di ricoveri coatti ed è evidente - ha precisato il sottosegretario - che la donna che vuole firmare le dimissioni può farlo e andare via dall'ospedale, ma la questione è proprio questa: si pone così un problema di responsabilità, poiché due pareri del Consiglio superiore di sanità affermano che l'aborto farmacologico non è sicuro allo stesso modo di quello chirurgico se avviene fuori dall'ospedale". Ciò vuol dire che "sia le dimissioni firmate dalla donna, che nessuno può impedire, sia il day hospital pongono problemi di sicurezza per la salute, poiché la domiciliarità rende il metodo meno sicuro e non si può non tenerne conto".

E contro l'utilizzo in Italia della Ru486 è nuovamente sceso in campo la Chiesa, che con un'intervista sull'Avvenire al cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, ha invitato i medici a far crescere l'obiezione di coscienza. "E' auspicabile che l'obiezione di coscienza nata da profondi convincimenti cresca ancora, sia come dato in sé, sia come testimonianza per l'opinione pubblica sulla persistenza di una consapevolezza profonda". Questo l'appello lanciato ai medici da Bagnasco. Il cardinale ha voluto poi sottolineare che il dato dell'obiezione di coscienza al 70 per cento, contenuto nell'ultima relazione annuale al Parlamento sulla attuazione della legge 194 per l'Ivg, "dovrebbe far riflettere sulla sensibilità ancora fortemente radicata nel cuore degli italiani". Stando ai numeri contenuti nella relazione al Parlamento, sempre più medici in Italia scelgono l'obiezione di coscienza rispetto agli interventi di interruzione volontaria di gravidanza. I ginecologi obiettori, sono infatti passati dal 58% registrato nel 2005 al 70% del 2007. Per gli anestesisti, negli stessi tre anni, si passa dal 45,7% al 52,3%. Per il personale non medico si passa dal 38,6% al 40,9%. La relazione segnala inoltre come per alcune Regioni l'aumento sia molto rilevante: percentuali superiori all'80% si registrano tra i ginecologi nel Lazio (85,6%), in Basilicata (84,1%), in Campania (83,9%), in Sicilia (83,5%) e in Molise (82,8%).

"Ho avuto una reazione di tristezza, di amarezza e di preoccupazione (in merito all'ammissione da parte dell'Aifa anche in Italia della pillola abortiva, ndr) - ha proseguito il cardinale - perché penso che questa decisione rappresenti una discesa della civiltà del nostro Paese, nel senso che laddove la vita umana nella sua integra dignità non è riconosciuta, ma è offesa e ferita ulteriormente, certamente non si può dire che la civiltà cresca ma semmai diminuisce". La vicenda di Eluana prima e ora quella della Ru486 "ci fanno vedere - ha sottolineato il cardinale - un indirizzo prevalente se non assoluto verso la libertà dell'individuo, una libertà che sembra essere assoluta. Mentre le libertà devono dialogare, devono contemperarsi". "La questione è riconoscere dei valori oggettivi e dei diritti a cui corrispondono dei doveri oggettivi, laddove il volere, il 'sentirsi' o il 'non sentirsi' è del tutto secondario. Il 'se uno vuole lo fa' - ha concluso Bagnasco - è solo apparentemente un concetto buono e rispettoso; sostanzialmente sostiene sempre il diritto del più forte".

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, Repubblica.it, Corriere.it]

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03 agosto 2009
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