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Contro il pizzo un patto per la sicurezza

Il Viminale accoglie il segnale di Confindustria e promette sostegno agli imprenditori del Sud

14 settembre 2007

La guerra al racket delle estorsioni si rafforza ancora di più, stavolta con l'intervento della politica che ha voluto appoggiare la ''rivoluzione'', ancora nominale, di Confindustria Sicilia. Se l'associazione degli industriali ha arricchito il proprio codice etico con un punto fermo, quello di cacciare dal proprio elenco gli imprenditori che non denunceranno il racket o si scopriranno collusi con le organizzazioni criminali, adesso è stato il governo a mettere sul tavolo un arma in più da dare a tutti gli imprenditori che vogliono portare avanti il proprio lavoro con onestà ed inquadrarsi, finalmente, all'interno di un panorama di normale vivere civile.
L'appoggio a Confindustria arriva dal Viminale con i ''patti individuali per la sicurezza'', un progetto, presentato ieri dal ministro dell'Interno Giuliano Amato nel corso della conferenza stampa, che prevede l'istituzione della figura del tutor antiracket per il Mezzogiorno. ''Non potevamo non dare seguito all'iniziativa di Confindustria'', ha detto il ministro Amato, sottolineando come la decisione dell'associazione degli industriali non poteva non essere colta dallo Stato.

Il progetto pilota prevede per ora sei ''patti anti-criminalità'' con gli imprenditori di altrettante aree critiche del Sud Italia. Le sei zone indicate sono quelle di Lamezia Terme in Calabria, di Gela, Messina e Siracusa in Sicilia, Napoli e Caserta in Campania.
Gli imprenditori che vorranno investire in queste aree, o quelli che già vi operano, stringeranno un ''patto'' con il prefetto, le associazioni territoriali di categoria e le associazioni anti-racket, per ottenere assistenza amministrativa ''affinché non si ritrovi a rivolgersi alle persone sbagliate'' e per avere una ''copertura anticrimine'', ha spiegato il ministro Amato. Ognuno dei soggetti interni al patto porterà con sé diritti e doveri reciproci.
Per favorire la riuscita del progetto, il numero uno del Viminale ha inoltre annunciato che nella Finanziaria per il 2008 sarà contenuto l'impegno di aumentare la presenza delle forze dell'ordine sul territorio, soprattutto al Sud. Non è stato spiegato però in che modo agiranno effettivamente questa sorta di task force territoriali.
''Non possiamo lasciare solo chi accetta la sfida e denuncia l'estortore'', ha detto Amato, spiegando che il Viminale punta a creare una ''rete di garanzia all'impresa affinché non si trovi in questa situazione o, se ci si trova, non venga abbandonata''.

A quanto si apprende, i fondi necessari affinché l'impresa proposta dal Viminale possa partire si attestano sul livello di finanziamenti ottenuti in sede di assestamento di bilancio 2007, vale a dire poco oltre i 25 miliardi di euro. Il personale aggiuntivo delle forze dell'ordine per contribuire al contrasto della criminalità sarà reperito ''da una parte ricollocando sul territorio molto che assolvono altre funzioni e saranno sostituiti da personale civile, anche di altre amministrazioni''. Si interverrà poi utilizzando il personale in esubero delle forze armate e quindi ''riaprendo il turn over anche per far funzionare la legge sull'esercito professionale, che senza l'assorbimento nei carabinieri, nella polizia e nella guardi di finanza, non dà a questi giovani gli sbocchi a cui per legge hanno diritto''.
Il ministro Amato ha infine assicurato che se la sperimentazione dei ''patti individuali per la sicurezza'' sarà positiva nelle sei località previste, l'iniziativa verrà prontamente estesa a tutta la penisola. Il progetto, continua Amato, fa riferimento alla federazione antiracket e vedrà nel presidente, Tano Grasso, il coordinatore, che tiene a precisare come ''in tema di mafia, la sicurezza dell'impresa dipenda tanto dallo Stato tanto dal singolo imprenditore, chiamato a un importante atto di esposizione''. Per Amato, infine, sarebbe opportuno estendere il patto anche ad altri operatori economici, come, per esempio, i commercianti, fra i più colpiti dal racket.

L'annuncio di Giuliano Amato è stato accolto positivamente dal presidente di Confindustria Luca Cordero di Montezemolo. ''Abbiamo bisogno di più Stato, che garantisca maggior sicurezza con mezzi, investimenti, con capacità'', ha detto Montezemolo, e ha sottolineato, poi, come il progetto che parte dalla Sicilia ''non rappresenti assolutamente per Confindustria un'iniziativa di marketing''. Per il presidente Confindustria, infatti, la partecipazione dell'associazione degli industriali al progetto, oltre a rappresentare un forte segnale di senso civico e di assunzioni di responsabilità per il bene comune, rappresenta un vero e proprio cambiamento culturale, che rafforza ''il messaggio che non è più inevitabile, ineludibile per l'imprenditore pagare il pizzo''.

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14 settembre 2007
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