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Cosa deve dire il giornalismo?

Il diritto-dovere di cronaca, la faziosità, la difesa della privacy, le interpretazioni...

15 maggio 2008

L'AGCOM, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, "ha deciso a maggioranza, di aprire un'istruttoria nei confronti della Rai per le trasmissioni 'AnnoZero' del primo maggio e 'Che tempo che fa' del 10 maggio, contestando alla Concessionaria pubblica la presunta violazione dell'articolo 4 (diritti fondamentali della persona) e dell'articolo 48 (compiti del servizio pubblico) del Testo unico della radiotelevisione".
Nella puntata del primo maggio di AnnoZero, Michele Santoro mandò in onda un ampio servizio sul V2-Day e l'affondo di Beppe Grillo contro il capo dello Stato Giorgio Napolitano e l'oncologo Umberto Veronesi. La scelta di Santoro e della redazione del programma è stata subito criticata, e sia dal Pdl che dal Pd sono arrivati rimproveri riguardanti l'inopportuno utilizzo di una rete pubblica per "offendere e dileggiare" il capo dello Stato.
Il 10 maggio scorso Marco Travaglio, ospite di Fabio Fazio a Che tempo che fa, citando un brano di un  libro di Peter Gomez e Lirio Abbate aveva detto che il presidente del Senato, Renato Schifani, avrebbe avuto rapporti con persone condannate per mafia. Il centrodestra aveva gridato allo scandalo e anche alcuni esponenti del Pd avevano giudicato criticabili le sue affermazioni.

Dopo tanto discutere su quanto è giusto dire nelle reti della Televisione di Stato, su quanto sono faziosi Santoro, Travaglio e Beppe Grillo, su quanto sono servi alcuni giornalisti e quanto padroni i politici, l'Authority alla fine ha preso la sua decisione: chiamerà probabilmente i diretti interessati, spulcerà codici e codicilli e poi o chiuderà le trasmissioni, oppure ne farà saltare qualche puntata, multerà la rete e rimprovererà i conduttori, i giornalisti, gli autori... Un altro "editto bulgaro"? Difficile. Troppa speculazione sopra la cacciata di Biagi, Santoro e Luttazzi, e poi sembra che nessuno dell'attuale governo voglia far diventare di nuovo, ancora e un'altra volta, Santoro e Travaglio martiri dell'informazione...
L'Authority ha assicurato che "i procedimenti così aperti si svolgeranno nel rispetto delle garanzie procedurali previsti dalla legge e dai regolamenti dell'Autorità". [Il testo dell'AGCOM]

Intanto il Consiglio di Amminitrsazione della Rai ha già inviato a Marco Travaglio un richiamo a un "rigoroso rispetto" delle regole "secondo i termini contrattualmente previsti". Il Cda ha anche annunciato che "eventuali danni alla Rai" provocati da quelle affermazioni "saranno oggetto di rivalsa economica da parte dell'Azienda": "Il Consiglio di Amministrazione della Rai - si legge infatti in una nota di Viale Mazzini - ha ascoltato le comunicazioni del Presidente e una relazione del Direttore Generale sulle dichiarazioni di Marco Travaglio nel corso della trasmissione 'Che tempo che fa' prendendo atto delle iniziative della Direzione Generale che: ha provveduto a segnalare le dichiarazione di Travaglio successive alla sua presenza a 'Che tempo che fa' alle strutture aziendali preposte al rispetto del Codice Etico affinché le valutino secondo le loro competenze; ha annunciato che eventuali danni alla Rai per le dichiarazioni del giornalista a 'Che tempo che fa' saranno oggetto di rivalsa economica da parte dell'Azienda; ha sottolineato che Travaglio, come collaboratore fisso del programma AnnoZero è tenuto ad un rigoroso rispetto del Codice Etico e della Carta dei doveri e degli obblighi degli operatori del servizio pubblico radiotelevisivo, e che, in caso di violazioni, saranno applicate le misure contrattualmente previste", ha concluso la Rai.

Dal canto suo Travaglio ha detto, ripetuto e ribadito che lui nella trasmissione di Fabio Fazio non ha fatto altro che riportare dei fatti acclarati, che nessuno ha smentito perché impossibilitato a farlo.
Sull'opportunità o meno che Travaglio parli in televisione si è poi continuato a dibattere lungamente, noiosamente ed oziosamente. Interessante è risultato il botta e risposta tra il giornalista Giuseppe D'Avanzo e Travaglio intercorso in questi giorni sulle pagine di la Repubblica ["La lezione del caso Schifani" di G. D'Avanzo - "Su Schifani ho raccontato solo fatti" di M. Travaglio - "Non sempre i fatti sono la realtà" di G. D'Avanzo - "Il giornalismo e il caso Schifani" di M. Travaglio], nonché l'articolo di Dino Martirano pubblicato stamane sul Corriere e che di seguito riportiamo...

Travaglio, la «talpa» dei boss e il giallo della vacanza siciliana
di Dino Martirano (Corriere.it, 15 maggio 2008)

La botta è di quelle che fanno rumore. Marco Travaglio, il giornalista paladino del giustizialismo che si è fatto tanti ammiratori e diversi nemici con le sue denunce, ora subisce l'«effetto letale del metodo Travaglio». E proprio lui, Marco Travaglio - che giovedì scorso, ad «Annozero», ha ricostruito i rapporti avuti nel '79 dal presidente del Senato Renato Schifani con Nino Mandalà, allora solo futuro boss di Villabate poi accusato di mafia nel 1998 - adesso è costretto a difendersi pubblicamente per un episodio circoscritto alla sua vita privata. Lo deve fare per forza dopo l'affondo di un altro giornalista della giudiziaria di razza, Giuseppe D'Avanzo di «Repubblica», che lo tira in ballo e lo strapazza per le sue vecchie e non dimenticate frequentazioni con personaggi poi condannati al processo per le «talpe» alla procura di Palermo.
Correva l'anno 2002. Era l'estate in cui il giornalista Travaglio con la sua famiglia, moglie e due figli, inizia ad andare in villeggiatura a Trabìa in compagnia di un noto sottufficiale della Guardia di Finanza: si tratta di quel maresciallo in forza alla Dia, Giuseppe Ciuro, sempre elegante e disponibile con tutti i giornalisti di giudiziaria di passaggio a Palermo, che poi verrà condannato anche in appello a quattro anni e sei mesi per violazione del sistema informatico della procura di Palermo e favoreggiamento dell'ingegner Michele Aiello.
Sì, l'ingegner Aiello, il «re delle cliniche» che a gennaio del 2008 è stato condannato in primo grado a 14 anni per associazione di stampo mafioso e truffa nel dibattimento sulle «talpe» che ha coinvolto con una pesante sentenza (5 anni per favoreggiamento di singoli mafiosi) anche l'ex governatore dell'Udc Totò Cuffaro.

Per Travaglio il colpo è duro anche perché si tratta, ma solo in apparenza, di «fuoco amico». Sull'onda delle polemiche innescate dalla vicenda Schifani, si muove infatti D'Avanzo, autore di tante inchieste sulla mafia e molto stimato negli ambienti giudiziari di mezza Italia, che senza troppi complimenti fa a pezzi il metodo Travaglio: quello, scrive, che «solo abusivamente si definisce giornalismo di informazione». Ma la botta vera arriva ieri quando D'Avanzo, per dimostrare come «il metodo Travaglio» possa coinvolgere tutti noi, tira fuori un verbalino rimasto in naftalina dal 2003: l'estate in cui gli investigatori di Palermo mettono sotto intercettazione il telefonino del maresciallo Ciuro mentre dialoga amichevolmente col giornalista durante la comune villeggiatura a Trabìa. Ciuro poi, ma la ricostruzione di D'Avanzo è controversa, avrebbe chiesto all'ingegnere Aiello di saldare il conto dell'albergo. Racconta Travaglio, che ieri non è stato affatto contento di leggere sul giornale per il quale collabora un attacco così duro e che nega di essersi fatto pagare alcunché: «Quella fu una esperienza davvero fantozziana. A una cena, dopo un convegno, chiesi a Pippo Ciuro, un vero personaggio perché aveva collaborato anche con Giovanni Falcone, di indicarmi un posto per le vacanze in Sicilia. Lui mi disse che c'era un posto vicino a quello in cui di solito andavano lui e il pm Antonino Ingroia, di cui era collaboratore. Così, per mail, mi mandò un depliant di un albergo, se non ricordo male si chiama Torre del Barone, che però era veramente troppo lussuoso per me. Ma lui, davanti alle mie obiezioni, mi disse di non preoccuparmi perché le tariffe non sarebbero state poi così care. Mi fidai. Quando poi sono andato a pagare, alla reception la signorina mi ha presentato un conto pazzesco, il doppio del previsto. Sei o sette anni fa, devo aver pagato l'equivalente di otto, dieci milioni...Telefonai a Ciuro e gli dissi: "E meno male che me lo hai segnalato tu 'sto posto!". E lui: "Paga, paga. Che poi magari ti fanno lo sconto un'altra volta". Insomma, io mi sono pagato tutto di tasca mia e di questo Aiello non ho mai sentito parlare, almeno fino al giorno del suo arresto... Io comunque in quel posto non ci sono mai più tornato visto che la sòla l'avevo già presa».

L'anno successivo, mese di agosto del 2003, Travaglio torna in vacanza in Sicilia: «Andai con la famiglia per dieci giorni al residence Golden Hill di Trabìa dove di solito alloggiavano Ciuro e Ingroia e ci fu quella buffa storia dei cuscini poi finita nei brogliacci delle intercettazioni. Io chiamai Ciuro e gli dissi: "Qui manca tutto. I cuscini, la macchinetta del caffé perché i precedenti affittuari si erano portati via tutto. Poi gli ospiti del residence mi aiutarono: chi con un cuscino, chi con la Moka...». E l'affondo di D'Avanzo? «Ecco, se non fosse per la mascalzonata che ha fatto adesso questo signore contro di me ci sarebbe solo da ridere». Ma al Golden Hill chi pagò il conto? Risponde Travaglio: «Io ho pagato la prima volta il doppio di quanto stabilito e per il residence ho saldato il conto con la proprietaria. Tutto di tasca mia, fino all'ultima lira e forse se cerco bene trovo pure le ricevute. Ma poi vai a sapere cosa cavolo diceva questo Ciuro al telefono. Magari millantava come fece con Aiello quando gli raccontò che lui e Ingroia avevano ascoltato a Roma un pentito il quale, in realtà, non si era mai presentato».

Anche se dopo il suo arresto non ha più visto il giornalista Travaglio, l'ex maresciallo Ciuro ricorda bene quella vacanza al «Golden Hill» con Travaglio e il dottor Ingroia durante la quale «si stava insieme, si giocava a tennis e si facevano lunghe chiacchiere a bordo piscina ma poi ognuno faceva la sua vita anche perché c'erano i figli piccoli». E il conto? «Di questa vicenda io non ne so niente, lui ebbe i contatti con la signora del residence. Per il pagamento se l'è vista lui, io non me ne occupai». Più di un dubbio, invece, ce l'ha l'avvocato Sergio Monaco, difensore di Aiello: «Premesso che non sono io la fonte di D'Avanzo, che non conosco, posso solo dire che l'ingegner Aiello conferma che a suo tempo fece la cortesia a Ciuro di pagare un soggiorno per un giornalista in un albergo di Altavilla Milicia. In un secondo momento, l'ingegnere ha poi saputo che si trattava di Travaglio».
Qui finisce la storia di una vacanza di tanti anni fa, uno di quegli episodi che possono capitare a chiunque ceda alla tentazione di mischiare villeggiatura, amicizie di lavoro e qualche equivoco di troppo. Ricorrendo alla saggezza di Pietro Nenni, istillata ai giovani socialisti a un congresso del Psi, si potrebbe parafrasare: «A fare a gara a fare i puri, troverai sempre uno più puro che ti epura».

 

 

 

 

 

 

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15 maggio 2008
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