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Cosa è successo e chi sono i responsabili di quanto accaduto venerdì scorso durante il derby Catania-Palermo?

06 febbraio 2007

AGGIORNAMENTO
Sfuma l'ipotesi di un testimone nelle indagini sulla morte di Filippo Raciti. La polizia postale ha infatti accertato che non ci sono collegamenti diretti tra la morte del poliziotto e alcuni messaggi apparsi su un blog. Nello specifico, i post che parlavano di alcuni testimoni presenti all'aggressione non sarebbero partiti dalla Sicilia e non risulterebbero attendibili. I tre messaggi ''monitorati'', due dei quali parlavano di testimoni presenti all'aggressione, infatti, non sono partiti dalla Sicilia. Le indagini della polizia postale di Catania, secondo quanto si è appreso, avrebbero accertato che non ci sono collegamenti diretti tra la morte dell'ispettore Raciti e quanto scoperto sul Web. L' attenzione degli investigatori era concentrata in particolare su due messaggi: ''Ho visto il povero signore morire in guerra'' e ancora ''Ero allo stadio, ho visto quello che ha colpito il poliziotto con la mazza''. Secondo gli investigatori, vista la loro provenienza, sarebbero opera di mitomani. Indagini sono ancora in corso per individuare gli autori. In ambiente investigativi, infine, è stata seccamente smentita la voce della presenza su Internet di un filmato che riprenderebbe alcuni ultras colpire l'ispettore.

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Fino ad ora sono stati arrestati in trenta, tra i quali diversi minorenni. Le indagini sugli scontri tra gli ultrà del Catania e la polizia, e dove ha tragicamente perso la vita l'ispettore capo della Squadra mobile etnea, Filippo Raciti, continua tra tante difficoltà.
Ultimi fra gli arrestati Luigi Mannino, 50 anni, custode dello stadio di Catania, sua moglie e la figlia di 20 anni.
''Andate via, pugno di bastardi, infami, guardie da mille euro al mese, hanno fatto bene a buttarvi le bombe, vi devono uccidere tutti''. Questa l'accoglienza che Mannino ha riservato agli agenti di polizia che l'altro ieri sera si sono presentati nella sua abitazione per perquisirla. Un'accoglienza spiegata da quanto trovato dagli agenti: mazze da hockey segate, sbarre di legno e d'acciaio, biglie di metallo, striscioni con slogan contro le forze dell'ordine e le squadre ''nemiche'', il Palermo prima di tutti ma anche la Roma e il Livorno.
Alla scoperta del materiale da ultrà è seguito l'arresto: di Mannino, della moglie Grazia Falsaperla, 45 anni, e della figlia Angela, 20 anni, tutti di Catania e incensurati, ora accusati di violenza, minaccia e resistenza a pubblico ufficiale.

Secondo la ricostruzione della squadra mobile, domenica sera gli agenti si erano recati allo stadio Massimino per perquisire l'abitazione di Gaetano Graziano Mannino, figlio di Luigi. Il ragazzo, 22 anni, ultrà, era stato sottoposto per tre anni, dal 19 febbraio del 2003 al 19 febbraio del 2006, al divieto di accesso ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive, poiché già una volta aveva aggredito le forze dell'ordine con lancio di pietre e di altri oggetti contundenti. E invece nello stadio ci viveva, e con il padre aveva adibito parte dell'abitazione a ''centro di rifornimento'' per gli altri ultrà, che così potevano armarsi solo dopo aver superato ogni eventuale controllo. Gaetano Mannino, però, non era in casa: da venerdì, il giorno nero di Catania, non si sa che fine abbia fatto, ed è ricercato dalla polizia.
I Mannino, definiti dalla polizia ''scarsamente collaborativi'', hanno impiegato trenta minuti per aprire il cancello con l'obiettivo, secondo la polizia, di nascondere qualcosa. Ieri mattina, il secondo tentativo: gli uomini della squadra mobile con quelli della Digos sono tornati allo stadio per perquisire un'area alla quale non avevano potuto accedere per la presenza di due grossi cani aggressivi.
Dopo aver suonato ripetutamente al citofono, e atteso parecchi minuti, Luigi Mannino (sul braccio destro un vistoso tatuaggio, ''marchio'' degli ultrà della curva Nord) si è prima rifiutato di aprire, poi, insieme la moglie e alla figlia, si è scagliato contro i poliziotti.

E sembra abbiano avuto una le indagini sull'assassinio di Filippo Raciti. Gli investigatori hanno infatti rintracciato su un blog degli ultras della squadra etnea un messaggio che parla dell'aggressione: ''Ho visto mentre colpivano l'ispettore, ero lì, con loro. Ho partecipato all'azione. So chi è stato''.
Gli investigatori, secondo quanto riporta il quotidiano ''il Giornale'' (leggi) stanno verificando le tracce informatiche lasciate dai bloggisti. Grazie alla collaborazione del provider si cerca di risalire agli autori individuando il codice numerico che identifica inequivocabilmente ogni computer e ogni navigatori di internet. La descrizione dell'azione da guerriglia, fatta sul blog, sembrerebbe corrispondere all'agguato teso a Raciti.

- ''Che vergogna, mio figlio era tra delinquenti'' (Repubblica.it)

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06 febbraio 2007
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