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Cosa nostra, De Mauro e il golpe Borghese

Le rivelazioni di Rosario Naimo, un nuovo pentito, ex mafioso della 'famiglia' di Tommaso Natale

15 gennaio 2011

C'è un nuovo pentito di mafia. Si chiama Rosario Naimo, ha 65 anni ed un ex mafioso della famiglia di Tommaso Natale. Dal 28 ottobre scorso, cioè un giorno dopo il suo arresto, ha cominciato a collaborare con la giustizia. Naimo è stato arrestato per caso, dopo una latitanza durata 10 anni, dalla Guardia di finanza, a Palermo, il 27 ottobre: passeggiava in strada quando si sentì male - è affetto da una grave patologia ad un occhio - e venne soccorso da una pattuglia delle Fiamme Gialle. I militari, insospettiti dalla strana reazione di Naimo, effettuarono dei controlli scoprendone l'identità. Nel suo covo furono trovati oltre 200 mila euro (LEGGI). Il pentito, che deve scontare una condanna a 26 anni per traffico internazionale di droga, ed è ricercato anche dagli Usa, sempre per narcotraffico, è stato un personaggio di rilievo nell'organizzazione.

Il pentito sta collaborando con la giustizia nel processo per l'omicidio del cronista del quotidiano palermitano 'L'Ora' Mauro De Mauro. Il giornalista venne rapito il 16 settembre del '70 e il suo corpo non è mai stato ritrovato. Del delitto è imputato il boss Totò Riina.
Al pubblico ministero Sergio De Montis, Naimo ha raccontato le confidenze ricevute nel 1972 dal mafioso Emanuele D'Agostino, braccio destro del boss di Santa Maria di Gesù Stefano Bontade.
Appena ritornato dagli Stati Uniti Naimo incontrò D'Agostino che gli rivelò di avere preso parte al sequestro di De Mauro insieme ad un'altra persona di cui non sapeva il nome. I due avrebbero avvicinato il cronista fingendo di averlo scambiato per un'altra persona, poi l'avrebbero portato in un terreno - Fondo Patti - dei boss Madonia di S. Lorenzo. Sempre secondo Naimo, che riferisce le parole di D'Agostino, ad attendere De Mauro c'erano diversi mafiosi tra i quali Riina e Ciccio Madonia.
Il giornalista sarebbe stato strangolato e il suo corpo sarebbe stato lasciato nel fondo per un po' di tempo e poi spostato e fatto sparire. Naimo non seppe da D'Agostino, poi morto assassinato, il movente del delitto.
Le parole di D'Agostino, riferite da Naimo, confermerebbero la tesi della procura che individua nella mafia e in particolare in Riina l'esecutore materiale del delitto che sarebbe stato, però, voluto da altri. Sui mandanti e il movente, di cui Naimo non parla, i collaboratori, nel tempo, hanno dato diverse versioni.
Francesco Di Carlo, ad esempio, che pure parla del ruolo di D'Agostino nel delitto, dice che De Mauro venne ucciso perchè aveva scoperto il golpe borghese e l'alleanza stretta tra la mafia e il principe della Decima Mas. Altri collaboratori, invece, ricollegano l'omicidio alle verità scomode che De Mauro avrebbe scoperto indagando, per conto del regista Rosi, sul caso Mattei.
Naimo, nei suoi interrogatori, conferma l'interesse di Cosa nostra nel golpe Borghese. "Conobbi Riina nel 1972 a Catania - ha raccontato ai magistrati il 7 gennaio - a casa di uno dei fratelli Calderone (boss catanesi n.d.r.). Nell'occasione erano presenti anche Giuseppe Giacomo Gambino, Domenico Coppola e Gino Martello". "In quella occasione - ha proseguito - gli altri discutevano del colpo di stato del generale Borghese, del fatto che Cosa nostra era coinvolta nel progetto e che era previsto un segno di riconoscimento consistente in una fascetta che gli uomini d'onore dovevano apporre al braccio".

Intanto i periti della Scientifica chiamati a pronunciarsi sulla datazione e sulla paternità delle carte consegnate ai giudici da Massimo Ciancimino lo scorso ottobre, e che sarebbero state scritte dal padre Vito, hanno accertato sostanzialmente l'autenticità dei documenti.
Nelle carte l'ex sindaco di Palermo scriveva sostanzialmente che il procuratore di Palermo Pietro Scaglione fu ucciso perchè indagava sul delitto De Mauro e che sia il magistrato che il giornalista sarebbero stati eliminati "dai paesani": espressione che, secondo gli inquirenti indicava i corleonesi di Totò Riina. Ciancimino, infatti, era originario di Corleone (LEGGI).
I due periti della scientifica di Roma hanno sostenuto che la carta utilizzata per i post it e per i fogli scritti al computer è databile tra l'83 e il 90. Quanto agli appunti scritti a mano sui giornali gli esperti non hanno dubbi sulla riconducibilità a Ciancimino, mentre i caratteri presenti sui post it non sono sufficienti per una attribuzione certa.
Al termine dell'udienza che si è tenuta ieri, venerdì 14 gennaio 2011, il pm Sergio De Montis, oltre a chiedere l'esame del nuovo pentito Rosario Naimo, ha chiesto la produzione di una sentenza definitiva a carico di Riina di alcuni documenti della Commissione nazionale antimafia. La corte deciderà alla prossima udienza del 21 gennaio.

[Informazioni tratte da Ansa, Adnkronos/Ing, Lasiciliaweb.it, Corriere del Mezzogiorno.it]

- 40 anni dopo un pentito svela il giallo: "Il corpo di De Mauro fu gettato in un pozzo, a fondo Patti" di S. Palazzolo

 

 

 

 

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15 gennaio 2011
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