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Cosa nostra ha innalzato il livello di sfida

Nella relazione al Parlamento la Dia sottolinea come la mafia stia abbandonando la strategia degli ultimi anni

05 agosto 2014

La strategia silente che ha caratterizzato gli ultimi anni di Cosa nostra sembra finita. Secondo la relazione al Parlamento della Direzione investigativa antimafia bisogna dunque prepararsi a contrastare "possibili derive di scontro".
La Dia sottolinea la necessità di un esteso impiego di indagini patrimoniali per scardinare "il rapporto tra Cosa Nostra e pezzi significativi dell'economia locale. Tale legame alimenta il potere mafioso, contamina la dimensione socio-culturale del territorio frenandone lo sviluppo e impedendo l'evoluzione verso un moderno sistema di governance".
Dunque, il "basso profilo" adottato negli ultimi anni "per eludere l'attenzione investigativa" ha lasciato il posto ad "un innalzamento del livello della sfida" e ad "una desueta protervia, manifestata attraverso ripetuti atti intimidatori e minacce nei confronti di esponenti della magistratura siciliana e delle istituzioni locali, nonché di rappresentanti di organizzazioni pubbliche e private impegnati, a vario titolo, nella lotta antimafia".


 

Il contrasto a Cosa Nostra deve continuare, inoltre, attraverso "l'offensiva investigativo-giudiziaria nei confronti delle famiglie al fine di impedirne un riconsolidamento delle strutture su più stabili basi". "In un una situazione così delicata e in presenza di profili di rischio così elevati - scrivono gli analisti della Dia - si avverte la necessità di intensificare le attività preventive e di analisi, al fine di cogliere con la massima anticipazione possibile gli eventuali cambi di postura da parte dei sodalizi mafiosi".
La relazione disegna una organizzazione "tuttora alla ricerca di nuovi equilibri" e "protesa a recuperare il proprio predominio sul territorio" anche se "la mancanza di una leadership nella pienezza dei poteri impedisce la definizione di strategie operative di vasto respiro e fa sì che l'organizzazione sia ancora influenzata dalle direttive provenienti da capi detenuti e latitanti, ben più autorevoli degli emergenti".

Ma anche sulla Camorra non bisogna abbassare la guardia, dato che spicca sulle altre organizzazioni di criminalità organizzata per le "violente dinamiche di scontro tra clan". Nel secondo semestre 2013, si legge nella relazione, sono stati 10 gli omicidi commessi tra appartenenti a gruppi camorristi contro i 4 della criminalità organizzata pugliese, i 3 della 'Ndrangheta e i 2 della criminalità organizzata siciliana.

Per quanto riguarda la 'Ndrangheta, "È grave e persistente in Calabria il rischio di infiltrazione mafiosa negli enti locali". È in questa regione infatti che si conta il maggior numero di comuni sciolti per mafia, rileva la Dia. In particolare nella provincia di Reggio Calabria le indagini hanno dimostrato "ancora una volta, la pervasiva capacità della 'Ndrangheta di infiltrarsi nel settore degli appalti pubblici condizionandone i meccanismi di regolazione". La mafia calabrese è inoltre caratterizzata da un "persistente dinamismo, robuste potenzialità organizzative, ampie disponibilità di risorse". Pericoloso, secondo la Dia, è il tessuto di relazioni e collusioni con ambienti politici e imprenditoriali che la 'Ndrangheta è riuscita a creare con un "modus operandi che costituisce la più rilevante minaccia della matrice 'ndranghetista esportata anche in altre regioni". Infine "le vulnerabilità che, ormai da tempo, affliggono il sistema amministrativo locale calabrese, sono sintomo di una emergenza che non accenna ad essere contenuta e che richiede costante vigilanza e sinergica coralità nelle risposte istituzionali".

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05 agosto 2014
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