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Cosa succederà adesso all'interno di Cosa nostra?

Dopo l'arresto di Salvatore Lo Piccolo attenzione massima sui possibili nuovi equilibri

06 novembre 2007

Grande giornata quella di ieri per la parte buona della Sicilia. Una giornata di contentezza commossa, di quelle che sembrano avere un colore, un profumo e un suono migliore: una giornata di bella primavera. Sì perché per la parte buona della Sicilia l'arresto di Salvatore e Sandro Lo Piccolo, e degli altri due latitanti, Andrea Adamo e Gaspare Pulizzi, tra l'altro in un periodo così particolare dove sembra sia diventato ovvio che gli imprenditori denuncino i propri estortori, è miracoloso. E' come svegliarsi da un incubo e dire: ''Ecco, stavo dormendo... Non poteva essere vera una realtà così terribile...''.
Ma non bisogna cullarsi troppo. Non bisogna dormire sugli allori. La polizia, i carabinieri, la magistratura lo sanno e dopo aver levato i pugni in aria in segno di vittoria, continuano a lavorare, perché anche stavolta la mafia, comunque, non è stata sconfitta.

I Lo Piccolo hanno lasciato Palermo ieri e sono stati trasferiti  in due diversi carceri, lontani dalla Sicilia, dove verranno sottoposti al 41 bis. Hanno lasciato Palermo anche gli altri due boss arrestati, e anche loro sono stati portati in due strutture carcerarie italiane.
Ricercato da da 25 anni, ieri sera, dunque, per Totuccio Lo Piccolo, il ''Barone'', erede naturale di Bernardo Provenzano e intimo dei ''cugini americani'', è stata la prima notte trascorsa in cella.
Per gli inquirenti, invece, è stata un'intensa notte di analisi, studio e catalogazione dei ''pizzini'' e dei documenti trovati ieri nella villetta di Giardinello, vicino Carini (PA). Gli agenti della Squadra mobile hanno proseguito per tutta la notte l'analisi dei foglietti di carta e degli appunti trovati in possesso dei latitanti, tutti ritenuti importanti e che sono adesso al vaglio dei magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Palermo. La documentazione potrebbe essere molto utile per ricostruire l'organizzazione della mafia messa in piedi da Lo Piccolo e individuare eventuali altri mafiosi che erano agli ordini del boss arrestato ieri.
Infatti, una delle ipotesi più probabili è quella che vede Lo Piccolo al vertice di Cosa nostra dopo l'arresto del 'capo dei capi', Bernardo Provenzano, l'11 aprile dello scorso anno, con in mano le redini dell'organizzazione mafiosa e della conseguente gestione degli interessi illeciti.

La polizia palermitana braccava da vicino Salvatore e Sandro Lo Piccolo da un paio di anni e da due mesi aveva focalizzato la propria attenzione proprio su quella villetta che, probabilmente, gli era stata indicata da Francesco Franzese, mafioso del quartiere palermitano di Partanna-Mondello che gestiva per conto di Lo Piccolo il racket delle estorsioni a Palermo e che era finito in manette ad agosto (leggi).
Franzese, 43 anni, conosciuto come ''Franco di Partanna'' nell'ambiente criminale ma non molto noto alla cronaca, è per ora ''dichiarante'' e forse presto si deciderà a collaboratore con la giustizia a tutti gli effetti. Eventualità che fa tremare i boss, considerando che le sue prima ammissioni hanno contribuito all'arresto del gotha di Cosa nostra palermitana.
Lo spessore criminale di Franzese è stato evidenziato subito dagli investigatori della squadra mobile che dopo l'arresto, nell'agosto scorso, trovarono nella villetta (ufficialmente di due coniugi, arrestati per favoreggiamento) bigliettini di Salvatore Lo Piccolo, appunti sulle estorsioni, contabilità interna delle cosche, dal quale emergevano gli stipendi dei boss e degli uomini d'onore, e altri documenti importanti per le indagini. Condannato per mafia e poi latitante dopo una nuova condanna per mafia e omicidio inflittagli dalla corte d'assise di Messina, Franzese per un periodo aveva lavorato in un'impresa edile a Palermo come capocantiere e addetto alla sicurezza sul lavoro.

Cosa succederà adesso all'interno di Cosa nostra? - Aspettando che quanto scritto nei pizzini di Lo Piccolo venga decifrato e che Franzese decida di collaborare attivamente con la giustizia, è obbligatorio chiedersi cosa succederà adesso negli equilibri interni di Cosa Nostra, già da un po' di tempo indeboliti e parecchio precari.
Dopo quest'ultima cattura eccellente, che vede messo fuori gioco il naturale ''erede'' al trono di Provenzano, alcuni scenari possibili sono stati già ipotizzati negli ambienti investigativi e giudiziari.  La reggenza di Lo Piccolo è stata da sempre condivisa, infatti, con l'altro superlatitante trapanese, Matteo Messina Denaro, sul quale ora sono puntati gli occhi di tutti.
Questa sorta di diarchia avrebbe assicurato, anche in seguito all'arresto del capo di Cosa Nostra, la strategia della 'sommersione', l'abbandono cioè della stagione stragista, voluta da Riina, che aveva scatenato una durissima repressione da parte dello Stato, e il recupero di un ruolo di cerniera con la politica e l'economia legale, propugnato invece da Provenzano. Ma il vuoto di potere lasciato dal ''barone'' rischia adesso di scatenare nuove guerre tra cosche, come ammette anche il Procuratore di Palermo Francesco Messineo, che parla di ''fibrillazioni'' tra i capi emergenti.
''Con l'arresto di Salvatore e Sandro Lo Piccolo, le famiglie mafiose di Palermo sono senza un capo'' ha confermato il pm Nico Gozzo, uno dei magistrati che hanno coordinato il blitz. E osserva: ''Si apre adesso una fase pericolosissima, considerato anche che a Palermo si muovono alcuni degli 'scappati'''. Il riferimento è ai cosiddetti 'perdenti' della guerra di mafia degli anni Ottanta, rientrati in Sicilia dagli Usa proprio grazie alla 'mediazione' di Salvatore Lo Piccolo, che era riuscito a convincere Provenzano. Una decisione fortemente osteggiata da un altro boss palermitano, Nino Rotolo, che aveva affidato al suo killer di fiducia, Gianni Nicchi, 26 anni, l'incarico di uccidere il 'barone'. L'arresto di Rotolo aveva bloccato il progetto, lasciando campo libero ai Lo Piccolo, ma adesso le famiglie rivali potrebbero nuovamente rientrare in gioco (leggi).

Un ruolo determinante l'avrà di sicuro Matteo Messina Denaro, 45 anni, latitante dal 1993, adesso ultimo ''erede'' di Provenzano ancora in circolazione. Un boss di ''terza generazione'', che ha trent'anni meno del padrino corleonese e vent'anni meno di Salvatore Lo Piccolo.
Nato a Castelvetrano, in provincia di Trapani, è il rampollo di don Ciccio, capo delle famiglie trapanesi, morto nel 1998 mentre, anche lui, era latitante.
In gioventù Matteo girava in Porsche, col Rolex al polso e belle donne al seguito. Più che un boss, un esempio da seguire per le nuove generazioni di mafiosi, affascinati da questo giovane rampante dal fisico asciutto e dallo sguardo magnetico, già condannato definitivamente all'ergastolo per le bombe del '93 a Roma, Firenze e Milano.
L'ultima sua immagine, immortalata da una istantanea, mostra un giovanotto ingabbiato in occhiali trendy, giacca di buon taglio, capelli corti: una foto che rimanda più ad un manager che ad un feroce criminale e, meno che mai, alla ruvidezza contadina dei capibastone corleonesi. Eppure i pentiti lo descrivono come un assassino spietato, pronto a strangolare con le sue mani la donna di un boss rivale, Antonella Bonomo, incinta di tre mesi, dopo avere ucciso il suo compagno. Insomma un esponente dell'ala militarista, legato all'esperienza di Giovanni Brusca e di Leoluca Bagarella, che potrebbe cambiare nuovamente la strategia di Cosa Nostra, tornando a sfidare frontalmente lo Stato.
Ma lo Stato è forte e gli arresti di ieri sembrano confermarlo in pieno.

- ''Gli inseparabili di Cosa nostra...'' di S. Palazzolo
- ''Il boss che sfidò i corleonesi'' di G. Bianconi
- ''Mafia, partita ancora aperta'' di G. D'Avanzo

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06 novembre 2007
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