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Cose dette... e non dette sulla mafia

''Cosa Nostra'' nella relazione conclusiva della Commissione nazionale Antimafia

24 gennaio 2006

La ''grande azienda mafia'' ha il fulcro delle sue attività e del suo guadagno nel traffico di stupefacenti, nelle estorsioni, nell'usura e negli appalti pubblici. Questo risulta dalla mappa degli affari di Cosa Nostra, disegnata dalla Commissione nazionale Antimafia - presieduta da Roberto Centaro - e contenuta nella relazione conclusiva di fine legislatura.

Si legge nella relazione: ''Il traffico di stupefacenti costituisce una delle fonti primarie di approvvigionamento. Per quanto riguarda il mercato interno, può dirsi che l'organizzazione mafiosa sembra in questa fase preferisce il mercato delle sostanze stupefacenti leggere, anche se è stato pure registrato un sensibile aumento dell'uso della cocaina. Sembra, tuttavia, che nell'ultimo periodo Cosa Nostra abbia delegato questa attività ad organizzazioni criminose non ad esse organiche, in special modo agli stranieri''. ''In questo caso - viene aggiunto dai commissari - Cosa Nostra non rinunzia mai ad imporre il pagamento del pizzo, come del resto avviene con riferimento alle altre attività illecite di un qualche rilievo gestite dalla criminalità comune''.
Per quel che riguarda invece il traffico internazionale di stupefacenti, ''va sottolineato che Cosa Nostra si è prontamente adeguata alle nuove forme di transnazionalità dell'economia criminale, alleandosi con altre associazioni criminali italiane e straniere: sono stati, infatti, rilevati collegamenti con esponenti della 'ndrangheta, della camorra e della Sacra Corona Unita ed, inoltre, con associazioni criminali del resto d'Europa e, principalmente, dell'Albania, dei Paesi dell'Est europeo, della Turchia e dell'America Latina (Colombia e Argentina)''.
L'Antimafia prende spunto da alcune indagini recenti che hanno permesso di accertare ''la sussistenza di ben collaudati canali d'importazione di ingenti partite di eroina e cocaina e marijuana e hashish, che fanno capo a personaggi organicamente inseriti in Cosa Nostra, ovvero, più frequentemente, gestiti da soggetti ad essa contigui con capitali forniti anche dalla mafia''.

Nel capitolo riguardante il fenomeno delle estorsioni e dell'usura, nella relazione della Commissione si legge che il dato messo in evidenza durante le audizioni svolte a Palermo è che: ''a fronte di un fenomeno in grande espansione, sono state invece registrate a Palermo nell'anno 2003 solo 57 denunce per estorsione e 18 per usura''.
''È noto - scrive il presidente Centaro - che il meccanismo delle estorsioni ha sempre consentito a Cosa Nostra di realizzare non solo considerevoli profitti ma anche un sistematico controllo del territorio, sul quale esercita un potere illegale di imposizione fiscale in ragione dei corrispettivi servizi di protezione''.''Alcune recenti acquisizioni processuali - continua  la nota - hanno, in effetti, rivelato la tendenza delle famiglie di Cosa Nostra ad adottare una metodologia che può ben definirsi a tappeto, intensificando la pressione estorsiva per potere fare fronte alle esigenze degli uomini d'onore detenuti; soprattutto a quelle correlate al pagamento delle parcelle dei difensori''. Emerge, dunque, che la linea di azione dell'organizzazione mafiosa ''è attualmente quella del pagare poco, ma pagare tutti, cioè di una imposizione più generalizzata del pizzo che possa però essere meglio sopportata dalle vittime, al fine di scongiurare fenomeni di ritorsione e di denuncia''.

''È stato notato - viene precisato nella relazione - che Cosa Nostra destina quote dei suoi proventi illeciti sia alla cura dei latitanti sia all'assistenza dei detenuti; un'altra parte viene impiegata per le spese degli avvocati. Il resto viene quasi interamente investito nell'acquisto di appartamenti''. Infatti, e con questa annotazione si va verso il terzo ''settore di azione e di guadagno'', il bilancio economico della mafia in Sicilia è basato in particolare su ''investimenti nelle imprese sul territorio siciliano, che costituiscono l'oggetto privilegiato delle misure di prevenzione patrimoniali e delle confische in sede penale. Le indagini hanno accertato l'esistenza di due categorie d'imprese: quelle operanti nel settore del commercio, piccolo o grande, e a volte anche nella grande distribuzione; e quelle dei settori tradizionali, come l'edilizia e la sanità, o quelle per lo sfruttamento di inerti e delle cave di marmo e quelle del settore agricolo''.

''Le ultime indagini - viene scritto nella relazione - confermano la capacità di infiltrazione della mafia in tutti i settori della società civile. Questa situazione è favorita da un sistema diffuso di corruzione, agevolato dalla mancata attuazione delle riforme che dovrebbero consentire controlli e trasparenza nel mondo politico e nella pubblica amministrazione''.
La relazione della Commissione antimafia cita, dunque, in alcuni passaggi la vicenda giudiziaria che riguarda il presidente della Regione siciliana, Salvatore Cuffaro, sotto processo per favoreggiamento a Cosa Nostra. Mentre riserva molto spazio a quella che coinvolge il deputato regionale agrigentino Vincenzo Lo Giudice, arrestato per associazione mafiosa.
Ancora nella relazione, si riportano i rapporti tra Cuffaro e l'imprenditore della sanità bagherese Michele Aiello, e quelli ''con alcuni personaggi politici citati pure dalle cronache giudiziarie: Tubiolo, Bignardelli, Cintola, Savarino, Giammarinaro, Romano, Borzacchelli, Lo Giudice, Di Mauro, Miceli''.
''È importante notare - scrive Centaro, rifacendosi alla missione a Palermo in cui venne ascoltato il governatore - che l'onorevole Cuffaro ha fornito risposte esaurienti a tutte le domande che gli sono state poste e comunque ha tenuto a sottolineare di essere ben consapevole dei pericoli derivanti dall'influenza della mafia sugli apparati dell'amministrazione e sulla politica e che esiste la precisa volonta da parte dell'amministrazione, della politica, della classe dirigente di fare in modo che ciò non avvenga più, o almeno che tale fenomeno venga ridotto il più possibile''.

A proposito dei rapporti fra mafia e politica, Centaro nella relazione si rifà alle parole del Procuratore di Palermo Pietro Grasso che in una intervista rilasciata il 10 ottobre 2003 aveva dichiarato: ''Il sistema clientelare ha favorito la permeabilità del sistema politico a quello mafioso e, in un sistema di concorrenzialità elettorale, un partito non può fare nulla contro tutto ciò. Per questo è errato dare la colpa solo a un partito politico''. ''Questa posizione - si legge nella relazione - è stata ribadita nel corso delle audizioni dinanzi alla Commissione, nelle quali si è precisato che Cosa Nostra non sceglie pregiudizialmente di sostenere un partito anziché un altro; non ha alcuna importanza la colorazione politica del referente; ciò che conta è che egli si metta a disposizione dell'organizzazione''. Per il presidente Roberto Centaro ''il passaggio al sistema elettorale maggioritario ha indotto Cosa Nostra a scegliere il candidato che aveva le maggiori probabilità di essere eletto, indipendentemente dalla sua collocazione politica''.


La denuncia del centro-sinistra contro la relazione Commissione nazionale Antimafia
da Articolo21 Liberidi

I commissari antimafia del centrosinistra, che in maniera compatta hanno votato ieri notte (mercoledì 18gennaio, ndr) contro l'approvazione della relazione del presidente Roberto Centaro, sono scesi in campo oggi per denunciare gli 'omissis' del documento di fine legislatura (finora mai presentato ufficialmente alla stampa) sui rapporti tra mafia e politica, e mafia ed economia. Il caso di 'omissione' che più ha sollevato indignazione è quello di Marcello Dell'Utri, il senatore di Forza Italia - responsabile della campagna elettorale 'azzurra' - condannato a Palermo, in primo grado, a nove anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa.
''E' scandaloso che Centaro non dedichi nemmeno una riga per parlare della condanna a Dell'Utri - ha detto alla Camera in conferenza stampa Giuseppe Lumia, capogruppo diessino all'Antimafia - e del resto questa relazione è tutta tesa a minimizzare il sistema di collusione tra mafia e politica, riducendo tutto quel che avviene, in Sicilia e Calabria ad esempio, a fatti locali di tipo eversivo''. ''Nemmeno dopo l'omicidio Fortugno - ha aggiunto - questo governo ha voluto fare un salto di qualità e mettere la lotta alla mafia tra le priorità da affrontare: del resto, nella sua relazione sullo stato della giustizia, il ministro Castelli non ha mai citato, nemmeno per sbaglio la parola mafia''.

Rincara la dose il capogruppo della Margherita, Giannicola Sinisi, che sottolinea come la relazione ''è solo una congerie di opinioni singole e maliziose, scritte per la campagna elettorale, dove si afferma tra l'altro che la Regione Sicilia ha dimostrato, con Toto Cuffaro, una 'elevata sensibilità' nella lotta alla mafia''. ''In realtà era un dovere raggiungere l'unanimità sul testo della relazione conclusiva - ha concluso - e non una utopia, come ha detto, invece, Centaro''.
Non usa mezze parole Giovanni Russo Spena, commissario di Rifondazione, ''questa non è una relazione - sottolinea sempre parlando in conferenza stampa - ma un 'liberi tutti' dove la mafia è messa in dissolvenza, sfumata, e dove per trovare il filo conduttore bisogna ricordare l'esortazione del ministro Lunardi a convivere con Cosa Nostra e a considerarla come parte organica dello sviluppo del Mezzogiorno''. ''Dell'Utri non c'è nel documento del centrodestra - prosegue - perché rappresenta la prova dei rapporti tra mafia e politica, che il governo ritiene una invenzione bolscevica''.
Il vicepresidente della Commissione, Enzo Ceremigna (Rosa nel pugno), ha messo l'accento ''sui passi indietro fatti in questi cinque anni di governo nella cooperazione giudiziaria internazionale, ineludibile per frenare la globalizzazione dei clan: il governo ha emanato una serie di leggi che la hanno indebolita''. Infine, Sinisi ha voluto ricordare che i ''320 attentati avvenuti in questi anni in Calabria e il delitto Fortugno'' sono ''la più forte testimonianza della debolezza con la quale è stata tralasciata l'azione di contrasto alla mafia''.

I commissari antimafia del centrosinistra hanno presentato una 'controrelazione' nella quale indicano le prime cose da fare per riprendere la lotta a Cosa Nostra: una vera analisi sui rapporti tra politica e clan; ratificare la Convenzione Onu di Palermo; ridare slancio alla confisca dei beni dei boss; stringere la morsa del 41bis; indagare sui mandanti rimasti occulti delle stragi di mafia; dotare i partiti di un codice etico di autoregolamentazione


- Dal 1° rapporto della Direzione nazionale Antimafia del procuratore Piero Grasso (Guidasicilia.it)

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24 gennaio 2006
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