Così ci rubano anche la morte
Sì della Camera al ddl sul biotestamento, che in sostanza lascia l'ultima parola sul fine vita al medico
Ci sono voluti cinque mesi di dibattito. Alla fine la Camera ha dato il via libera al ddl sul biotestamento. Il testo, con le modifiche apportate al provvedimento licenziato dal Senato nel marzo del 2009, tornerà ora a palazzo Madama per il disco verde definitivo.
A far discutere è soprattutto l'articolo 3 del provvedimento che descrive 'Contenuti e limiti della dichiarazione anticipata di trattamento (Dat)'. In particolare si prevede che sulla sospensione dell'alimentazione e dell'idratazione artificiale (per mesi al centro del dibattito nazionale per il caso di Eluana Englaro) non conta la volontà del paziente, espressa nella Dat, tranne in alcuni casi eccezionali.
I sì sono stati 278, i no 205, 7 gli astenuti. Pur in fibrillazione per la turbolenza dei mercati, e attraversata da recriminazioni incrociate, la maggioranza ha ritrovato in questo caso compattezza, grazie anche all'appoggio dell'Udc. Il testo, nato nel 2008 sulla scia della vicenda Englaro, lascia in sostanza l'ultima parola sul fine vita al medico.
Soddisfazione per la maggioranza. Per Fabrizio Cicchitto la legge è "un punto di equilibrio" e secondo il ministro Maurizio Sacconi essa riafferma "il primato del Parlamento rispetto ai provvedimenti creativi della magistratura".
Ma dal Pd ai radicali, l'opinione sul ddl è univoca e negativa. Tredici deputati Pd non hanno partecipato alla votazione, perché sulla materia "è sbagliato legiferare". E il commento di Beppino Englaro, papà di Eluana, è emblematico: "Si tratta di una legge incostituzionale, che va nella direzione opposta rispetto ai principi costituzionali. L'autodeterminazione terapeutica non può incontrare un limite anche se ne consegue la morte, che non ha niente a che vedere con l'eutanasia. Nessuno, né lo Stato né un medico può disporre della salute di un cittadino".
Il senatore Raffaele Calabrò, relatore del testamento biologico al Senato, è soddisfatto: "L'ampio consenso intorno all'art. 3 del ddl sulle dichiarazioni anticipate di trattamento, fulcro del provvedimento in esame, dimostra che il paese e chi lo rappresenta conviene sulla necessità e sulla bontà della legge". Prosegue Calabrò: "E' evidente che i numeri non danno ragione a chi licenzia la legge come un'imposizione di una minoranza clericale, di una maggioranza illiberale distante dalla società civile. Resiste quel nocciolo di valori, che sono quelli della tutela della vita, del no all'eutanasia e all'accanimento terapeutico, di cui il Pdl si è fatto fermo paladino, e intorno al quale si riconosce la maggioranza degli italiani, dall'udc alla lega passando per una minoranza del Pd".
Per il Sottosegretario alla salute Eugenia Roccella, quella votata è "una legge largamente condivisa, che tutela sia la libertà personale che la dignità della vita umana". "Un buon testo, saggio ed equilibrato, che rende finalmente obbligatorio il consenso informato permettendo al paziente di scegliere le terapie. Con questa legge - ha aggiunto - il cittadino potrà dare indicazioni al medico per quando non sia più in grado di intendere e di volere, prolungando il prezioso rapporto di collaborazione e fiducia che si instaura tra medico e paziente". Poi ha criticato l'opposizione definendola "ideologica": "Si è voluta dare l'idea di un disegno di legge imposto al Parlamento e di un testo immodificabile, senza attenzione ai contenuti reali della legge. E invece è stato un provvedimento di iniziativa parlamentare, molto aperto al dibattito, modificato più volte e approvato da una maggioranza trasversale".
Ma anche nella maggioranza e zone limitrofe, qualche voce dissidente si fa sentire. Come quella di Daniele Capezzone, che dice: "Non l'avrei votata". Chiara Moroni di Futuro e Libertà definisce la legge "truffaldina". Rocco Buttiglione, in polemica con Ignazio Marino, dice: "Sarebbe stato meglio non fare questa legge, la responsabilità tocca il Pd, i radicali e la magistratura che è intervenuta in modo brutale". Secondo Paola Binetti, dell'Udc: "È una buona legge, che avrebbe potuto essere migliore se ci fosse stato un clima collaborativo più ampio ed esplicito".
"E' una legge-schifezza". E' il duro commento di Maria Antonietta Farina Coscioni, deputata radicale e co-presidente dell'Associazione Luca Coscioni. "E' l'unica definizione che si può dare a una legge sul fine vita imposta da una maggioranza clericale e oscurantista, che non trova riscontro in alcun paese europeo e occidentale; una legge che ci condanna a stati vegetativi anche quando preventivamente, in piena coscienza, abbiamo comunicato la nostra volontà in senso contrario. Con l'approvazione in particolare dell'articolo 3, con questa legge, se verrà confermata anche dal Senato, si negherà ogni valore alla volontà del singolo".
Di "una legge che sottrae agli italiani la libertà di decidere sulla propria vita" e "che chiede ai medici non di curare, ma di costringere alle cure", una "legge disumana". Netto il giudizio di Sinistra e libertà, affidato alle parole del leader Nichi Vendola: "L'obbligo di soffrire per legge non è umano, non è dignitoso [...] E' una legge violenta che invade un terreno dove lo Stato deve rispettare, non imporre". "Ancora una volta - ha concluso Vendola - questo Parlamento dimostra, come la settimana scorsa sulle province, di essere lontano dalla realtà e dalla vita degli italiani. Una distanza ed un arroccamento che mettono tristezza".
Per Livia Turco, componente Pd in commissione affari sociali, "la legge della destra sul fine vita è arcigna, autoritaria e proibizionista. Nel dibattito alla Camera la maggioranza ha gettato la maschera ed è chiaro a tutti che siamo davanti a un imbroglio per i cittadini e i medici". Turco ha sottolineato che il ddl "colpisce l'alleanza terapeutica medico-paziente e vieta, di fatto, il testamento biologico; nelle Dt si potrà infatti scrivere solo nome, cognome e che non si vuole essere sottoposti ad accanimento terapeutico, cosa che nessun medico farebbe".
Ignazio Marino del Pd guarda già oltre il secondo passaggio al Senato: "Se il ddl sul biotestamento sarà licenziato in via definitiva, partirà una raccolta firme per arrivare a un referendum che abroghi una legge inaccettabile". Rosy Bindi, presidente del Pd, aggiunge con polemica: "Se prima le Dat non erano regolate, adesso sono impedite". Sottolineando che "gli emendamenti estratti come un coniglio dal cappello all'ultimo minuto" hanno "vanificato i lavori di due anni in commissione".
Antonio Palagiano, responsabile sanità dell'Italia dei Valori e relatore di minoranza del provvedimento, non usa mezzi termini: "Il governo ha gettato definitivamente la maschera e con l'emendamento al comma 6 dell'articolo 3 restringe il campo di applicazione delle Dichiarazioni anticipate di trattamento. E' evidente, quindi, che questa legge va contro le Dat". Spiega Palagiano: "Con gli emendamenti approvati sarà infatti difficile se non impossibile stabilire quando avranno rilievo le Dat, poichè sarà necessaria una risonanza magnetico-nucleare per accertare lo stato vegetativo del paziente. Nei piccoli ospedali, ad esempio, sarà difficilissimo effettuarla e sarà impossibile, quindi, applicare la legge. Legge che perde definitivamente di senso e dimostra, ancora una volta, la sua inutilità", conclude Palagiano.
Mario Staderini, segretario di Radicali Italiani è convinto che "se il Senato confermerà il provvedimento della Camera, non sarà più possibile decidere della propria vita. Per tutti noi hanno deciso Udc, Lega e Pdl, meschine comparse di un film scritto in Vaticano". Dichiara il segretario: "Con la legge 40 hanno rubato la vita e la libertà di ricerca scientifica, con la legge Calabrò ci rubano anche la morte. Questi moderni aguzzini vogliono, attraverso il sondino di Stato imposto per legge, disinnescare le conquiste di libertà che Piergiorgio Welby e la famiglia Englaro hanno assicurato agli italiani con la loro lotta".
TESTAMENTO BIOLOGICO: ECCO LA LEGGE
I punti salienti della legge sul testamento biologico approvata ieri alla Camera, che per il varo definitivo dovrà tornare al Senato, sono almeno due: le dichiarazioni anticipate di trattamento non sono vincolanti per i medici ed escludono la possibilità di sospendere nutrizione e idratazione, salvo in casi terminali. Inoltre, sono applicabili solo se il paziente ha un'accertata assenza di attività cerebrale.
Il testo si compone di otto articoli, inizialmente erano nove, ma l'ottavo è stato soppresso da un emendamento del pdl su "autorizzazione giudiziaria".
Il primo "riconosce e tutela la vita umana, quale diritto inviolabile e indisponibile, garantito anche nella fase terminale dell'esistenza e nell'ipotesi in cui la persona non sia più in grado di intendere e di volere, fino alla morte accertata nei modi di legge", e vieta esplicitamente "ogni forma di eutanasia e ogni forma di assistenza o di aiuto al suicidio, considerando l'attività medica e quella di assistenza alle persone esclusivamente finalizzate alla tutela della vita e della salute nonchè all'alleviamento della sofferenza".
Il secondo articolo è quello sul 'consenso informato': "Salvo i casi previsti dalla legge, ogni trattamento sanitario è attivato previo consenso informato esplicito ed attuale del paziente prestato in modo libero e consapevole".
L'articolo 3, il cuore della legge, definisce i limiti e le modalità delle dichiarazioni anticipate di trattamento, nelle quali il dichiarante "esprime orientamenti e informazioni utili per il medico, circa l'attivazione di trattamenti terapeutici purchè in conformità a quanto prescritto dalla presente legge". E' una delle modifiche dell'ultim'ora: la legge prevede in sostanza che il paziente possa dichiarare esplicitamente quali trattamenti ricevere, ma non escludere quelli a cui non desidera essere sottoposto. In ogni caso il testo ribadisce che alimentazione e idratazione "devono essere mantenute fino al termine della vita, ad eccezione del caso in cui le medesime risultino non più efficaci nel fornire al paziente i fattori nutrizionali necessari alle funzioni fisiologiche essenziali del corpo. Esse non possono formare oggetto di dichiarazione anticipata di trattamento".
Altra modifica di ieri, tra le polemiche dell'opposizione, la riduzione di fatto della "platea": l'applicazione dei biotestamento scatta solo per chi è "nell'incapacità permanente di comprendere le informazioni circa il trattamento sanitario e le sue conseguenze per accertata assenza di attività cerebrale integrativa cortico-sottocorticale e, pertanto, non può assumere decisioni che lo riguardano".
Il quarto articolo stabilisce che le DAT hanno valore per 5 anni e sono rinnovabili.
Il quinto articolo prevede che entro 2 mesi dal varo dela legge vengano istituite dal ministero della Salute "linee guida cui le regioni si conformano" per "assicurare l'assistenza ospedaliera, residenziale e domiciliare per i soggetti in stato vegetativo".
Il sesto articolo fissa la figura del fiduciario nominato dal dichiarante, "l'unico soggetto legalmente autorizzato ad interagire con il medico". Se un paziente non dovesse nominare un fiduciario (che può essere sostituito in qualsiasi momento e, se nominato, è l'unico legalmente autorizzato a interagire con il medico sulla dat) i suoi compiti saranno adempiuti dai familiari nell'ordine previsto dal codice civile.
Il settimo sancisce che il biotestamento non sarà vincolante per il medico: "Gli orientamenti espressi dal soggetto nella sua dichiarazione anticipata di trattamento - si legge infatti nel testo - sono presi in considerazione dal medico curante che, sentito il fiduciario, annota nella cartella clinica le motivazioni per le quali ritiene di seguirle o meno". Soppresso invece il collegio dei medici, inizialmente previsto per dirimere eventuali controversie tra medico e fiduciario.
Infine, l'articolo 8 istituisce il registro delle DAT "nell'ambito di un archivio unico nazionale informatico. Il titolare del trattamento dei dati contenuti nel predetto archivio è il Ministero della Salute".
[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, Repubblica.it, Corriere.it]