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Crepa padrone, tutto va bene

La grande crisi economica, e quindi quella occupazionale, mette a rischio la coesione sociale

01 aprile 2009

Francia, inizio degli Anni Settanta. Una coppia di intellettuali in crisi, che non credono più né all'impegno politico, né al loro rapporto, si trovano un giorno, improvvisamente, a fare la cronaca di un incontro sindacale fra padrone, sindacati e delegati operai. Dovrebbe essere una cosa di routine e invece le maestranze occupano l'azienda e sequestrano il principale assieme ai due giornalisti. Dentro a questa fabbrica i due personaggi conoscono la vita degli operai e delle operaie che lavorano tutto il giorno alla catena di montaggio, e che riconoscono essere la vita vera...
Così Jean-Luc Godard raccontava nella sua pellicola, "Crepa padrone, tutto va bene" (1972), l'anima che spinse i francesi a mettere in piede il Sessantotto parigino, anche lontano da quelli che potevano essere i dubbi e le titubanze intellettualistiche.

Francia, nove anni dopo il 2000. A Grenoble l'Anonima' operai, gruppo nato all'interno della Caterpillar, ha "sequestrato" quattro dirigenti dell'azienda. Obiettivo: "La ripresa dei negoziati sulla salvaguardia del posto di lavoro che la direzione ha interrotto", ha detto ai media francesi un sindacalista della Caterpillar France. Il piano aziendale prevede la soppressione di 733 posti di lavoro nelle due fabbriche di Grenoble e Echirolles. Distanti le posizioni delle due parti: l'azienda ha proposto un pacchetto di 48,5 milioni di euro, mentre la quota richiesta dei sindacati è di 110 milioni di euro, comprensiva di una indennità, pari a tre mesi di salario per ogni anno di anzianità, per ognuno dei 733 dipendenti da licenziare...
Così gli organi di informazione ci raccontano quanto sta accadendo oggi nella realtà, lontano da qualsiasi rappresentazione artistica o idealistica...

Dopo ventiquattro ore gli operai della Caterpillar hanno accettato di liberare i quattro manager dell'azienda, per consentire la ripresa di negoziati sul piano di ristrutturazione. I manager hanno trascorso la notte nello stabilimento, dormendo sulla moquette, in vista, appunto, della ripresa dei negoziati. Le sigle sindacali di Caterpillar France hanno quindi lanciato un appello al presidente Sarkozy e ai parlamentari perché sia sbloccato il "fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione" per tutelare i posti i lavori nelle due filiali francesi del gruppo americano.
E Nicolas Sarkozy ha risposto agli operai promettendo che "salverà lo stabilimento". Il presidente francese ha fatto sapere che incontrerà i dipendenti di Grenoble e ha aggiunto di contare su "sindacati responsabili"

La rabbia scatenata dalla crisi in Francia è sfociata anche a Parigi, dove un centinaio di dipendenti del gruppo PPR, azienda leader del lusso francese, preoccupati dall'imminente taglio di 1.200 posti di lavoro, hanno simbolicamente "tenuto in ostaggio", il proprio padrone: Francois-Henri Pinault. I lavoratori hanno bloccato per quasi un'ora il taxi su cui viaggiava Pinault. Per liberare l'imprenditore, dopo 55 minuti, è stato necessario l'intervento della polizia che ha sgomberato la zona dai manifestanti.
E questi due che vi abbiamo appena raccontato non sono gli unici casi successi in Francia. Qualche settimana fa, nella "caccia al manager" sono incappati l'amministratore delegato della Sony France, tenuto in ostaggio una notte, e il direttore della filiale 3M, liberato solo dopo la firma di un protocollo d'accordo e l'apertura dei negoziati sul taglio di 110 posti di lavoro su 235.

Ma la Francia non è l'unico Paese europeo in cui la crisi economica sta provocando allarmante preoccupazione. Secondo i dati destagionalizzati diffusi proprio oggi da Eurostat, nel febbraio scorso nell'area dell'euro il tasso di disoccupazione ha raggiunto l'8,5%, rispetto all'8,3% di gennaio. A febbraio 2008 lo stesso dato era al 7,2%.
Eurostat stima anche che 19,156 milioni di uomini e donne nei 27 paesi, di cui 13,486 milioni nella zona euro, sono stati disoccupati nel mese di febbraio 2009. Rispetto a gennaio, il loro numero è aumentato di 478.000 unità nei 27 e di 319.000 nella zona euro. Rispetto al febbraio 2008, i disoccupati sono aumentati di 3,019 milioni nei 27 e di 2,125 milioni nella zona euro. 
Tra gli Stati membri, il più basso tasso di disoccupazione è stato registrato nei Paesi Bassi (2,7%), i tassi più elevati in Spagna (15,5%), Lettonia (14,4%) e Lituania (13,7%). Rispetto a un anno fa, sette Stati membri hanno registrato un calo del loro tasso di disoccupazione, un aumento in diciannove e il tasso è rimasto stabile in uno. Le maggiori diminuzioni sono state osservate in Bulgaria (dal 6,2% al 5,5%) e Slovacchia (dal 10,2% al 9,8%), e i più alti aumenti in Lituania (da 4,4% a 13,7%), Lettonia (da 6,1% a 14,4%) e Spagna (da 9,3 % a 15,5%).
Il tasso di disoccupazione per gli uomini è passato dal 6,5% all'8,1% tra il febbraio 2008 e febbraio 2009 nella zona euro e dal 6,2% al 7,8% nella Ue27. Il tasso di disoccupazione femminile è passato dall'8,2% all'8,9% nella zona euro e dal 7,4% all'8% nella Ue 27.  Nel febbraio 2009, il tasso di disoccupazione giovanile (sotto i 25 anni) è stato del 17,3% nella zona euro e del 17,5% nella Ue 27. Nel febbraio 2008 era del 14,5% e 14,7% rispettivamente. I tassi più bassi sono stati osservati nei Paesi Bassi (5,5%) e Danimarca (9,4%), e i più alti in Spagna (31,8%) e Svezia (24,1%).

Anche in Italia la crisi è ormai una realtà pesante, tanto che per la prima volta anche il premier ha fatto trasparire un poco di preoccupazione. "Il lavoro comincia a venire meno in maniera preoccupante" ha detto Silvio Berlusconi nel corso del social summit G8 di Roma dedicato al lavoro. "C'è stato un incontro molto approfondito sui temi del lavoro che comincia a venire meno a seguito di una crisi che investe tutto il mondo. Le previsioni sono negative e si parla di 20 milioni di posti di lavoro in meno entro il 2010. C'è una grande preoccupazione" ha dichiarato Berlusconi. L'economia mondiale e quella italiana dovranno affrontare "ancora almeno due anni, due anni e mezzo di difficoltà", a seguito della crisi ha detto il presidente del Consiglio, ribadendo che "la crisi sarà più o meno lunga a seconda se riusciremo a vincere o meno la paura". "I governi debbono far sì che sia mantenuta la coesione sociale. E' questo il fattore più importante" ha aggiunto Berlusconi. Il premier ha poi ricordato quanto detto durante il congresso del Pdl e ha ribadito: "Non lasceremo nessuno indietro e porteremo il Paese fuori dalla crisi".

Ed è proprio il rischio di rottura della coesione sociale una delle massime preoccupazioni del presidente dell'Eurogruppo Jean-Claude Juncker: "La crisi dell'occupazione è drammatica e, in prospettiva, ci potrebbero essere anche rischi di rottura della coesione sociale". "Le propettive dell'economia sono eccezionalmente cattive - ha spiegato Juncker - e la crisi del lavoro è a questo punto drammatica, la disoccupazione è all'8,2% pari a 13 milioni di uomini e donne disoccupati". Una crisi, ha aggiunto, che "avrà conseguenze estremamente negative anche sul fronte delle finanze pubbliche ed effetti negativi sulla crescita potenziale dell'economia della zona euro che inevitabilmente diminuirà".
E sulla gravità della situazione, sul tema del lavoro, si è pronunciato anche il presidente della Commissione Ue, José Manuel Barroso, che ha sottolineato la necessità di mettere a punto misure speciali, per affrontare il problema: "Servono misure speciali pensate con spirito creativo, per evitare che nell'Unione europea il numero di persone senza lavoro aumenti a dismisura".

Intanto in Italia, chi non ha ancora perso il lavoro ha una retribuzione uguale a quella del 1993
I salari netti sono fermi al 1993. Lo dice il nuovo rapporto dell'Ires-Cgil, secondo cui il fisco in 15 anni ha beneficiato di guadagni di produttività calcolati in 6.738 euro per ciascun lavoratore, in termini di potere d'acquisto, tra la mancata restituzione del fiscal drag (aumento delle tasse in relazione ala crescita dell'inflazione) e l'aumento della pressione fiscale. In totale allo Stato sono arrivati 112 miliardi di euro dal '93 al 2008. Se fosse stato applicato l'accordo separato sugli aspetti contrattuali del 22 gennaio, in aggiunta alla perdita fiscale i lavoratori avrebbero perso altri 6.587 euro di potere d'acquisto.
Le retribuzioni nette, secondo il sindacato, sono cresciute di 3,5 punti in meno (4,2 punti in meno per un lavoratore senza carichi familiari) di quelle lorde. Il tutto a fronte di una «crescita zero» dei salari netti e di un aumento dell'inflazione. Il costo della vita è cresciuto del 41,6% e le retribuzioni contrattuali del 41,1%, mentre l'incremento "di fatto" dei salari è stato pari al 47,5%, lo 0,4% in più all'anno, oltre alla retribuzione contrattuale e l'inflazione. "Il fisco ha mangiato i pochi guadagni di produttività", accusa la Cgil, e questo dimostra che la contrattazione da sola non basta a tutelare il potere d'acquisto dei salari e che serve una nuova politica dei redditi. La proposta del sindacato al governo è che vengano erogati 100 euro medi di aumento mensile in busta paga, da gennaio 2010, aumentando le detrazioni fiscali per lavoratori dipendenti, pensionati e collaboratori.

E ancora: in base alle dichiarazioni dei redditi presso i Caf Cgil, circa 13,6 milioni di lavoratori guadagnano meno di 1.300 euro netti al mese, circa 6,9 milioni meno di 1.000 e di questi oltre il 60% sono donne. Oltre 7,5 milioni dei pensionati prendono meno di 1.000 euro netti mensili. Il reddito disponibile famigliare fra il 2000 e il 2008 registra una perdita di circa 1.599 euro nelle famiglie di operai e 1.681 euro nelle famiglie con capofamiglia impiegato, a fronte di un guadagno di 9.143 euro per professionisti e imprenditori. Riguardo alla cassa integrazione, un lavoratore a zero ore per un mese vede il suo stipendio abbassarsi dai 1.320 euro netti in busta paga a 762 euro; una lavoratrice in Cig, sempre a zero ore, con uno stipendio mensile di 1.100 euro netti passerà a 634 euro netti. Dall'analisi dei dati Istat - sempre secondo la Cgil - emerge come le retribuzioni di fatto dal 2002 al 2008 abbiamo accumulato una perdita del potere di acquisto pari a 2.467 euro, di cui circa 1.182 di mancata restituzione del drenaggio fiscale.

Dal sindacato arriva anche un dato sulla disoccupazione: nel 2009 rischia il posto di lavoro fino a un milione di lavoratori. "La cosa certa - ha spiegato il presidente dell'Ires-Cgil Agostino Megale - è che il tasso di disoccupazione è destinato a crescere di 2 punti, anche vicino a 3 punti: c’è rischio disoccupazione. I numeri possono oscillare tra i 600 e 700mila fino a un milione di disoccupati". L'incidenza del fenomeno, ha aggiunto Megale, "coinvolge tutti i nuclei familiari, 4,5 milioni di persone".

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ign, Corriere.it, Repubblica.it]

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01 aprile 2009
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