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Crisi economica e suicidio

In una situazione di grave crisi come quella che stiamo vivendo sempre più imprenditori si tolgono la vita

03 marzo 2010

Travolti dalle difficoltà economiche, non riescono ad assicurare il tenore di vita di sempre alla propria famiglia né a pagare fornitori e dipendenti. Si sentono messi alle strette tanto da non vedere via di uscita alla crisi economica e scelgono di farla finita.
Quello dell'imprenditore edile suicida a Camposampiero nel padovano per le difficoltà della sua azienda è solo l'ultimo preoccupante caso avvenuto in Veneto. Secondo i dati della Cisl regionale, infatti, negli ultimi sedici mesi, dall'ottobre 2008 a oggi, sono stati undici gli imprenditori che si sono tolti la vita per la crisi.
In tutta Italia la situazione non cambia. Due imprenditori si sono tolti la vita a Prato l'estate scorsa, mentre soltanto ieri a Ragusa un commerciante in difficoltà ha tentato di darsi fuoco in prefettura, ma è stato bloccato da alcuni colleghi. "L'allarme sociale è altissimo - denuncia il presidente provinciale della Confcommercio, Angelo Chessari - proprio in questa zona tra quelle che, prima della crisi, stavano meglio delle altre almeno in Sicilia" e nel Meridione.

La crisi, osserva il direttore scientifico della Fondazione Nord Est Daniele Marini, ha colpito soprattutto le micro imprese: "Sono casi ed esperienze personali diverse - ha spiegato all'Adnkronos - tuttavia le difficoltà riguardano soprattutto le piccole e piccolissime imprese". Ma a rendere più grave la situazione sono anche fattori sociali e culturali: "Spesso i piccoli imprenditori si tolgono la vita perché non riescono a pagare i propri dipendenti - sottolinea Marini -. Loro stessi sono stati ex dipendenti e nella piccola impresa si instaura un rapporto stretto con chi lavora, aumenta così il senso di responsabilità che grava sull'imprenditore". "Inoltre - conclude - da noi non c'è l'idea di fallimento dell'impresa che esiste nei paesi anglosassoni, dove il fatto che l'impresa può fallire è nella natura delle cose. In Italia è diverso anche dal punto di vista giuridico e c'e' una sorta di 'stigma' sociale: 'l'imprenditore che fallisce automaticamente è un fallito'".

Problemi che non vedono una soluzione a breve termine. "Il 2010 sarà ancora un anno complicato" ha detto il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, commentando l'allarme lanciato dalla Uil riguardo a una potenziale perdita di 200 mila nuovi posti di lavoro nell'anno in corso. "Bisogna cambiare passo - aggiunge - , fare più investimenti in ricerca, innovazione , infrastrutture, con una riforma fiscale che riguardi imprenditori e lavoratori e cercare poi che ognuno faccia la propria parte".

Gli esperti invitano poi a monitorare "alcuni segnali" che si manifestano prima dell'atto estremo.
Il suicidio non è mai un fulmine a ciel sereno. Tanto più in una persona che ha perso il lavoro. Maurizio Pompili, coordinatore del Centro anti-suicidi dell'ospedale Sant'Andrea di Roma spiega che "anche un'eccessiva e immotivata serenità, dopo una grave angoscia, rappresenta un chiaro campanello d'allarme" così come "dare via un oggetto a cui si tiene molto". "Perdere il lavoro rappresenta un rischio di togliersi la vita - spiega ancora l'esperto - per persone fragili, che già vivono una forte angoscia esistenziale. E' una condizione che implica perdita, insicurezza, vergogna e anche colpa verso la famiglia".
Per Pompili, inoltre, è importante "soprattutto in questa fase di crisi economica", che le istituzioni e le aziende puntino sulla prevenzione. "Vanno individuate - conclude - anche sul luogo di lavoro, con l'aiuto di esperti, le persone a rischio che devono essere indirizzate a professionisti che possono sostenerle, soprattutto in caso di licenziamento". [Adnkronos/Ing]

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03 marzo 2010
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