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CRISI NERA

Un quadro sconfortante fatto da tante imprese fallite e tante altre costrette a ricorrere agli ammortizzatori sociali

19 aprile 2012

Meno iscrizioni e più cessazioni: è così che, nel primo trimestre del 2012, si è allargata la forbice della vitalità delle imprese tra chi sceglie di entrare sul mercato creando una nuova attività (sono stati in 120.278 tra gennaio e marzo) e chi, al contrario, ne è uscito (in tutto, 146.368). In particolare, rispetto allo stesso periodo del 2011, le iscrizioni sono diminuite di 5mila unità mentre le cessazioni sono aumentate di ben 12mila unità, con il risultato di un saldo del periodo pari a -26.090 imprese. Praticamente il triplo rispetto ai primi tre mesi del 2011, quando erano mancate all'appello "solo" 9.638 imprese. In termini relativi, la riduzione dello stock delle imprese nel I trimestre è stata pari al -0,43%, contro il -0,16% del 2011.

Questo, in sintesi, il quadro che emerge dai dati sulla nati-mortalità delle imprese italiane nel primo trimestre dell'anno, fotografati da 'Movimprese' e resi noti ieri a Lecce dal presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello. "La 'macchina del tempo' dell'anagrafe delle imprese riporta quindi le lancette al primo trimestre del 2009, quando si registrò un saldo negativo pari a -30.706 unità e un tasso di crescita del -0,5%, allora risultato della fortissima crisi economico-finanziaria esplosa l'anno precedente. Oggi, la brusca frenata della vitalità imprenditoriale è l'evidente risultato della fase di recessione avviatasi nella seconda metà dello scorso anno e dell'accresciuta e diffusa difficoltà ad entrare nel mercato", ha spiegato Unioncamere. "I successi del Made in Italy nel mondo da soli, non bastano a sostenere l'occupazione e a ricostruire il benessere dei territori andato perso nella crisi di questi anni" ha commentato il presidente Dardanello. "L'anagrafe delle imprese - ha proseguito - è uno specchio fedele dell'immagine dell'economia reale che oggi ci viene restituita per quello che è: segnata da profonde difficoltà e da una diffusa incertezza nel futuro. C'è bisogno di politiche di sostegno dell'impresa più piccola, quella diffusa da cui dipende il destino di milioni di famiglie e di giovani". "Oltre a credito e semplificazione servono azioni straordinarie sul fronte occupazionale e fiscale. Le Camere di commercio - ha concluso il presidente di Unioncamere - intensificheranno l'impegno a sostegno del tessuto economico, soprattutto di quello meridionale più in difficoltà in questo momento".

Il quadro di Unioncamere è perfettamente aderente a quello che emerge da uno studio di Confindustria Palermo, che descrive una "crisi nera" fatta di imprese fallite e altre costrette a ricorrere agli ammortizzatori sociali per i quali si registra un vero e proprio boom negativo. E, poi, i problemi di accesso alla cassa integrazione in deroga, per ritardi e pastoie burocratiche.
I numeri forniti da Confindustria sono chiari. Nel 2011 sono state 199 le sentenze di fallimento formulate dal Tribunale del capoluogo siciliano. Al 15 aprile del 2012 sono già 29. In tutta la Regione l'anno scorso i fallimenti erano stati circa 600: il che vuol dire che è a Palermo che si concentra una buona fetta del malessere dell'economia regionale. Per quanto riguarda la Cassa integrazione, nel periodo che va dall'ultimo trimestre 2011 al 15 aprile 2012, c'è stato un incremento del 145% di ore di Cig. Un stop interessa la cassa integrazione in deroga per una paralisi del processo autorizzativo. Sono 380 le imprese palermitane che hanno richiesto l'attivazione dell'ammortizzatore sociale, ma la commissione apposita dell'Inps, istituita a marzo, secondo quanto sostiene Confindustria Palermo, è ferma e non ha deliberato finora nulla.
E le prospettive per l'anno da poco iniziato non sono affatto rosee: tra gennaio e febbraio 2012, infatti, "siamo già quasi al 50 per cento del numero dei lavoratori assistiti nel 2011", spiega Giosafat Di Trapani, presidente Piccola industria Palermo. "Sono numeri molto preoccupanti - aggiunge - e dimostrano che lo strumento attuale degli ammortizzatori sociali non è molto adeguato. Chiediamo una riflessione su questo aspetto che porta al disastro economico assoluto delle nostre aziende. Oltre che chiedere alle banche una maggiore attenzione per le imprese, ci sembra opportuno chiedere al legislatore una riforma della legge fallimentare. A Palermo abbiamo dei dati allarmanti, e questo crediamo che sia anche causato dai ritardi notevoli sul pagamento dello Stato alle aziende. Tutto questo va riequilibrato e ripensato, anche in un periodo temporaneo". Per Nino Salerno, vicepresidente di Confindustria Sicilia, "prima si registrava un ricambio: un'azienda chiudeva e un'altra apriva. Adesso chiudono e basta. Per questo chiediamo attenzione sulle problematiche attinenti al credito e sulla ristrutturazione delle aziende".

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ign, ANSA, Lasiciliaweb.it, GdS.it, Corriere del Mezzogiorno]

 

 

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19 aprile 2012
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