Crolla la spesa media mensile delle famiglie italiani
Il 63% ha sacrificato la quantità dei prodotti alimentari, il 15% anche la qualità
Nel 2009, l’anno della crisi economica, i consumi delle famiglie sono calati in modo significativo. La spesa media mensile per famiglie nello scorso anno, in valori correnti, è infatti stata pari a 2.442 euro, con una variazione rispetto all’anno precedente pari a -1,7%.
A rilevarlo è l’Istat che ha condotto l’indagine su un campione di circa 23mila famiglie. Considerando che la variazione incorpora sia la dinamica inflazionistica (nel 2009 l’indice dei prezzi al consumo per l’intera collettività è pari in media allo 0,8% con differenze non trascurabili tra i diversi capitoli di spesa) sia la diminuzione del valore del fitto figurativo (-1,1%), la riduzione della spesa media mensile per consumi in termini reali "appare - spiega l’istituto di statistica - alquanto significativa".
Il valore mediano della spesa per famiglia, cioè quello al di sotto del quale si colloca la spesa della metà delle famiglie, è pari a 2.020 euro (-2,9% rispetto al 2008 in termini nominali), accentuando la flessione osservata in termini di valore medio. La contrazione della spesa per consumi appare particolarmente evidente tra le famiglie con livelli di spesa medio-alti.
Il valore della spesa media è diminuito soprattutto per generi alimentari e bevande (461 euro al mese), diminuzione che segue l'incremento osservato nel 2008, essenzialmente dovuto alla sostenuta dinamica inflazionistica che aveva caratterizzato questi beni. La percentuale di famiglie che dichiara di aver diminuito nel 2009 la quantità e/o la qualità dei prodotti alimentari acquistati rispetto all'anno precedente è pari al 35,6%: tra queste, il 63% dichiara di aver diminuito solo la quantità, mentre il 15% di aver diminuito, oltre alla quantità, anche la qualità. Rispetto al 2008, diminuisce la spesa media mensile per pane e cereali, per oli e grassi, per patate frutta e ortaggi, per zucchero, caffè e altro; in diminuzione risulta anche la spesa per bevande.
La contrazione osservata a livello nazionale è essenzialmente dovuta alla diminuzione registrata nel Mezzogiorno, dove dai 482 euro del 2008 si scende ai 463 del 2009. In particolare, in questa ripartizione, diminuisce la spesa per bevande, pane e cereali, zucchero, caffè e altro, patate, frutta e ortaggi, anche a seguito della diminuzione della percentuale di famiglie che effettua l'acquisto. La diminuzione della spesa per oli e grassi, beni questi che mostrano una riduzione dei prezzi, è invece dovuta a quella osservata tra le famiglie residenti nel Nord.
La spesa non alimentare risulta stabile a livello nazionale e pari a 1.981 euro mensili. Diminuisce la spesa per servizi sanitari, tabacchi, comunicazioni, mentre risulta in aumento la spesa per combustibili ed energia, che si associa a un periodo invernale particolarmente lungo e rigido. E' il Nord che determina la diminuzione della spesa per servizi sanitari, mentre quella per le comunicazioni si osserva sia nel Nord sia nel Mezzogiorno, anche a seguito della diminuzione dei prezzi relativi ad apparecchiature e materiale telefonico. Continua, infine, la diminuzione della spesa per tabacchi, dovuta anche alla riduzione della percentuale di famiglie che li acquista.
LA SPESA PER REGIONE - Nel 2009, la Lombardia è la regione con la spesa media mensile più elevata (2.918 euro), seguita da Veneto (2.857) ed Emilia Romagna (2.799). Fanalino di coda, la Sicilia con una spesa media mensile (1.721) di oltre mille euro inferiore a quella delle regioni con la spesa più elevata. In tutte le regioni del Mezzogiorno, alla spesa alimentare viene destinato oltre un quinto della spesa totale (in Campania tale quota di spesa rappresenta più di un quarto), mentre nelle regioni del Nord, tale quota è inferiore a quella media nazionale, fatta eccezione per la Liguria (19,6%) dove elevata è la presenza di popolazione anziana. Le regioni del Centro, in particolare il Lazio (32,5%) e la Toscana (32,0%), presentano le più elevate quote di spesa totale destinate all'abitazione; tra le regioni del Nord, quote di spesa superiori al 30% si osservano solo in Liguria (32,2%) e in Friuli Venezia Giulia (30,6%).
La diversa propensione alla spesa per istruzione e per sanità è legata alla diversa compartecipazione delle istituzioni locali alla spesa sostenuta dalle famiglie, ma anche alla maggiore presenza, nel primo caso, di bambini e ragazzi in età scolare e, nel secondo, di anziani. Per quanto riguarda l'istruzione, le quote di spesa totale variano da un massimo di 1,7% per la Basilicata a un minimo di 0,5% per l'Umbria. Per beni e servizi sanitari, invece, si passa da un massimo del 4,8% per il Trentino Alto Adige (nella provincia autonoma di Trento è 5,6%) a un minimo del 3,0% in Campania.
[Informazioni tratte da Corriere.it, Repubblica.it, La Siciliaweb.it]
- I consumi delle famiglie - Anno 2009 (pdf)