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Da un capo all'altro del mondo...

Arrestato a Bali il boss emergente Messicati Vitale. Arrestati nel Trapanese i boss che controllavano l'eolico

07 dicembre 2012

Doppia operazione antimafia da un capo all'altro del mondo: mentre a Trapani la Dda arrestava il re dei parchi eolici ritenuto uomo di Matteo Messina Denaro, i carabinieri del comando provinciale di Palermo insieme al Servizio per la cooperazione internazionale di polizia arrestavano a Bali il boss latitante Antonino Vitale Messicati, capomafia del clan palermitano di Villabate che si nascondeva in un lussuoso residence della località balneare indonesiana.

UN BOSS A BALI - I carabinieri del Comando provinciale di Palermo insieme al Servizio per la cooperazione internazionale di polizia hanno arrestato a Bali il boss latitante Antonino Vitale Messicati, capomafia del clan palermitano di Villabate. Messicati si nascondeva in un lussuoso residence della località balneare indonesiana. Ad aprile scorso era riuscito a sfuggire all'arresto durante l'operazione di polizia "Sisma" che aveva decapitato i vertici del mandamento mafioso di Misilmeri.
Il latitante, accusato di associazione mafiosa ed estorsione aggravata, è stato trovato grazie alle intercettazioni ambientali e telefoniche e al pedinamento di familiari e fiancheggiatori. I sospetti degli investigatori sono stati confermati da un viaggio a Bali fatto da alcuni familiari. Il video divulgato dai carabinieri di Palermo, oltre a diverse scene della vita del boss in Indonesia, contiene anche alcune delle intercettazioni utilizzate ("...a mandarci uno a dargli fuoco non ci vuole niente... perché Tonì'... il tuo nome gira... a tremila all'ora..").
Sfuggendo alla cattura il 16 aprile scorso Messicati Vitale ha festeggiato i suoi 40 anni, il 18 aprile, da latitante. Arrestato più volte per omicidio, droga, estorsioni, era stato condannato, definitivamente, a 10 anni di carcere per associazione mafiosa.

Il latitante è figlio di Pietro Messicati Vitale, che fu killer di mafia boss di Villabate, imputato nel primo e nel secondo maxiprocesso a Cosa nostra palermitana, ucciso nel luglio 1988 mentre su uno scooter stava andando nella sua casa di villeggiatura a Mongerbino, vicino Bagheria.
Messicati Vitale era stato scarcerato 50 giorni prima per un difetto di notifica di un atto. Il boss era stato arrestato nel luglio '85, dal commissario di polizia Beppe Montana, capo della Catturandi della squadra mobile palermitana, che venne assassinato dopo qualche giorno. Messicati Vitale venne sorpreso durante un summit, insieme ad altri otto mafiosi tra i quali Tommaso Cannella, il capomafia di Prizzi, Antonio D'Amico (anche lui ucciso nel luglio '88) e Biagio Picciurro.
Nel '95 toccò anche ad Antonino Messicati Vitale, (e al fratello Fabio), essere scarcerato per un cavillo dopo l'arresto nell'operazione "venerdì nero": il tribunale della libertà ordinò la scarcerazione perché i due furono interrogati alcune ore dopo la scadenza dei termini previsti per il primo interrogatorio. I fratelli Messicati Vitale, secondo le dichiarazioni di vari pentiti, sarebbero stati killer utilizzati dai boss mafiosi e per questo nel marzo '95 vennero arrestati. Le accuse non hanno retto all'iter giudiziario.

Il reggente della famiglia mafiosa di Villabate catturato a Bali si faceva chiamare Antonio Vitale. Antonino Vitale Messicati sapeva che, dopo gli arresti messi a segno dai carabinieri nel corso delle operazioni Hibris, Oscar e Pedro, sarebbe toccato a lui. Per questo è scappato in Indonesia. Quando è stato arrestato, il suo amico e braccio destro Antonio Zarcone, Messicati ha capito che il cerchio attorno a lui si stava stringendo. Secondo gli investigatori il reggente di Villabate è fuggito in Indonesia, forse con un passaporto intestato a un sardo.
"Secondo quanto abbiamo accertato, Messicati - afferma Salvatore Altavilla capo del reparto operativo dei carabinieri di Palermo - non aveva mai perso i contatti la sua famiglia di origine e rappresentava ancora il referente della famiglia mafiosa di Villabate". Il boss durante la festa per i suoi 40 anni ha chiesto ad un'orchestra di intonare la musica del 'Padrino'. "Alla fine il boss ha apprezzato l'esecuzione - aggiunge il comandante Altavilla - Si è rivolto al maestro congratulandosi e dicendogli bravissimo".
Il capo della famiglia di Villabate è stato arrestato ieri pomeriggio. Adesso si sta lavorando al'estradizione. È stato bloccato in un residence sul mare. Conduceva una vita agiata e frequentava locali esclusivi.

I BOSS CHE CONTROLLAVANO L'EOLICO - Le mani delle cosche sulle energie rinnovabili. Un'operazione antimafia nel Trapanese, condotta dai carabinieri di Trapani e del Reparto operativo speciale di Palermo e Roma, si è conclusa con l'esecuzione di 6 provvedimenti cautelari nei confronti di altrettanti indagati per mafia, emessi dal Gip di Palermo su richiesta della Dda del capoluogo siciliano. Sequestrati beni per 10 milioni di euro. Al centro delle indagini, l'infiltrazione delle famiglie mafiose di Castelvetrano e Salemi in attività legate alle energie rinnovabili, realizzata attraverso la sistematica acquisizione dei lavori per la realizzazione di impianti eolici e fotovoltaici nelle province di Agrigento, Palermo e Trapani. I proventi illeciti venivano in parte utilizzati per sostenere la latitanza del boss Matteo Messina Denaro.
Nell'operazione dei carabinieri, è stato anche sequestrato l'intero capitale sociale di due srl: la Salemitana Calcestruzzi, con sede a Salemi, e la Spallino Servizi, di Castelvetrano, il cui valore è stimato in 10 milioni di euro.

L'indagine, che parte nel 2007, ha scoperto l'esistenza di un'organizzazione in grado di monitorare le opere legate a impianti eolici, fotovoltaici e alle biomasse, mediante il sostegno dell'allora consigliere comunale di Castelvetrano Santo Sacco. L'esecuzione dei lavori avveniva attraverso una rete di società controllate da Salvatore Angelo, di Salemi. Grazie ad Angelo, l'organizzazione aveva messo le mani sui parchi eolici di "San Calogero" di Sciacca, "Eufemia" di Santa Margherita Belice e Montevago ad Agrigento; Contessa Entellina e parco fotovoltaico di Ciminna (Palermo) e "Mapi" di Castelvetrano (Trapani). Numerosi gli episodi intimidatori e le estorsioni ai danni di imprese concorrenti. L'indagine ha scoperto che l'imprenditore Melchiorre Saladino era stato esautorato dal progetto di un parco eolico da realizzare in provincia di Catania, concordato da Sacco con l'esponente mafioso di Castelvetrano, Paolo Forte, figlioccio di cresima di Messina Denaro, tanto da aver fornito al boss, nella fase iniziale della latitanza, la propria carta d'identità.
Le indagini hanno anche accertato la dazione di denaro richiesta da Sacco per l'approvazione della convenzione tra il Comune di Castelvetrano e una società interessata alla realizzazione di un parco eolico; l'esistenza di un progetto - sostenuto da Sacco e da Forte - per realizzare un distributore di carburanti sul terreno di Rosalia Messina Denaro, moglie del mafioso Filippo Guttadauro e sorella del ricercato trapanese. Inoltre, il denaro dell'organizzazione serviva anche all'assistenza economica ai detenuti e alla loro famiglie nonché ai sodali tornati in libertà dopo periodi di detenzione.

Salvatore Angelo aveva, inoltre, stabilito legami con Cosa nostra palermitana, attraverso contatti con Salvatore e Sandro Lo Piccolo (all'epoca latitanti). Accertato il trasferimento fraudolento delle quote della "Ecolsicula" alla "Spallino Servizi", intestate a prestanome e in realtà nella disponibilità del detenuto Antonino Nastasi, indicato quale anello della catena che avrebbe curato il recapito dei messaggi a Messina Denaro. Individuato anche in un casolare di Castelvetrano il luogo in cui il padre di Matteo Messina Denaro, Francesco, morto nel '98, trascorse la propria latitanza alla fine degli anni Ottanta.
"Il settore delle energie rinnovabili, essendo un contesto di grosso rilievo economico, non poteva non suscitare gli interessi della mafia". Così il procuratore di Palermo Francesco Messineo commentando l'operazione antimafia dei carabinieri. "La mafia di Trapani - ha aggiunto - è soprattutto mafia d'affari che ricorre alla violenza per intimidire e sottomettere la concorrenza". Dall'inchiesta, secondo Messineo, è emerso un forte collegamento tra mafia, imprenditoria e politica.

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ign, ANSA, Lasiciliaweb.it, Repubblica/Palermo.it, Corriere del Mezzogiorno.it]

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07 dicembre 2012
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