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Dal ballottaggio agrigentino un ''messaggio in bottiglia'' alla sinistra siciliana da Agostino Spataro

26 maggio 2007

Fra ballottaggi e messaggi in bottiglia
di Agostino Spataro

Prima di raccontare il fatto, un incipit: questo articolo vuole anche essere una sorta di messaggio in bottiglia che parte da Agrigento, luogo dal nobile passato e dal gramo presente, dove - come vedremo - si sta spegnendo la luce della sinistra. Sperando che qualcuno lo raccolga sul continente visto che, qui, i canali della comunicazione e del confronto democratico si sono come otturati.

Il fatto da cui il messaggio prende spunto è il ballottaggio che si svolgerà (il 27 e 28 maggio) nella città dei Templi dove, a causa di una profonda rottura all'interno del blocco di potere dominante non è stato eletto, al primo turno, il candidato del centro destra, sebbene sostenuto da ben nove liste che, insieme, hanno raccolto oltre il 65% dei voti.
Infatti, Enzo Camilleri della CdL, ex consigliere comunale del PCI, si è fermato al 43,9% (ovvero - 21,3% dei voti di lista). Il suo principale competitore (la parola ''avversario'' è caduta in disuso), Marco Zambuto, ex segretario provinciale dell'Udc, ha conseguito un risultato inversamente proporzionale, ossia il 35,3% che tradotto significa il 21% in più rispetto a quanto raccolto dalle liste apparentate (14,3%), di cui una formata da Ds ed indipendenti provenienti anche dall'Udc.
Una quota molto elevata di voto disgiunto (il 21%) che ha fortemente penalizzato il candidato del Polo. Un vero e proprio esodo elettorale, un crollo clamoroso specie se raffrontato con le  precedenti elezioni quando il sindaco polista fu eletto al primo turno con una percentuale del 75%.

Il risultato ha suscitato scalpore anche perché Agrigento è una roccaforte del Polo, dove vivono ed operano personalità di primo piano della politica siciliana: dal presidente della Regione, on. Cuffaro, ai coordinatori regionali di F.I., on. Alfano, e di AN, on. Scalia, al capogruppo del Mpa all'Ars on. Di Mauro.
Una ''invincibile armada'' avvilita e molto nervosa a causa di quest'amara sorpresa che spiega il senso e la vastità di una rivolta, scoppiata nel cortile della Cdl.
Rivolta o fuoco di paglia? Per superare il dubbio è meglio andare a vedere. D'altra parte, cos'altro c'è oltre Zambuto?
Sperando che mantenga la promessa di trasformare la rivolta in ''una rivoluzione culturale'', ovvero in un radicale cambiamento del modo di amministrare e di rapportarsi con i gravi problemi di questa città marginale, più famosa per la sete dei suoi cittadini che per i suoi templi immortali.
Già questo sarebbe un buon inizio.
Per altro c'è da rilevare che l'ampiezza del consenso legittima e fortifica questa ribellione politica contro un sistema arrogante che pretende d'imporre da Palermo le soluzioni per l'amministrazione della città, sulla base del metodo della spartizione delle poltrone che, da quando è entrato in campo Lombardo col suo Mpa, ha subito un'impennata davvero preoccupante. 
Alla faccia della sbandierata autonomia!
Una pretesa assurda che ha indignato anche taluni ambienti del ceto medio produttivo e professionale, gruppi di giovani e in genere la mansueta gente di Agrigento che, questa volta, sembra decisa a voltare pagina.

Certo, non tutti i giochi sono fatti, anche se la tendenza sembra delineata a favore di Zambuto il quale sta lavorando per attirare altri voti in uscita dalla CdL e per aggiungere al suo ottimo 35% quel 20% racimolato dagli altri quattro candidati sindaci (tre di centro-sinistra e uno indipendente) con lui ufficialmente schierati.
Di converso, Camilleri, che sulla carta dispone di un bacino elettorale molto ampio, dovrà tentare di far rientrare almeno un 7% di voti scappati dall'inviolato recinto della CdL.
Recuperare o subire un'ulteriore emorragia? Il dubbio sussiste poiché - come fanno osservare taluni - la stragrande maggioranza dei candidati non eletti delle nove liste sono già in disarmo o vivono la trombatura con grave disappunto, perciò difficilmente s'impegneranno nella battaglia finale.
Tuttavia, nulla è scontato, nonostante i buoni auspici. Per assicurarsi l'elezione, Zambuto deve aggiudicarsi la madre di tutte le battaglie: quella, durissima, che si combattendo in queste ore ad Agrigento, casa per casa, voto per voto, con ogni mezzo, anche improprio.
L'invincibile armada è già sul posto, disposta a giocarsi il tutto per tutto, perché ha da risolvere un doppio problema: far vincere il suo candidato e convincere della sua lealtà il furente Lombardo che minaccia l'ira di Dio contro i tre agrigentini principali esponenti della CdL in Sicilia.

Tutti ad Agrigento, dunque, in questa settimana cruciale, per atterrare il giovane ribelle che ha osato come altri mai. Per evitare la propagazione di questa rivolta che, se uscisse vittoriosa, potrebbe essere imitata ed esportata in altre roccaforti del Polo.
Sul terreno del confronto programmatico gli esponenti del Polo non sanno dire altro che Zambuto è ostaggio della sinistra radicale, dei comunisti... Magari!
Altro non dicono, nemmeno a favore del loro candidato al quale è imbarazzante spiegare quel 21% di voto disgiunto scappato dal sacro recinto della CdL.
Insomma, un linguaggio becero, propagandistico, a tratti perfino minatorio, per non affrontare le vere ragioni del malessere diffuso fra gli agrigentini per un comune ad un passo dal dissesto finanziario e per la carenza d'acqua nelle case che, per tanti, è ancora un miraggio.
Eppure, per la CdL il pericolo viene dal condizionamento della sinistra radicale la cui lista (Rifondazione, Comunisti italiani e Sdi), il 14 maggio, ha raccolto 320 voti, ossia un trascurabile 0,9% dell'elettorato e nessun seggio.
La realtà non cambia anche aggiungendo a questa ''demoniaca potenza'' il 4,9% raccolto dalla lista Ds - indipendenti e il 2,2% di Verdi e Italia dei Valori.
Purtroppo, la sinistra ad Agrigento è stata ridotta ai minimi termini e insieme non riesce a raggiungere la soglia del 9%. Questo è il primo messaggio in bottiglia.
E in politica, si sa, con piccoli numeri non si possono fare grandi manovre. Per fortuna, il quadro non è così deprimente in tutta la regione. Vi sono alcune eccezioni e fra queste eccelle, per nettezza e linearità, quella di Gela dove Rosario Crocetta è stato riconfermato sindaco alla grande, col 65% dei voti. Un voto che, oltre a sbaragliare le formazioni poliste, sta creando un certo scompiglio nelle fila della sinistra e del centro sinistra poiché si dimostra che anche un sindaco dichiaratamente comunista, quando ben amministra e si batte per la legalità, può ottenere un consenso plebiscitario anche in una realtà ad alto rischio di mafia. E questo è il secondo messaggio nella bottiglia.

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26 maggio 2007
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