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Dal Consiglio Nazionale delle Ricerche la scoperta della Scala che riduce l'impatto dei terremoti sull'ambiente

15 novembre 2007

Si chiama ESI 2007 (Environmental Seismic Intensity Scale) ed è una nuova scala di intensità sismica basata sugli effetti che i terremoti producono sull'ambiente e non solo su edifici e infrastrutture. Uno strumento che consente una migliore conoscenza e valutazione dei sismi e che può essere utilizzato nel prevenire e mitigare gli effetti da questi causati sull'ambiente, predisponendo più accurate pianificazioni territoriali, con la prospettiva di ridurre le perdite umane e la riduzione del danno economico.
Queste le caratteristiche della nuova scala, messa a punto da studiosi a livello internazionale tra i quali il maggiore ispiratore e proponente è stato il gruppo di lavoro italiano, composto da esperti ricercatori del CNR-Consiglio nazionale delle ricerche (Eliana Esposito, Sabina Porfido), APAT-Agenzia per la Protezione dell'Ambiente e per i Servizi Tecnici (Leonello Serva, Valerio Comerci, Luca Guerrieri, Eutizio Vittori) e Università dell'Insubria (Alessandro M. Michetti).
La scala ESI 2007 è stata ratificata nel luglio scorso dall'INQUA (International Union for Quaternary Research) e rientra tra le attività promosse per l'Anno Internazionale del Pianeta Terra.

''Storicamente le scale macrosismiche, che permettono di paragonare gli effetti dei terremoti nello spazio e nel tempo, basano il grado di intensità su tre fattori: gli effetti prodotti sull'uomo, sulle strutture antropiche e sull’ambiente naturale'', spiega Sabina Porfido dell'Istituto per l'Ambiente Marino e Costiero (IAMC-CNR) di Napoli. ''Quest'ultimo aspetto è stato, però, talvolta sottostimato, pur costituendo un importantissimo fattore di valutazione. La scala ESI 2007, costituita da 12 gradi di intensità, analoghi a quelli delle scale tradizionali, si basa invece esclusivamente sugli effetti indotti sull'ambiente fisico, come ad esempio: fagliazioni superficiali (quando il piano di rottura delle faglie raggiunge e taglia la superficie), fenomeni di subsidenza (abbassamenti del suolo), uplift (sollevamento del suolo), liquefazioni, fratture al suolo, fenomeni franosi, variazioni idrologiche (variazioni di portata e di attività chimica nelle sorgenti e nei corsi d'acqua) e tsunami''.

''La scala è stata elaborata grazie alla revisione critica dei dati di un elevato numero di terremoti avvenuti in Asia (tra cui quello, catastrofico, di Sumatra del 2004), America meridionale e settentrionale, Medioriente, ed Europa di cui 150 avvenuti in Italia'', aggiunge Eliana Esposito dell'IAMC-CNR. ''La ESI 2007 può integrare le scale tradizionali come la Mercalli Cancani Sieberg–MCS, che si basano essenzialmente sui danni agli edifici, sostituendole per i gradi superiori al X, quando la maggior parte delle costruzioni risultano distrutte o quando i sismi si verificano in aree per nulla o poco abitate, e dunque gli indicatori degli effetti sull'ambiente sono gli unici disponibili. L'obiettivo della nuova scala è una migliore individuazione delle zone sismogenetiche, con la prospettiva della riduzione del rischio nello scenario di futuri eventi sismici''.
Ad esempio: generalmente il terremoto come fenomeno naturale tende a ripetersi nelle stesse zone nel corso degli anni, provocando anche gli stessi effetti sul'ambiente naturale. Il territorio di San Giorgio la Molara (BN), citandone uno, è stato sconvolto da estesi fenomeni franosi a seguito dei terremoti del 1688, 1805, 1930 nonché dall'ultimo evento catastrofico che ha colpito l'Irpinia e la Basilicata nel 1980. Tenere conto di ciò significa non solo effettuare una valutazione corretta dell'intensità e di conseguenza della pericolosità sismica del sito, ma anche predisporre tutte le azioni necessarie per prevenire e ridurre il livello di impatto del terremoto a scala locale e regionale.

Una corretta ed adeguata valutazione degli effetti sismoindotti sull'ambiente, inoltre potrebbe evitare prospettive estremamente devastanti, come nel caso del terremoto che ha colpito il Giappone centrale lo scorso luglio, mettendo a rischio la centrale nucleare di Kashiwazaki. Infatti gli esperti giapponesi, pur avendo ipotizzato l'eventualità di un terremoto di forte energia, non avevano considerato i possibili fenomeni franosi indotti dal sisma, che di fatto, si sono verificati poco a ridosso della stessa centrale nucleare. E evidente che se questa fosse stata coinvolta direttamente dalla frana i danni sarebbero stati incalcolabili. [Aise]

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15 novembre 2007
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