Dal Giappone... con pazienza
Un giudice giapponese al processo Stato-mafia per capire come funziona il nostro sistema giudiziario
Ieri si è tenuta una delle udienze del processo sulla trattativa Stato-mafia, udienza destinata al controesame del pentito Francesco Di Carlo. Non è però di questo che vogliamo parlare in questo articolo, ma della presenza in aula di un particolare personaggio: un giudice giapponese.
Satoru Uchida, 38 anni, giudice della Corte suprema di Tokyo, ha assistito al suo primo processo di criminalità organizzata. In servizio all'ufficio studi, da mesi è in Italia per capire come funziona il nostro sistema giudiziario. Dopo le tappe di Roma e Firenze ieri ha partecipato a Palermo al dibattimento sulla trattativa Stato-mafia.
Un mondo completamente nuovo per Uchida che prima di arrivare alla Suprema corte ha fatto il giudice penale a Fukushima. "Non avevo mai sentito parlare di questa vicenda - ha spiegato all’ANSA -. Ho seguito il controesame del collaboratore di giustizia, ma ho compreso ben poco".
Dalle battute scambiate a margine dell'udienza è facile capire che il sistema processuale giapponese è molto diverso da quello italiano. Basta pensare alla durata media dei processi penali. "In primo grado - ha raccontato Uchida - un dibattimento dura circa tre mesi: e complessivamente fino alla sentenza definitiva trascorrono al massimo 6 mesi-un anno. In Giappone ci sono circa 5 mila giudici, ma solo 20 mila avvocati e il contenzioso è molto ridotto".
Quando qualcuno gli ha chiesto se la Yakuza, la potente mafia giapponese, abbia infiltrazioni nella politica e nelle istituzioni Uchida ha risposto sorridendo: "Non ci risulta". Come non è mai accaduto che la criminalità abbia trattato con lo Stato. "Possono fare accordi tra loro - dice -, tra fazioni criminali, ma non con le istituzioni".
Inoltre, in Giappone non esiste neppure un sistema carcerario differenziato, come il 41 bis italiano, per i boss. Né la videoconferenza nata in Italia per evitare il cosiddetto turismo giudiziario dei capimafia. "Non sarebbe giusto per gli imputati. Ci stiamo pensando per i testimoni per risparmiare tempo e denaro".