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Dal New Yorker: ''L'amministrazione Bush è pronta a bombardare l'Iran anche con bombe atomiche tattiche''

11 aprile 2006

La notizia è stata data dal più grande giornalista investigativo Usa, il Premio Pulitzer Seymour Hersh: ''L'amministrazione Bush è pronta a bombardare l'Iran anche con bombe atomiche tattiche se l'Iran non rinuncerà al riarmo nucleare. L'obiettivo non sarebbe solo la distruzione degli impianti ma anche il rovesciamento del regime. Il Pentagono ha l'elenco dei bersagli da colpire, primo tra tutti quello del bunker sotterraneo di Natanz per l'arricchimento dell'uranio, e le scorse settimane il presidente George Bush ne ha già discusso con i leader repubblicani e democratici del Senato e della Camera. Un'operazione clandestina è inoltre in corso in Iran per mobilitare le minoranze etniche''.
Le rivelazioni di Hersh si potranno leggere sul New Yorker, in uscita il 17 aprile.

Le informazioni sul piano di guerra di Bush sono state fornite a Hersh (l'uomo che denunciò il massacro di My Lai nel Vietnam e le torture nel carcere di Abu Ghraib in Iraq) da anonimi funzionari passati e presenti del Pentagono e della Cia, i servizi segreti.
La bomba atomica tattica che verrebbe usata contro l'impianto di cemento di Natanz, scavato nella roccia a 23 metri di profondità, è la B 611-11, detta ''bunker buster'', distruggi bunker.
Una delle anonime fonti ha spiegato a Hersh: ''Bush è convinto che l'Iran si doterà di armi nucleari e intende fare quello che nessun futuro presidente americano, repubblicano o democratico, avrebbe il coraggio di fare: bombardarlo a tappeto. Pensa che la salvezza dell'Iran sarà il suo lascito storico''. Un'altra fonte ha aggiunto che l'amministrazione Bush chiama ''Adolf Hitler'' il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad a causa della sua promessa di ''cancellare Israele dalla faccia della terra'' e che giudica una guerra ''l'unico modo di cambiare le strutture del potere e di risolvere il problema''.

Le rivelazioni di Hersh, un aspro critico di Bush, hanno destato scalpore e suscitato gravi interrogativi politici. Uno riguarda le elezioni parlamentari di novembre in America, che stando ai sondaggi potrebbero restituire ai democratici il controllo del Congresso: per impedire che il suo piano fosse bloccato, il presidente ordinerebbe l'attacco all'Iran prima del voto di novembre?
Il secondo interrogativo concerne le Nazioni Unite: nel caso che rifiutasse il ricorso alla forza, Bush formerebbe una nuova ''coalition of the willing'', coalizione di volontari, come in Iraq?
La terza domanda verte sull'Aiea, l'Associazione internazionale per il controllo dell'energia atomica: il suo direttore Mohammed El Baradei, continuerà a sostenere che non ci sono prove che l'Iran miri al riarmo nucleare?

E dalla Casa Bianca sono subito arrivate le smentite del presidente George W. Bush. Il presidente degli Stati Uniti ha detto che la forza non è necessariamente richiesta per fermare la corsa dell'Iran all'ordigno nucleare, e ha smentito voci riguardo a un attacco militare degli Stati Uniti nel Paese asiatico.
''Sono pure illazioni, del genere che circola spesso qui a Washington''; così Bush ha bollato le rivelazioni di Hersh sul New Yorker.
Bush ha aggiunto che la dottrina della Casa Bianca è che si fa ricorso all'uso della forza solo quando sono stati esauriti tutti gli strumenti diplomatici. ''Non vogliamo che l'Iran si doti di armi nucleari e tantomeno che si doti della capacità e della conoscenza necessaria per farlo'' - ha detto Bush - ''Questo è il nostro obiettivo, ma anche quello dei nostri alleati, come Germania e Francia''. ''Abbiamo scelto un approccio multilaterale - ha aggiunto il presidente Usa - anche perché ci siamo resi conto che ogni volta che siamo impegnati in negoziati uno a uno, il mondo tende a darci contro. Abbiamo deciso di includere anche la Russia nei negoziati perché crediamo in questo approccio multilaterale''.

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11 aprile 2006
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