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Dal ventre della terra nasce il primo Museo Siciliano delle Solfare

Trabia Tallarita, la più grande miniera d’Europa, nel cuore della Sicilia, verrà restituita alla pubblica fruizione

20 febbraio 2010

Giallo di Sicilia, giallo delle miniere solfifere, che per anni fecero la fortuna economica di questa terra e la tragica sorte di migliaia di lavoratori. Oltre due secoli di storia sociale ed economica della Sicilia Orientale, infatti, sono stati segnati in maniera determinante dall’attività estrattiva dello zolfo: basti pensare che all’inizio del XX secolo l’Isola ebbe il monopolio naturale di questo minerale, detenendo il 91% della produzione mondiale.
Lunedì 8 marzo 2010, dopo 6 anni di lavoro per un progetto di oltre 5 milioni e mezzo di euro che abbraccia un terreno di 6mila mq, la Soprintendenza di Caltanissetta diretta da Rosalba Panvini, restituirà alla pubblica fruizione uno straordinario esempio di archeologia industriale: la miniera di Trabia Tallarita. La Regione Siciliana - Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana – anni addietro ha acquisito al proprio demanio questo bene etno-antropologico, per recuperare i complessi ivi esistenti, con gli annessi edifici industriali che ancora si conservano, i macchinari e le attrezzature utilizzate per la lavorazione del minerale.
Il vasto altopiano gessoso-solfifero - tra i più grandi d’Europa - per anni disabitato e lasciato in stato di abbandono, è stato così valorizzato per ricordare e fruire di un patrimonio universale, «dove la storia del genere umano s’intreccia con la storia della sua terra e delle sue ricchezze - spiega Rosalba Panvini - dove la fatica degli uomini si è profondamente intersecata con lo sviluppo e l’evoluzione della società».

In quest’occasione il presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo, l’assessore regionale ai Beni Culturali, Gaetano Armao e il dirigente generale del dipartimento regionale dei Beni Culturali, Gesualdo Campo, alla presenza di altre numerose autorità, inaugureranno il primo lotto dei lavori che hanno visto la realizzazione del "Museo delle Solfare di Trabia Tallarita", ubicato nell’edificio dell’ex centrale elettrica Palladio. Si tratta di uno spazio didattico-multimediale, unico in Sicilia, dove gli esperti - coordinati dal direttore dei lavori Alessandro Ferrara, responsabile del Servizio per i Beni architettonici della Soprintendenza - hanno ricostruito i vari aspetti dell’attività delle miniere di zolfo: dalle strutture edili a quelle industriali, alla vita degli uomini impiegati nelle varie fasi della lavorazione. Percorso realizzato utilizzando proiezioni in 3D, effetti sonori e percorsi interattivi.
Nel plesso sarà anche possibile visitare istallazioni contemporanee di artisti siciliani, la mostra di pitture sul tema, la mostra fotografica "Sùlfaro e sulfatari", il Salone della "truscitella" con prodotti enogastronomici locali e una collezione di rari minerali. Il tutto, accompagnato da cantastorie che racconteranno la vita nelle miniere - tratta anche dai versi di Ignazio Buttitta - poeti ed ex "carusi" che testimonieranno il duro lavoro dello zolfataro, segnato da toccanti e tragiche vicende umane.

Una grande operazione culturale, quella di Trabia Tallarita, propedeutica all’avvio di un Distretto minerario della Regione Siciliana, con l’obiettivo di recuperare, valorizzare e mettere in rete l’ingente patrimonio del sottosuolo siciliano, per la nascita di un circuito turistico virtuoso che ruoti intorno al cuore dell’Isola. Un progetto di ampio respiro che coinvolge i comuni di Sommatino, di Riesi e tutta l’amministrazione provinciale.

«... in quell’universo chiuso, abbrutito che era il mondo contadino della sicilia feudale, lo zolfataro è entrato come un personaggio demoniaco: era un uomo diverso, privo del tradizionale senso della roba e del denaro, che rischiava la vita ogni giorno e che ha brutalmente introdotto una diversa visione del mondo».
Leonardo Sciascia

LE MINIERE E LA SICILIA - Gli ultimi due secoli della storia sociale ed economica della Sicilia centro-meridionale e, in qualche modo, dell’intera isola sono stati segnati, in maniera determinante, dall’attività estrattiva dello zolfo. Questo importante aspetto della nostra economia ha raggiunto il momento di massima espansione attorno al passaggio tra il XIX ed il XX secolo (nel 1901 risultavano occupati nel settore 38.922 individui, mentre nel 1905 in Sicilia si estrassero 536.782 tonnellate di zolfo, pari al 91% di tutta la produzione mondiale), prima di essere colpito da una crisi irreversibile, che ha determinato contestualmente la cessazione di ogni attività lavorativa e l’abbandono traumatico di un patrimonio ingente, i cui "segni" persistono ancora oggi, riconoscibili nelle strutture obsolete degli impianti dei bacini minerari.
Il ciclo dell’industria siciliana dello zolfo abbraccia un periodo di circa due secoli: dalla fine del ‘700 alla seconda metà del '900. Le zolfare non furono solo un elemento di sostentamento per le popolazione e di arricchimento per i proprietari, ma anche, purtroppo, causa di sofferenze, tragedie e lutti. L’estrazione dello zolfo dalle viscere della terra ed il suo trasporto per la fusione, prima nelle calcarelle e successivamente nei calcaroni e, dopo il 1859, nei forni Gill, fu possibile solo grazie al lavoro massacrante e disumano di uomini e, ancor di più ragazzi, i cosiddetti "carusi", che cominciarono a lavorare in miniera fin dalla più tenera età. E’ stato calcolato che ogni "carusu" percorreva l’equivalente di 22,5 chilometri con gli "stirratura" carichi e altrettanti con gli “stirratura” vuoti, oltre al tragitto di andata e ritorno dal paese alla zolfara. I "carusi" partivano all’alba e tornavano con il buio, restando sepolti vivi per tutto il giorno, a decine e decine di metri dalla luce.

- Seguendo la via delle zolfare (Guidasicilia.it)

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20 febbraio 2010
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