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Dalle alluvioni alla siccità

Il dissesto idrogeologico mina l'intera Italia. Abusivismo edilizio e cattiva gestione dell'ambiente, le cause principali delle tragedie

03 luglio 2012

Frane e alluvioni, siccità, erosione del suolo e costiera. Il dissesto idrogeologico è l'insieme di quei processi che modificano il territorio con effetti spesso distruttivi su opere, attività e sulla vita dell'uomo: dal 1900 a oggi, in Italia il dissesto idrogeologico ha fatto 10.000 tra vittime, feriti o dispersi e 350.000 tra senza tetto e sfollati.
Abusivismo edilizio, estrazione illegale di inerti, disboscamento indiscriminato, cementificazione selvaggia, abbandono delle aree montane, agricoltura intensiva: sono tutti fattori che contribuiscono in maniera determinante a sconvolgere l'equilibrio idrogeologico del territorio.

Secondo il report redatto dal Ministero dell'Ambiente nel 2008, sono ben 6.633 i comuni italiani in cui sono presenti aree a rischio idrogeologico, l'82% del totale. Una fragilità particolarmente elevata in Calabria, Molise, Basilicata, Umbria, Valle d'Aosta e nella Provincia Autonoma di Trento dove il 100% dei comuni è classificato a rischio, ma anche in Marche e Liguria (99%), Lazio e Toscana (98%).
La superficie delle aree ad alta criticità idrogeologica si estende per 29.517 Kmq, il 9,8% dell'intero territorio nazionale, di cui 12.263 kmq (4,1% del territorio) a rischio alluvioni e 15.738 Kmq (5,2% del territorio) a rischio frana. Oltre 5 milioni di cittadini vivono in zone esposte al pericolo di frane o alluvioni. Un territorio estremamente fragile, quindi, in cui spesso dei semplici temporali provocano allagamenti.
Le cause vanno ricercate soprattutto nell'urbanizzazione e nella speculazione edilizia. Se al Sud l'aggressione al territorio passa soprattutto per l'abusivismo edilizio, al Centro-nord si perpetuano interventi di gestione dei fiumi inefficaci: argini realizzati senza un serio studio sull'impatto a valle, alvei cementificati, escavazione selvaggia. E spesso si continua a costruire nelle aree di esondazione: circa due comuni su tre, infatti, hanno nel proprio territorio abitazioni in prossimità di alvei e in aree a rischio frana. In un terzo dei casi si tratta addirittura di interi quartieri.

Secondo i dati del dossier "Ecosistema rischio" realizzato da Protezione Civile e Legambiente, il 50% dei comuni intervistati contano meno di 100 persone presenti in aree a rischio; nel 26% dei casi il numero sale tra le 100 e le 1.000 unità e nel 9% fra 1.000 e 10.000 persone. Per quel che riguarda i comuni più grandi e densamente popolati fra quelli che hanno partecipato all'indagine, sono 9 quelli in cui la popolazione residente in aree a rischio è compresa fra 10.000 e 50.000, uno quello in cui è compresa fra 50.000 e 100.000 e due quelli in cui sono presenti oltre 100.000 persone in zone esposte a pericolo.
In 1.121 comuni (l'85% di quelli analizzati in Ecosistema rischio 2011) sono presenti abitazioni in aree golenali, in prossimità degli alvei e in aree a rischio frana, e nel 31% dei casi in tali zone sono presenti addirittura interi quartieri. Nel 56% dei comuni campione della nostra indagine in aree a rischio sono presenti fabbricati industriali che, in caso di calamità, compartano un grave pericolo oltre che per le vite dei dipendenti, per l'eventualità di sversamento di prodotti inquinanti nelle acque e nei terreni. Nel 20% dei comuni intervistati sono state costruite in aree a rischio idrogeologico strutture sensibili come scuole e ospedali, e nel 26% dei casi strutture ricettive turistiche o commerciali.

Frane e alluvioni: i comportamenti più sicuri e quelli da evitare in caso di calamità - Cosa fare in caso di frana o di alluvione, durante e dopo l'evento? Non tutti sanno quali sono i comportamenti più sicuri e quelli da evitare: a volte, con un po' di informazione in più, è possibile evitare tragedie. Per questo, il Proidro - Professionisti del monitoraggio ambientale e la sicurezza idrogeologica, ha pubblicato "Frane a alluvioni. Azioni salvavita. Norme per l'autoprotezione in caso di allarme". L'opuscolo, già distribuito ai gruppi dei volontari di protezione civile, nei prossimi mesi sarà anche diffuso nelle scuole. Per aumentare la capacità di autoprotezione dalle calamità naturali è necessario, come prima cosa, essere informati sul Piano di Emergenza Comunale (ogni comune ne ha uno) in cui sono definite le caratteristiche del rischio specifico, le aree di raccolta in caso di allerta, le modalità di intervento che l'amministrazione comunale attiva in caso di eventi calamitosi.
Sul sito del Centro Funzionale o della Protezione Civile, poi, si trovano indicazioni sui livelli di allerta o sulla situazione meteo in tempo reale.Ci sono poi alcune indicazioni di massima che è bene tenere presente, in stato di pre-allarme, durante l'evento e e dopo.

Per esempio, in caso di annunciata alluvione è bene chiudere o bloccare le porte di cantine e seminterrati, non cercare di mettere in salvo l'auto e non ripararsi sotto alberi isolati. Assolutamente non bere l'acqua del rubinetto di casa e all'esterno evitare il contatto con l'acqua che può essere inquinata da petrolio, nafta, acque di scarico e carica ellettricamente per la presenza di linee elettriche interrate.
In caso di frana, forse non tutti sanno che è bene allontanarsi dai corsi d'acqua dove possono verificarsi colate rapide di fango e dai pali o tralicci che potrebbero crollare o cadere. Ci sono poi comportamenti che è bene assumere sia in caso di frana che di alluvione: staccare l'interruttore della corrente e chiudere la valcola del gas, usare telefoni e cellulari solo in caso di effettiva necessità per evitare sovraccarichi delle linee.
Ma anche ad allarme cessato, ci sono precauzioni da prendere: evitare ancora il contatto con le acque se c'è stata un'alluvione perché potrebbero essere inquinate e fare attenzione alle zone in cui l'acqua si è ritirata perché il fondo delle strade potrebbe essere indebolito e cedere sotto il peso di un'automobile.

Tutte queste informazioni, e molte altre, sono contenute nell'opuscolo che si avvale di un sistema di segni grafici frutto di una specifica progettazione che si propone di affrontare la questione della realizzazione di un sistema generale e condiviso di segni per la comunicazione del rischio.
Sostenuto e finanziato dalla fondazione "Con il Sud" nell'ambito del bando "Valorizzazione del capitale umano di eccellenza", il progetto, coordinato dall'Università della Basilicata, ha visto la partecipazione di 16 giovani laureati in Ingegneria e in Scienze Geologiche e ha avuto come obiettivo quello di formare professionisti di eccellenza nei temi del monitoraggio ambientale, dello studio e della prevenzione del rischio idrogeologico, nelle strategie di sicurezza e di protezione civile.

[Informazioni tratte da Adnkronos Prometeo]

 

 

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03 luglio 2012
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