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Daniele Mastrogiacomo è vivo e sta bene

Detenuto in una base talebana, la sua libertà sarà scambiata con quella di alcuni talebani in carcere

14 marzo 2007

Daniele Mastrogiacomo, il reporter del quotidiano la Repubblica, è vivo e sta bene. A rompere il silenzio sulla sorte del giornalista è stato un portavoce dei talebani. ''Daniele Mastrogiacomo è in buona salute ed è detenuto in una base talebana nella provincia meridionale di Helmand, insieme ai due afgani sequestrati con lui lo scorso 4 marzo. Abbiamo contatti indiretti con gli italiani e le nostre richieste non sono cambiate'': così ha dichiarato ieri Youssouf Ahmadi, portavoce del movimento islamico, in una telefonata all'agenzia France Press.
Il portavoce talebano, ha quindi confermato quanto già anticipato l'altro ieri dal presidente del Consiglio Romano Prodi e dal ministro degli Esteri Massimo D'Alema.
''Le nostre richieste non sono cambiate'', ha sottolineato Youssouf Ahmadi, riproponendo così la questione della scarcerazione dei portavoce talebani oggi detenuti nelle carceri afghane e dunque dello ''scambio di prigionieri'' come prezzo fissato per la liberazione di Daniele Mastrogiacomo.

Le mosse della diplomazia italiana per creare le condizioni utili ad avviare un negoziato sono state, quindi, in buona parte sotto la luce del sole.
Ieri si è consolidato il coordinamento istituzionale e operativo fra autorità giudiziaria e governo, dopo un incontro, fra il titolare della Farnesina e il capo della Procura della Repubblica del tribunale di Roma, Giovanni Ferrara. E il riferimento di dell'altro ieri, fatto dal premier e da D'Alema, ai ''canali umanitari'', sembra aver messo in moto la macchina della solidarietà e della collaborazione. Un ruolo importante in questo senso potrebbe essere quello svolto da Gino Strada: il fondatore di Emergency, arrivato ieri a Kabul, ha dichiarato la disponibilità della sua organizzazione a ''dare una mano''. ''Daniele sta bene, stiamo cercando di dare una mano, io sono ottimista''.
Strada ha subito fatto presente quali difficoltà ci saranno, del tempo e della pazienza che ci vorrà, del silenzio che dovrà accompagnare la vicenda sul rapimento di Mastrogiacomo. ''In questa storia chi sa poco parla tanto e chi sa qualcosa non può parlare, ma sia chiaro: noi non facciamo trattative, noi offriamo le nostre conoscenze''. Gino Strada sa però che ci sarà bisogno di tanta fatica. E' complicato il contesto afgano di queste settimane, vischioso. E' stata lanciata la grande campagna di primavera della Nato contro i Taliban asserragliati, si combatte ogni giorno in quel sud dell'Afghanistan dove c'è la prigione di Daniele Mastrogiacomo. ''Questa situazione al sud sta rallentando anche le comunicazioni, l'altro giorno in molte zone sono cadute le linee telefoniche... è difficile muoversi, è difficile anche raggiungere le persone...''.

Ma cosa farà potrà fare esattamente Gino Strada e la sua rete di conoscenze per aiutare giornalista? ''Certamente non tratterò con nessuno, Emergency metterà a disposizione i suoi contatti, contatti che ci vengono dalla nostra credibilità. Siamo qui dal 1999 e abbiamo 30 cliniche sparse per il paese, senza mai chiedere un soldo a nessuno abbiamo curato un milione e duecentomila afgani su una popolazione di 24 milioni, feriti di guerra, feriti di incidenti stradali e domestici: non c'è famiglia in Afghanistan che non ci conosce''. Poi ha precisato: ''Aprire canali per noi non è particolarmente difficile, l'attività svolta per anni ci ha abituato ad avere a che fare con la gente, il canale c'è''. Anche con i Taliban.
Prima di lasciare i giornalisti Gino Strada ha poi speso qualche parola sulle macchinose o addirittura fantasiose ricostruzioni dei giorni scorsi sul rapimento di Daniele Mastrogiacomo, come quella dell'interprete di Kandahar che tre giorni fa rivelò di avere ricevuto una telefonata dal mullah Dadullah in persona: ''Dadullah non ha mai parlato con nessuno''. Il fondatore di Emergency ha confermato che il sequestro ''fa a capo'' al mullah. E conferma anche che i sequestratori non appartengono a una banda qualunque della provincia di Helmand: ''Quelli erano gli uomini che avevano rapito il fotografo Gabriele Torsello, questa volta Daniele è in mano alla struttura''.

 

 

 

 

 

 

 

 

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14 marzo 2007
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