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Dati positivi dal mercato del lavoro in Sicilia secondo l'indagine condotta dal Di.S.TE

20 maggio 2006

Buone notizie dal mercato del lavoro. Si è registrato un aumento dell'occupazione, nel periodo 2000-2005, pari a 122.000 unità. Il tasso di disoccupazione quindi tende al ribasso facendo registrare una diminuzione di 8 punti percentuali. Questa è una delle novità emerse nel corso della tavola rotonda tenutasi l'altro ieri a Palermo tra economisti, rappresentanti delle istituzioni, dei sindacati e del mondo del lavoro, durante la quale si è fatto il punto sull'attuale condizione di salute dell'economia siciliana.
In tema di lavoro però, secondo i dati raccolti dal Di.S.TE nell'Isola, nonostante il trend in positivo e a causa del già basso livello di partenza si corre il rischio di non raggiungere l'obiettivo del 70% sui livelli di occupazione della popolazione tra i 15 e i 64 anni previsto nella conferenza di Lisbona. Una delle cause di un tale rallentamento in questo settore potrebbe dipendere da quelli che sono definiti ''lavoratori scoraggiati'', ovvero i potenziali lavoratori che, pur dichiarando di voler trovare un lavoro, non lo cercano. Tra il 2004 e il 2005 tali soggetti sono cresciuti di 5.000 unità.

''La cosa importante da sottolineare - ha detto Alessandro La Monica, presidente del Di.S.TE - è che, guardando ad un orizzonte temporale più ampio, com'è giusto che sia, la crescita dell'occupazione è mediamente intorno a 25.000 unità l'anno (nel quinquennio 2000-2005 gli occupati sono aumentati di 122.000 unità) e i tassi medi di crescita del Pil non vanno oltre il 2%. Questi dati, pur essendo positivi, sono assolutamente insufficienti rispetto alle reali esigenze del territorio. La Sicilia, se vuole seguire un progetto di sviluppo serio deve attestarsi sui livelli produttivi delle regioni del nord del Paese, uscire dall'obiettivo uno, raggiungere livelli occupazionali che blocchi la fuga di quel capitale umano formato che ogni anno lascia l'Isola. Questi sono gli obiettivi che ci si deve porre in un arco temporale non eccessivamente lungo, con un percorso cadenzato da scadenze precise in termini di incremento di Pil o di occupazione''.

Se il mercato del lavoro fa piccoli passi avanti, però, altri settori economici dell'Isola fanno registrare dati meno confortanti. Una minaccia proviene dall'Oriente. I prodotti cinesi hanno fatto breccia nel mercato siciliano facendo aumentare del 165% le importazioni nell'ultimo quinquennio. Dai 29,2 milioni di euro sui quali l'Isola si era attestata nel 2000, si è passati ai 77,4 milioni registrati nel 2005. Una crescita esponenziale che sta mettendo in crisi settori come l'abbigliamento e il tessile, quello della pelle e del cuoio e delle apparecchiature meccaniche ed elettriche. Altri comparti come quello alimentare (pesce e carni) stanno intanto conquistando sempre più fette del mercato siciliano.
Il livello di consumo è rimasto pressoché invariato facendo tracciare proiezioni in positivo non superiori però allo 0,4%.
Secondo i dati del DiS.TE dunque, i consumi si attesteranno quest'anno attorno allo 0,9%. Le famiglie continuano a comprare ma attingono sempre più spesso a prestiti e a finanziarie che hanno fatto registrare un vero e proprio exploit nell'ultimo quinquennio.

Un ruolo fondamentale per lo sviluppo economico dell'Isola è ricoperto dalla politica così come ha evidenziato l'economista Pietro Busetta, presidente della Fondazione Curella e responsabile scientifico del Di.S.TE. ''Occorre dare più importanza ai temi economici - questo è stato il suo appello -. La campagna elettorale deve riprendere i temi economici che sono quasi completamente trascurati dai candidati. Un'Isola come la Sicilia che 'esporta' ogni anno 25.000 persone formate non può più tralasciare tali temi''.
''I dati confermano - ha detto Salvo Giglio della Cgil - la crudezza di una Sicilia che non cresce e non si sviluppa. Bisogna guardare alle prospettive future e all'Europa, ma bisogna guardare anche alle forti potenzialità di risorse e investimenti che provengono dalla Cina e che si allocheranno nei mercati europei pronti ad accoglierli. Dobbiamo dunque fare in modo che si sviluppino settori come: l'industria e il mercato del lavoro''
''Quello prospettato dai dati è un quadro di luci ed ombre - ha detto Claudio Barone segretario regionale della Uil -. Bisogna fare di più per cogliere le opportunità del libero scambio. La Sicilia è un importante punto d'accesso per il far-est e per l'Europa, ma occorre ancora creare servizi e infrastrutture adeguate. Noi crediamo, ad esempio, che il Ponte sullo Stretto di Messina sia un'infrastruttura utile all'economia siciliana, ma sposteremmo le nostre priorità se i fondi previsti per il Ponte fossero reinvestiti in altre infrastrutture utili allo sviluppo dell'Isola''.

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20 maggio 2006
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