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Ddl intercettazioni: un giro di vite dal governo

Per intercettare serviranno "gravi indizi di reato". Aumentano le pene per chi intercetta o pubblica senza autorizzazione

21 aprile 2010

Dodici emendamenti che di fatto riscrivono il ddl intercettazioni ora all'esame della commissione Giustizia del Senato. Li hanno presentati ieri il relatore Roberto Centaro (Pdl) e il sottosegretario alla Giustizia, Giacomo Caliendo, a nome del governo.
Tra le "novità" introdotte il ritorno ai "gravi indizi di reato", ossia: l'autorizzazione alle intercettazioni può essere chiesta quando sussistono gravi indizi di reato e "l'assoluta indispensabilità" di queste per la prosecuzione delle indagini.
Eliminando dal testo gli "evidenti indizi di colpevolezza", si può disporre intercettazioni anche nei procedimenti a carico di ignoti. Per poter intercettare, però, è necessario che l'utenza sia intestata (o effettivamente in uso) o all'indagato o a una terza persona che, già emersa dalle indagini come a conoscenza dei fatti per i quali si procede, si ritiene ne farà uso per conversazioni o comunicazioni che riguardino i fatti oggetto dell'indagine.
Il principio vale anche per le riprese visive. I luoghi sottoposti a sorveglianza devono appartenere o essere utilizzati dall'indagato o da persone diverse sempre che risultino, dalle indagini, già a conoscenza dei fatti.

L'emendamento al ddl intercettazioni prevede inoltre che "chiunque fraudolentemente effettui riprese o registrazioni di comunicazioni e conversazioni a lui dirette o comunque effettuate in sua presenza sia punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni". La punibilità, si legge ancora nella proposta di modifica, è esclusa quando dalle riprese o dalle registrazioni emerge una notizia di reato e questa viene tempestivamente comunicata all'autorità giudiziaria.
Per chi pubblica in tutto o in parte atti o documenti di un procedimento penale di cui sia vietata per legge la pubblicazione è punito con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda dai due ai diecimila euro. Se a essere pubblicato è il contenuto delle intercettazioni, si applica l'arresto fino a due mesi e l'ammenda dai quattromila ai ventimila euro. La condanna comporta anche la sospensione temporanea dall'esercizio di una professione o di un'arte. Identiche le pene per chi pubblica riprese e registrazioni.
Aumentano le pene per le talpe delle Procure, che rischiano il carcere, con una pena massima da 5 a 6 anni. Il testo dell'articolo del ddl è stato modificato in questo modo: "Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque rivela indebitamente notizie inerenti ad atti o a documentazione del procedimento penale coperti dal segreto, dei quali è venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio o servizio svolti in un procedimento penale o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza è punito con la reclusione da 1 a 6 anni di carcere".

Per quello che riguarda le autorizzazioni, sarà il tribunale a decidere l'applicabilità delle intercettazioni e non più il gip. Il tribunale nella sua valutazione non potrà basarsi su dichiarazioni rese dal coimputato in procedimento connesso, non riscontrate, né su testimonianze indirette rese da chi si rifiuta o non è in grado di indicare la fonte diretta, né, infine, su dichiarazioni rese da informatori di polizia giudiziaria non interrogati. Sempre nello stesso emendamento il governo prevede che si possa chiedere una proroga delle intercettazioni quando si ritiene, dalle indagini, che "l'attività delittuosa sia prossima a ulteriori conseguenze", oppure che si stiano per commettere nuovi reati. La proroga può avere una durata massima di 15 giorni, anche non consecutivi.
Ma, se il magistrato intercetta qualcuno che conversa con un parlamentare, sarà necessaria comunque l'autorizzazione della Giunta di Camera o Senato. L'autorizzazione dovrà essere richiesta anche se si acquisiscono tabulati di comunicazioni. E questo varrà soprattutto se si intercetta o si acquisiscono tabulati per accedere comunque "alla sfera delle comunicazioni del parlamentare". I verbali o i tabulati contenenti le registrazioni che riguardano anche un parlamentare, dovranno essere immediatamente trasmesse al procuratore della Repubblica che ne disporrà l'inserimento in un fascicolo separato conservato in una apposita sezione dell'archivio riservato. Della loro esistenza verrà data comunicazione riservata al parlamentare interessato a conclusione delle indagini preliminari.

La legge sulle intercettazioni non potrà comunque essere applicata ai processi in corso per i quali è già stata chiesta l'autorizzazione a farle, così prevede un emendamento del governo appena presentato al ddl intercettazioni. Nella proposta di modifica si chiarisce comunque che possano essere applicate immediatamente a tutti i processi in corso le norme del provvedimento relative ai divieti di pubblicazione e gli obblighi di segreto. Si differisce poi di sei mesi dall'entrata in vigore della legge l'efficacia della norma che attribuisce al tribunale distrettuale in composizione collegiale la competenza ad autorizzare le intercettazioni.

LE REAZIONI - Il presidente dei senatori Pd Anna Finocchiaro boccia gli emendamenti della maggioranza dicendo che di fatto si limita il diritto di cronaca con punizioni eccessive e non si fa nulla, invece, per prevenire la fuga di notizie. A dar maggior corpo alla contrarietà del Pd è il senatore Felice Casson, che giudica gli emendamenti presentati  "un'apertura", che però "non basta assolutamente". In particolare, Casson giudica sballata la norma che trasforma in reato il fatto che un cittadino registri una conversazione di cui è parte. "E' il cosidetto emendamento 'anti-D'Addario' - spiega Casson - ma è molto pericoloso". Durissime critiche anche dall'Italia dei Valori. "Con questo ddl - ha detto il leader Idv Antonio Di Pietro - si mette definitivamente il bavaglio alla stampa" e si creano "norme ancora più criminogene". I 12 emendamenti piacciono poco anche al segretario del Pdci Oliviero Diliberto secondo il quale "sta andando in porto un altro tassello della strategia berlusconiana contro la giustizia e l'informazione".
Critico, ma comunque disponibile al dialogo, è il presidente dei senatori Udc Giampiero D'Alia che vede di buon occhio il ritorno ai 'gravi indizi di reato' anche se ritiene che si debbano apportare "ulteriori modifiche" che sono "praticabili con uno sforzo comune".

La Federazione nazionale della stampa, che ha annunciato per il 28 aprile una manifestazione dei giornalisti contro il ddl intercettazioni, si è così espressa: "Il potere non vuole controlli: è un nuovo pesante bavaglio all'informazione".
Giudizio assolutamente negativo anche da parte del procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia, che in una intervista a Repubblica ha bollato il provvedimento come "incostituzionale". "Le norme anomale uscite dalla porta sono rientrate dalla finestra" ha detto Ingroia. "Così sarà più difficile indagare", perché anche se "si è ripristinata la dizione 'gravi indizi di reato'", sono state "aggiunte almeno altre due disposizioni che produrranno incertezze applicative e il drastico calo delle intercettazioni perché comunque devono sussistere 'indizi di colpevolezza' e non solo di reato" perché "si cita l’articolo 192 del codice penale che serve per valutare la colpevolezza a carico dell’imputato". Per un’intercettazione, insomma, "ci vorrà la stessa prova che ci vuole per condannare un imputato". Ingroia valuta poi "bizzarra" la norma secondo la quale "per intercettare una persona indagata si deve essere già certi che 'sia a conoscenza dei fatti per cui si procede' e che i risultati degli ascolti siano collegati all’inchiesta". E quando emergeranno altri reati mentre si ascolta, si chiede, "cosa succederà?". La stretta su parlamentari e loro entourage "é un’ulteriore forma di espansione dell’area di rispetto, di immunità o di impunità che non so in quale misura sia in linea con i principi della costituzione" così come lede "il diritto dei cittadini all’informazione" il 'bavaglio' alla stampa.

Ma il centrodestra stavolta è intenzionato ad andare avanti. "Entro mercoledì 28 aprile - ha avvertito il presidente della commissione Giustizia del Senato Filippo Berselli - cominceremo a votare gli emendamenti. Ho dato tempo per la presentazione dei sub-emendamenti fino a lunedì prossimo, alle ore 17".

[Informazioni tratte da Repubblica.it, Ansa, Corriere.it, Reuters.it, LiveSicilia.it]

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21 aprile 2010
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