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Decapitata la Cosa nostra agrigentina

In carcere i ''colonelli'' del boss latitante Giuseppe Falsone e un imprenditore catanese ritenuto vicino al clan

26 marzo 2010

Ennesimo duro colpo alla mafia e ai suoi collegamenti nel mondo delle imprese. Questa volta è toccato alla Cosa nostra di Agrigento con l'operazione denominata 'Apocalisse''. I carabinieri del Reparto operativo di Agrigento hanno eseguito stamane nove ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di presunti mafiosi e imprenditori vicini a Cosa nostra. L'inchiesta coinvolge appartenenti ai clan agrigentini e un imprenditore catanese accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, concorso in associazione mafiosa, intestazione fittizia di beni e riciclaggio aggravato.
Dall'indagine è emerso l'interesse del clan, che fa capo al superlatitante Giuseppe Falsone, all'appalto bandito per la costruzione e la gestione della discarica di Campobello di Licata. Il Gip di Agrigento, accogliendo la richiesta della locale Procura della Repubblica, ha disposto il sequestro preventivo della discarica di contrada Bifara-Favarotta. Secondo l'accusa nella discarica erano gestiti illecitamente rifiuti speciali come il percolato prodotto, si sarebbero compiute operazioni non autorizzate di smaltimento consistite nel convogliamento del percolato nel pozzetto di raccolta delle acque meteoriche pertinente alla vasca nr.3 e suo successivo scarico sul suolo mediante una condotta di allontanamento in un'area esterna al perimetro della discarica. Il clan, inoltre, aveva messo le mani anche sul raddoppio della statale 640 Porto Empedocle-Caltanissetta e sulla realizzazione dell'hard discount Eurospin, sempre a Campobello.

L'inchiesta è stata coordinata dai pm della Direzione distrettuale antimafia di Palermo Fernando Asaro e Giuseppe Fici. I militari hanno notificato anche una serie di provvedimenti di sequestro di beni a presunti prestanomi del boss Falsone.
Di fatto, le persone arrestate sono otto: il boss di Campobello di Licata, Giuseppe Falsone (nella foto), ancora una volta è sfuggito alla cattura. In cella sono finiti i capi dei clan: vecchi uomini d'onore come Diego Lo Giudice, 70 anni, e Giancarlo Bugea, entrambi di Canicattì (Ag). Bugea, genero dell'ex sindaco di Campobello di Licata, Calogero Gueli, era già in carcere per un'altra vicenda di mafia. Gli altri arrestati sono Francesco Giacchino Cottitto, 43 anni di Palma di Montechiaro; Calogero Paci, 35 anni e Salvatore Paci, 61 anni, entrambi di Campobello di Licata, Giovanni Marino, 43 anni di Canicattì. A Regalna (CT) i militari dell'arma hanno invece arrestato l'imprenditore Ferdinando Bonanno.
Gli arrestati sarebbero i "colonnelli" del boss Falsone. Nel corso dell'operazione sono state sequestrate due imprese riconducibili a Falsone: una edile impegnata nei lavori per il raddoppio della statale Agrigento-Caltanissetta e un'altra, sempre nel settore delle costruzioni, di Canicattì.

Durante la notte i militari hanno eseguito numerose perquisizioni nell'ambito delle ricerche del boss latitante. Giuseppe Falsone, 39 anni, figlio dell'ex capo mafia di Campobello Di Licata, un tempo "appoggiato" dal boss Bernardo Provenzano, deve scontare una condanna all'ergastolo per l'omicidio dell'assassino del padre e del fratello e una per traffico internazionale di stupefacenti.

Il Gip di Agrigento, accogliendo la richiesta della locale Procura della Repubblica, ha disposto il sequestro preventivo della discarica di contrada Bifara-Favarotta a Campobello di Licata. Secondo l'accusa nella discarica erano gestiti illecitamente rifiuti speciali come il percolato prodotto, si sarebbero compiute operazioni non autorizzate di smaltimento consistite nel convogliamento del percolato nel pozzetto di raccolta delle acque meteoriche pertinente alla vasca nr.3 e suo successivo scarico sul suolo mediante una condotta di allontanamento in un'area esterna al perimetro della discarica.
Il percolato prodotto dai rifiuti della discarica di Campobello di Licata, secondo il pm di Agrigento Santo Fornasier, almeno dal maggio 2004 e anche dopo la chiusura decretata a giugno 2008, si combinava con le acque meteoriche, creando una commistione pericolosa. Parte del percolato, inoltre, potrebbe essere finito in un torrente a valle della discarica. L'eccessiva presenza del liquido non smaltito avrebbe creato le condizioni per il diffondersi di movimenti franosi nella sponda della discarica e nella strada alla base della vasca numero due. Già nel 2006 il gestore della discarica, Giovanni Marino, della società Laes, era stato condannato per i reati legati al cattivo smaltimento dei rifiuti. Il passaggio della gestione dalla Laes alla Dedalo Ambiente, avvenuto nell'agosto 2006, non aveva risolto i problemi. La Dedalo aveva instaurato un contenzioso con il Comune di Campobello di Licata sul pagamento degli interventi di messa in sicurezza della discarica. La nuova società lamentava la mancanza di fondi per effettuare i lavori, in quanto il Comune non le aveva trasferito le somme dovute.

[Informazioni tratte da ANSA, La Siciliaweb.it]

- Operazione "Camaleonte" (Guidasicilia.it, 07/03/07)

- Cosa Nostra con tutti (Guidasicilia.it, 27/10/09)

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26 marzo 2010
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