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Dei principi non negoziabili

''Alle persone in stato vegetativo è dovuta la somministrazione di acqua e cibo, anche per vie artificiali''

15 settembre 2007

Che la Chiesa cerchi nuove vie per un ''riammodernamento'' che gli permetta di stare vicina alla proprio gente, e soprattutto vicina ai ''benedetti'' giovani sempre più in pericolo di cadere il tentazioni maligne, è un circostanza del tutto normale se prediamo come punto di partenza del discorso la sua grandezza; l'auspicio invece, che possono nutrire laici e civilissimi disinteressati alla materia religiosa, che la Chiesa adotti convinzioni relativistiche, scientifiche, e che magari abbracci  tesi abortistiche, eutanasiche o genetistiche, è assolutamente, e giustamente anche, improponibile ed impossibile.
E' infatti fuori discussione che la Chiesa, pur professandosi chiesa del dialogo, possa entrare all'interno di un dibattito comune, con scienziati e ricercatori, nella ricerca di una risposta propositiva a temi quali l'aborto o l'eutanasia. Non è questo il suo compito, quindi, per buona pace di tutti, è inutile scagliarsi contro il Vaticano quando questo parla della cessazione volontaria della gravidanza come abominevole assassinio, o parla dello stato vegetativo permanente come stato di vita dalla dignità fondamentale.

Papa Benedetto XVI, in uno dei suoi discorsi fatti durante la sua recente permanenza in Austria, ha chiaramente ribadito che l'aborto non deve essere considerato ''un diritto umano'' perché ''è il suo contrario: una profonda ferita sociale''. Papa Ratzinger si è appellato ai responsabili della politica ''affinché non permettano che i figli vengano considerati come casi di malattia né che venga di fatto abolita la qualifica di ingiustizia attribuita dall'ordinamento giuridico all'aborto''. Parole che il Papa ha utilizzato per richiamare ognuno alle sue responsabilità, Chiesa compresa: ''Io stesso - ha aggiunto - non chiudo gli occhi davanti ai problemi e ai conflitti di molte donne e mi rendo conto che la credibilità del nostro discorso dipende anche da quel che la Chiesa stessa fa per venire in aiuto alle donne in difficoltà''. Insomma, in un logico discorso da Papa, Benedetto XVI ha voluto dir che se l'aborto viene considerato elemento di diritto all'interno di una costituzione sociale, parte in causa deve essere anche la Chiesa che non ha saputo, e non sa, aiutare diversamente tutte quelle donne che vedono l'interruzione della gravidanza come unica soluzione ad un problema.

Sempre in Austria, il Papa si è detto preoccupato per il dibattito sul cosiddetto ''attivo aiuto a morire''. ''C'è da temere - ha detto - che un giorno possa essere esercitata una pressione non dichiarata o anche esplicita sulle persone gravemente malate o anziane, perché chiedano la morte o se la diano da sé''.  Discorso che è stato ripreso ieri dalla Congregazione della dottrina della Fede, in risposta ad un quesito della Conferenza episcopale degli Stati Uniti: anche se in ''stato vegetativo permanente, il paziente è una persona, con la sua dignità umana fondamentale'', e ha sottolineato ''che anche al paziente che si trova in quello stato sono dovute le cure ordinarie e proporzionate, che comprendono, in linea di principio, la somministrazione di acqua e cibo anche per vie artificiali''.
Quella del dicastero vaticano è stata una risposta, ovviamente, approvata e sottoscritta da Benedetto XVI, che ne ha ordinato pure la pubblicazione.

Per il Vaticano quindi - e non ci sembra assolutamente una posizione straordinaria - l'opportuna morte, così come la chiamava Piergiorgio Welby morto lo scorso dicembre dopo anni di completa paralisi e di respirazione artificiale, per i pazienti in stato vegetativo permanente è assolutamente fuori discussione. ''La somministrazione di cibo e acqua, anche per vie artificiali, è in linea di principio un mezzo ordinario e proporzionato di conservazione della vita''. Tale somministrazione, ha spiegato il dicastero vaticano, ''è quindi obbligatoria, nella misura in cui e fino a quando dimostra di raggiungere la sua finalità propria, che consiste nel procurare l'idratazione e il nutrimento del paziente''. Secondo l'ex Sant'Uffizio, presieduto un tempo proprio da Papa Ratziger, ''in tal modo si evitano le sofferenze e la morte dovute all'inanizione e alla disidratazione''. La nota del dicastero vaticano esamina anche il problema che grava sulle famiglia dei pazienti in stato vegetativo. ''Può costituire un onere notevole - rileva la Congregazione - il fatto di avere un parente in stato vegetativo. E' un onere simile a quello di curare un tetraplegico, un malato mentale grave, un Alzheimer avanzato''. I pazienti in stato vegetativo ''sono persone che hanno bisogno di un'assistenza continua per mesi o addirittura per anni''. Ma anche in questi casi, ''ai pazienti deve essere applicata il principio secondo cui, in caso di malattia grave, resta il diritto e il dovere di mettere in atto le cure necessarie per conservare la salute e la vita''.

Per Mina Welby, moglie di Piergiorgio Welby morto dopo 25 anni di completa paralisi dovuta alla distrofia bilaterale amiotrofica, nascondere la propria amarezza nel commentare quest'ultimo intervento vaticano è veramente difficile. ''Leggendo il documento - ha sottolineato la signora Welby - mi viene spontanea una domanda: e se il paziente è cosciente, sotto alimentazione artificiale, e non la vuole, come si può costringere? Mio marito ad esempio me lo disse chiaramente: non voglio arrivare all'alimentazione artificiale, non voglio sondini. Non si può costringere una persona a mangiare, né se è cosciente né se è incosciente''. ''A gennaio - ha infine ricordato Mina Welby - la Società Italiana Nutrizione e Idratazione artificiale ha preparato un documento, purtroppo mai reso pubblico, in cui c'è scritto chiaramente che si tratta di trattamenti straordinari, non ordinari, e come tali necessitano del consenso del paziente, perché non si può costringere qualcuno a subire cure di qualsiasi tipo''. Ma per la Chiesa cattolica, il no all'eutanasia resta un principio non negoziabile.

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15 settembre 2007
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