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Dell'Utri, assolto da una parte, tirato in ballo da un'altra

Il senatore del Pdl è stato assolto dall'accusa di tentata estorsione, ma in alcune intercettazioni...

21 giugno 2012

E' definitiva l'assoluzione del senatore Marcello Dell'Utri - perché il fatto non sussiste - dall'accusa di tentata estorsione nei confronti dell'imprenditore Vincenzo Garraffa, ex patron della 'Pallacanestro Trapani', per una vicenda nata nel 1991 e arrivata al primo processo nel 1999.
La Seconda sezione penale della Cassazione - dove per la terza volta è approdata la vicenda - ha, infatti, respinto il ricorso della Procura di Milano contro il proscioglimento emesso il 20 maggio 2011. La decisione è stata conforme alle indicazioni del sostituto procuratore generale della Suprema Corte Oscar Cedrangolo.
"Dopo venti anni di questa storia sono veramente stanco. Lo so che in un certo senso dovrei festeggiare, ma per ora apro solo una lattina di 'Coca Zero'. Comunque, alla fine, anche se molto alla fine, non mi pento di aver avuto fiducia nella giustizia", ha commentato Dell'Utri che ieri, al Senato, è stato tra i pochi che si sono opposti all'arresto dell'ex tesoriere della Margherita Luigi Lusi.
"Ampia soddisfazione" hanno espresso gli avvocati Giuseppe Di Peri e Pietro Federico, difensori storici del senatore anche nel processo per concorso esterno. "Dopo la condanna iniziale a tre anni di reclusione - hanno ricordato - abbiamo ottenuto il primo annullamento dalla Cassazione, ma poi in appello i giudici avevano applicato la prescrizione ritenendo, però, concretizzata la minaccia estorsiva". "Dell'Utri non si è, tuttavia, accontentato e l'ha impugnata ottenendo un nuovo annullamento e infine, l'assoluzione nell'appello 'tris', confermato oggi", hanno concluso.

Secondo i giudici dell'appello, che hanno scritto la sentenza passata in giudicato, l'uomo che ha creato 'Forza Italia' insieme a Silvio Berlusconi, quando era a capo di Publitalia, aveva "mobilitato due mafiosi del calibro di Virga e Buffa" per "convincere" Garraffa, allora patron della Pallacanestro Trapani, "a rispettare l'impegno", ossia la restituzione della metà dei soldi di una sponsorizzazione ricevuta e pari a un miliardo e settecento milioni di vecchie lire. Per i magistrati milanesi, però, non è stata "raggiunta la prova" che la "visita" dei due all'imprenditore fosse "idonea ad incutere timore" dati i rapporti di amicizia tra Virga e Garraffa. Nelle motivazioni del proscioglimento nel merito si legge che "il quadro probatorio acquisito (...) non consente di considerare raggiunta la prova, oltre ogni ragionevole dubbio, che la visita incriminata fosse finalizzata ed idonea ad incutere timore e a coartare la volontà" dell'imprenditore "per indurlo al pagamento ingiusto". Il quadro probatorio invece lascia "ampio spazio all'ipotesi alternativa che tale visita avesse rappresentato un tentativo di interposizione mediatoria del Virga non ostile al Garraffa, effettivamente volta (...) ad aggarbare la vertenza insorta tra la persona offesa e Publitalia". In sostanza, sintetizzava il verdetto ratificato dai supremi giudici, si può ritenere che Dell'Utri abbia "scelto i due personaggi per tentare di risolvere la vertenza non tanto o solo in ragione della loro 'mafiosita'' (...) quanto per la loro intensa precedente e coeva frequentazione 'amicale' con Garraffa".

Ma per una vicenda che si chiude, se ne apre un’altra: un’intercettazione che rivelerebbe i rapporti tra il senatore Dell’Utri e il generale dei carabinieri Mario Mori.
"Io gli ho telefonato. Veramente - mi ha detto - questi pigliano cazzi per lanterne Gli ho detto: guardi mi farebbe piacere se una sera andiamo a cena con il generale. A questo punto essendo coindagati non ce lo possono negare". A parlare, riferendo al generale dei carabinieri Mario Mori una conversazione avuta, secondo gli inquirenti, col senatore del Pdl Marcello dell'Utri, è l'ex braccio destro di Mori, Giuseppe De Donno.
Mori e De Donno sono sotto processo per favoreggiamento alla mafia e hanno ricevuto la scorsa settimana l'avviso di chiusura indagini nell'ambito dell'inchiesta sulla trattativa Stato-mafia.
In una delle tante intercettazioni depositate agli atti del procedimento, l'ex vicecapo del Ros - accusato di essere una delle menti della trattativa che, in cambio di concessioni a Cosa Nostra, avrebbe mirato alla fine delle stragi - e De Donno discutono proprio dell'inchiesta. Dalla conversazione emergono, oltre ai giudizi dei due ufficiali sull'operato della procura, i loro rapporti con il senatore del Pdl.
De Donno, in più passaggi si dice "molto felice" per l'annullamento con rinvio della sentenza di condanna del politico deciso dalla Cassazione.

Ma i due indagati, accusati di minaccia e violenza al Corpo politico dello Stato, non sembrano nutrire particolari preoccupazioni per la nuova inchiesta in cui sono coinvolti. Che Mori stigmatizza come "un tentativo (dei magistrati n.d.r.) che ha una sua fase ascendente di sopravvivenza professionale".
Citando un articolo sul Riformista dell'ex dirigente del Pci Emanuele Macaluso, poi, Mori dice: "continua a fare battaglie a nostro favore". E De Donno commenta: "Io credo che veramente tutti hanno capito come è la storia".
L'ex capitano del Ros, Giuseppe De Donno, non sapendo di essere intercettato, commenta le "rivelazioni" della vedova del giudice Borsellino, Agnese Piraino Leto, che ha raccontato ai pm lo sfogo del marito che, poco prima di morire, le avrebbe confidato che il generale Antonio Subranni, comandante del Raggruppamento, era "punciuto" (affiliato a Cosa nostra, ndr). "Io non conosco la signora Agnese però perché dovrebbe inventarsi questa cosa su Subranni? Per cui presumo che probabilmente Borsellino l'abbia pure fatta sta battuta con la signora... però bisogna vedere che cazzo intendeva lui... cioè ho tanto l'impressione che mò vogliono mettere in mezzo a Subranni come a Contrada, vogliono trovare un altro capro espiatorio a cui scaricare tutta la storia".

Ma De Donno, che parla della vicenda l'8 marzo scorso sia con un ufficiale dei carabinieri, Raffaele Del Sole, che con il generale Mario Mori (coindagato per la trattativa e imputato per favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra), di una cosa è certo: Subranni non li avrebbe mai ostacolati ("Subranni ha scoperto i corleonesi e poi che fa, dopo si è pentito? S'è punciuto?", si chiede De Donno). E non sarebbe lui "l'amico" che avrebbe tradito Borsellino, ma forse "Carmelo Canale" (un esponente dell'Arma molto vicino al giudice processato e assolto dall'accusa di mafia n.d.r.).
A raccontare la confidenza sul "tradimento" subito da Borsellino sono stati due magistrati, Alessandra Camassa e Massimo Russo. "Può darsi che sia vera sta storia - dice De Donno a Mori - però il punto è: chi gliel'ha detto a Borsellino? Ai magistrati non dice il nome e parla di un amico carabiniere. Però amico carabiniere potrebbe essere Canale". "E certo", risponde Mori. "Eh, amico era più Canale che il generale Subranni. Quindi che abbia saputo qualcosa su Canale? E questo chiaramente, visto i rapporti con Canale, può averlo sconvolto", ribatte De Donno.

[Informazioni tratte da ANSA, LiveSicilia.it, Lasiciliaweb.it]

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21 giugno 2012
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