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Dell'Utri, Schifani Cuffaro e Romano nelle mani della mafia

Le ultime dichiarazioni del pentito Stefano Lo Verso all'udienza del processo a carico del generale Mario Mori e del colonnello Mauro Obinu

26 ottobre 2011

Dopo le stragi mafiose del 1992 in cui morirono i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino Marcello Dell'Utri si sarebbe messo in contatto con gli uomini di Bernardo Provenzano.
A sostenerlo ieri in aula a Palermo, all'udienza del processo a carico del generale Mario Mori e del colonnello Mauro Obinu, è stato il pentito di mafia Stefano Lo Verso, ex boss di Ficarazzi, che lo avrebbe appreso dallo stesso Provenzano tra il "giugno e il luglio del 2004".
"Dell'Utri aveva preso il posto di Salvo Lima", ha aggiunto ancora Lo Verso, come avrebbe appreso da Provezano. Alla domanda del pm Nino Di Matteo per capire se fu Dell'Utri a cercare gli uomini di Provenzano o viceversa il collaboratore ha risposto: "Per quello che mi diceva Provenzano il contatto è sempre il politico a cercarlo con il mafioso e successivamente c'è lo scambio di cortesie". In cambio, secondo Lo Verso, nel 1994 Cosa nostra avrebbe fatto votare Forza Italia. "Me lo disse Provenzano - ha detto il pentito - che nel 1994 fece votare lui per Forza Italia in Sicilia".

Ma non è solo quello di Dell'Utri il nome tirato in ballo da Lo Verso. "Nicola Mandalà (capo mafia di Villabate, ndr) mi disse che avevamo nelle mani Renato Schifani, Marcello Dell'Utri, Totò Cuffaro e Saverio Romano", ha affermato. Il pentito ha poi spiegato: "Nicola Mandalà mi disse di stare tranquillo, perché eravamo coperti sia a livello nazionale che a livello locale. A livello nazionale con Schifani, che era collega di suo padre. A livello locale con Cuffaro e Romano".

Lo Verso ha descritto Provenzano come un uomo "umile", "semplice", che si accontentava di poco. "Pregava tre volte al giorno - ha raccontato - E una volta lo portai in chiesa a Ficarazzi per prendere l'acqua benedetta che teneva in una bottiglietta".

"Quando scoprii che l'uomo che ospitavo in casa da alcune settimane nel gennaio del 2004 era il latitante Bernardo Provenzano ho avuto paura, pensavo di avere in casa una bomba atomica, ma lui mi rassicurò dicendomi 'non ti preoccupare, non avere paura. Sono sempre stato protetto dai politici, dalle forze dell'ordine e da un potente dell'Arma. Meglio avere uno sbirro amico che un amico sbirro'".
Lo Verso sostiene che a chiedergli di ospitare nella casa della suocera a Ficarazzi (Palermo), sarebbe stato il mafioso Onofrio Morreale. "Provenzano in quella stessa occasione, per rassicurarmi - ha aggiunto Lo Verso - mi disse: 'anche se hanno arrestato Michele Aiello c'è adesso Cuffaro che mantiene i rapporti' e mi parlò del 'comitato d'informazione' fatto da Aiello, Ciuro e Riolo (l'ex imprenditore arrestato per mafia e due sottufficiali coinvolti nell'inchesta per le 'talpe' della Procura di Palermo ndr)".
"A me non mi cerca nessuno": avrebbe detto poi il boss a Lo Verso per tranquillizzarlo ulteriormente.
"Lo Stato lo sa chi ha voluto le stragi mafiose del '92" avrebbe confidato ancora Provenzano al pentito Lo Verso. "Si lamentava che non vedeva la moglie da tre anni e che non conviveva con lei da dodici anni. Quando gli chiesi perché - ha riferito - mi rispose: 'per colpa di altri. Le stragi sono state la rovina. In pochissimi sappiamo la verità: io, il mio conpaesano Riina, Andreotti e altri due che sono morti. Lima che è stato ucciso, per paura che non sopportasse il peso e Vito Ciancimino che probabilmente è stato ucciso pure".

L'udienza del processo a carico del generale Mario Mori e del colonnello Mauro Obinu, accusati di favoreggiamento aggravato a Cosa nostra per la mancata cattura del boss Bernardo Provenzano nell'ottobre del 1995, è iniziata proprio con l'audizione di Stefano Lo Verso. E' la seconda apparizione del pentito, che collabora con i magistrati dallo scorso inverno, in un'aula di giustizia. La prima volta è stato ascoltato nelle scorse settimane a Roma nel processo in cui è imputato lo stesso pentito di mafia (LEGGI).
"Nel '91 - ha detto Lo Verso - feci il concorso per autista al Ministero della giustizia e la prima prova andò bene, purtroppo la seconda prova andò male e così svanì il sogno della mia vita...". Lo Verso ha ripercorso così il suo curriculum ciriminale "iniziato dopo il 1991" a Ficarazzi, piccolo centro del palermitano. Prima di fare il concorso chiese una raccomandazione a un uomo vicino all'ambiente mafioso di Ficarazzi chiamato "il professore" ma questi gli replicò: "con questo ambiente non abbiamo contatti".
"Da quando ho iniziato a collaborare con i magistra non ho più paura, meglio morire in piedi che vivere strisciando", ha detto ancora Lo Verso. "E' stato un percorso lungo, non semplice - ha spiegato il collaboratore - Al primo posto ho messo i miei figli che non devono crescere come figli di un mafioso. Non c'è futuro per i figli dei mafiosi e neppure per i mafiosi".
Ha parlato anche di una conversione religiosa maturata nel tempo. Lo Verso ha deciso di collaborare, dopo essersi dissociato in passato, lo scorso gennaio. "Chiesi di parlare con il pm Di Matteo perché ero l'unico di cui mi potevo fidare, diffido di tutto. Il primo verbale l'ho fatto il 9 febbraio. da allora sono rinato. Prima avevo paura di tutto, ora non ho più paura di morire ucciso. Possono uccidere il mio corpo ma i miei pensieri non li può toccare nessuno".

I legali di Dell'Utri e Schifani: "Solo calunnie" - "Non merita altro che una risata - ha detto il senatore Dell'Utri all'Adnkronos - e basta". Ma i suoi legali Giuseppe Di Peri e Pietro Federico annunciano querela. "Le dichiarazioni rese al processo Mori da Stefano Lo Verso, presunto vivandiere di Provenzano, contro Dell'Utri, costituiscono l'ennesimo e calunnioso tentativo di coinvolgere il senatore in vicende politico-mafiose autorevolmente escluse anche dalla recente sentenza emessa dalla Corte di Appello di Palermo". Questo è quanto hanno scritto in una nota i legali del parlamentare del Pdl. "Inoltre l'ulteriore affermazione di Lo Verso secondo cui uomini del centro destra, tra cui Dell'Utri, sarebbero stati nelle mani di boss mafiosi, - aggiungono - contrasta in maniera stridente e oggettiva con tutta la legislazione antimafia, compreso l'inasprimento del 41 bis e l'irrigidimento delle misure di prevenzione che ha caratterizzato tutti i governi Berlusconi". "Ci si riserva, quindi, ogni adeguata iniziativa, in ogni opportuna sede, - concludono i legali - che accerti il mendacio e l'assoluta infondatezza di tali esternazioni".
Sulla vicenda interviene anche il portavoce del Presidente del Senato, Eli Benedetti e comunica che "appresa la notizia delle dichiarazioni rese oggi in una aula di giustizia di Palermo, il Presidente Renato Schifani ha dato mandato ai propri legali di intraprendere ogni attività a tutela della propria onorabilità ed immagine nei confronti del signor Stefano Lo Verso".

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ign, ANSA, Corriere.it, Il Fatto Quotidiano]

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26 ottobre 2011
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