Dello Spazio noi siamo ancora degli esploratori e non dei coloni
L'incredibile racconto di Luca Parmitano della sua prima passeggiata spaziale interrotta da un incidente
"Lo Spazio è una frontiera, dura e inospitale, in cui noi siamo ancora degli esploratori e non dei coloni. La bravura dei nostri ingegneri, e la tecnologia che abbiamo a disposizione, fa sembrare semplici cose che non lo sono, e a volte forse lo dimentichiamo. Meglio non dimenticare."
La missione Eva dell'astronauta Luca Parmitano poteva avere conseguenze tragiche, e lui lo sa bene. A più di un mese dall'incidente che il 16 luglio scorso ha costretto l'italiano a rientrare in fretta e furia nella navicella, Luca racconta sensazioni, paura e sollievo sul suo blog.
"Quando l'acqua ha ricoperto il mio naso è stata una sensazione davvero sgradevole, peggiorata dai miei sforzi, inutili, di spostare l'acqua dal mio volto scuotendo la testa. La parte superiore del casco era ormai piena di acqua, non sapevo se la prossima volta che avrei respirato dalla bocca sarei riuscito a riempirmi i polmoni di aria e non di liquido. Ad un certo punto non vedevo e sentivo niente". E' questa una parte del lungo racconto scritto dall'astronauta italiano.
Nella sua testimonianza il 37enne pilota sperimentatore dell'Aeronautica Militare, sulla Stazione Spaziale Internazionale dal 29 maggio scorso, parla in presente. "Mentre sto pensando a come svolgere in maniera ordinata il cavo sento che qualcosa non è in ordine. La sensazione, inattesa, di acqua sulla nuca, mi sorprende - e sono in posto dove preferirei non avere alcuna sorpresa. Muovendo la testa lateralmente confermo la prima impressione, e con uno sforzo di volontà sovrumano mi impongo di riferire a Houston quello che sento - sapendo che potrebbe essere la fine di questa EVA. Da terra, Shane mi conferma di aver ricevuto, e mi chiede di attendere istruzioni. Chris (Cassidy, il suo collega di attività, ndr), che ha appena finito, è ancora nei dintorni e si avvicina per cercare di vedere qualcosa e individuare la sorgente di acqua nel casco. Entrambi convinti che si possa trattare di acqua potabile dal mio contenitore, fuoriuscita attraverso la cannula, o di sudorazione".
Quante volte nei filmoni americani sullo spazio si sono viste scene da paura, finite più o meno bene. Ma questa volta non c'era nessuna controfigura e nessun ciak, solo un uomo. Parmitano e la sua paura così umana di non riuscire a raggiungere il portello della stazione spaziale e così, salvarsi. "Provo - ha scritto ancora - a contattare Chris e Shane: li ascolto mentre parlano fra loro, ma il volume è ormai bassissimo, li sento a malapena e loro non sentono me". Ed è qui che l'astronauta e il suo coraggio si ribellano. Parmitano cerca subito un soluzione: "Penso furiosamente a un piano d’azione" e poi l'idea: "Mi ricordo del cavo di sicurezza, la cui molla di riavvolgimento ha una forza di circa 3lb che mi tira verso sinistra. Non è molto, ma è l’idea migliore che ho al momento: seguire quel cavo fino all’airlock".
E così seguendo quel cavo Parmitano si fa strada verso la salvezza pensando già a un'alternativa nel caso la sua prima idea non dovesse funzionare: "Inizio a spostarmi, cercando contemporaneamente di pensare a come eliminare l’acqua se dovesse giungere fino alla bocca. Ci sarebbe una ultima carta da giocarsi, rischiosa, creare un buco nella tuta: L’unica idea che mi viene in mente è di aprire la valvola di sicurezza vicino all’orecchio sinistro: creando una depressurizzazione controllata, dovrebbe riuscire a svuotare un po’ dell’acqua, almeno finché questa, congelandosi istantaneamente per sublimazione, non dovesse bloccare il flusso. Ma creare un "buco" nella tuta spaziale è davvero l’ultima carta da giocarsi", d'altronde ci sarà un motivo se gli astronauti indossano la tuta.
Ma tra la vita e la morte il passo può essere davvero breve. E infine il traguardo. Il portellone che si avvicina e così Parmitano riesce ad entrare e a salvarsi. "A un tratto Chris mi stringe il guanto con il suo e gli faccio il segno universale di Ok con il mio".
E dopo tutte le procedure di repressurizzazione e i controlli, la consapevolezza: "Lo Spazio è una frontiera, dura e inospitale, in cui noi siamo ancora degli esploratori e non dei coloni. La bravura dei nostri ingegneri, e la tecnologia che abbiamo a disposizione, fa sembrare semplici cose che non lo sono, e a volte forse lo dimentichiamo. Meglio non dimenticare".