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Di cosa si parla quando si parla di sicurezza?

Mentre Procure e Forze dell'ordine sono in sofferenza, per la pubblica sicurezza si impiegano i soldati

31 luglio 2008

Forse sarebbe il caso di comprendere fino in fondo cosa intendono gli uomini di governo quando parlano di sicurezza. "Ce lo chiede la gente", "E' uno dei punti del programma elettorale che ci ha fatto vincere", "La popolazione si sente insicura e noi abbiamo il dovere di difenderla". Sì, forse è proprio il caso di capire di cosa si parla quando si parla di sicurezza, perché se da un lato le ricerche, i sondaggi e i dati ci dicono che il senso di insicurezza degli italiani negli ultimi anni è aumentato progressivamente, che sempre più spesso le persone associano il fenomeno criminale con quello dell'immmigrazione, che una buona percentuale di italiani vede di buon occhio gli inteventi straordinari per preservare la sicurezza pubblica (LEGGI), è pure vero che, con sempre maggiore frequenza, le istituzioni preposte alla sicurezza dei cittadini lamentano la mancanza di fondi e una sostanziale inadeguatezza del sistema giudiziario, elementi che troppo spesso vanificano il lavoro faticoso e articolato portato quotidianamente avanti dagli agenti della polizia, dai carabinieri, dalle procure e dai magistrati.

Bisogna seriamente chiedersi di che cosa si sta parlando, quando si parla di sicurezza, se il ministro della Difesa, di concerto con quello dell'Interno, manda un numero tot di soldati per le strade delle città italiane per via di una "dilagante emergenza nazionale" causata dagli stranieri, e poi i giudici non hanno la possibilità di fare le fotocopie perché manca la carta o l'inchiostro, e le pattuglie della polizia devono fare giri di controllo sempre meno ampi perché la benzina nelle auto di servizio scarseggia (LEGGI). Bisogna analizzare quale concetto si ha di sicurezza se si vogliono prendere le impronte digitali ai bambini Rom, mentre le procure della repubblica del Sud, quelle massimamente impegnate con la criminalità organizzata, hanno sempre meno pubblici ministeri e i voluminosi faldoni, nei quali sono scritti motivazioni e formule per garantire la sicurezza, rimangono fermi su di un tavole a roccogliere la polvere dei tribunali. Della "sofferenza" di queste procure stiamo per parlare...

In diverse procure delle regioni meridionali, quelle più impegnate nella lotta alla mafia, quelle insomma dove quotidianamente la sicurezza pubblica è minacciata, i pm lavorano a ranghi ridotti, per effetto della riforma Castelli che vieta l'assegnazione dei magistrati di prima nomina alle funzioni di pubblico ministero.
In Sicilia, Calabria, Campania e Puglia sono scoperti 86 posti da pm su un organico di 660. In pratica nelle sedi disagiate e meno ambite manca il 13% dei togati requirenti. La percentuale di per sè non è così alta ma provoca degli effetti di malfunzionamento a catena e tocca punte altissime nelle sedi meno appetibili.

Per questo motivo il Consiglio Superiore della Magistratura ha invitato il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, "ad adottare le iniziative legislative opportune per fronteggiare la situazione di emergenza".

In base a uno studio di Palazzo dei Marescialli, presentato ieri dai consiglieri Fiorella Pilato, Clementina Tinelli e Roberto Carrelli Palomba, l'effetto di questa disposizione si fa sentire soprattutto nelle procure meridionali. In particolare la scopertura è pari al 13% con 41 posti vuoti in Sicilia, 20 in Campania, 19 in Calabria e 6 in Puglia. Problema che riguarda, ormai, anche le Procure e i distretti del Nord (qui le scoperture raggiungono anche il 60% a Piacenza, il 75% a Pavia o il 50% a Biella).
Per quanto riguarda gli uffici vacanti da Pm, i dati resi noti dal Csm evidenziano 17 posti vuoti nel distretto di Palermo e tra gli uffici giudiziari più scoperti ci sono la Procura foggiana di Lucera (80% di posti vacanti, c'è un solo Pm su cinque), Enna col 75% di posti vuoti (presente un Pm su quattro), seguite da Nicosia (EN) e Gela (CL) col 67% e il 70%, mentre Modica, Ragusa e Sant'Angelo dei Lombardi (AV) si attestano sul 50% di scopertura.
In sofferenza ci sono anche i distretti giudiziari di Ancona, Brescia, Cagliari, Caltanissetta, Catania, Catanzaro, Genova, Lecce, Messina, Potenza e Reggio Calabria.

Dalla Procura di Reggio Calabria, il procuratore capo Giuseppe Pignatone tinge il quadro ancor più di nero e spiega: "Qui non è un problema di vacanza di posti, ma addirittura di organico insufficiente alle necessità". Negli ultimi anni (esattamente dal 2002 ad oggi) su un totale di 1047 magistrati reclutati, segnala il Csm, 618 sono stati destinati alle regioni del Sud più infiltrate dai clan. Di questi 244 sono stati destinati al ruolo di pm. E da quelle sedi tutti vogliono fuggire appena possibile: il turn over è impressionante, in media i giudici cambiano tutti ogni quattro anni.
Ad esempio, a Nicosia (EN) la percentuale di avvicendamento è del 200%, "significa che tutto l'ufficio è cambiato due volte in sette anni". Per la Calabria il ricambio dell'ufficio requirente più alto si è verificato a Rossano con il 150% di turn-over, seguito dal 113% di Locri, dal 110% di Palmi, dal 100% di Paola e Vibo e dall’89% di Catanzaro. In Sicilia le punte si assestano tra l'80 e il 200% e non sta meglio la Sardegna con dati simili almeno per Nuoro, Oristano, Tempio Pausania e Lanusei.

"Serve un provvedimento tampone per far fronte a questa situazione di emergenza - ha detto il consigliere Pilato -: servono dei passaggi graduali per adeguarsi alle prescrizioni della riforma dell'ordinamento giudiziario ed è necessario, ora, agire sul divieto di assegnazione alle Procure dei magistrati di prima nomina ed introdurre benefici economici e la garanzia di poter tornare nelle sedi di provenienza per i magistrati esperti al fine di incentivarne il trasferimento nei posti disagiati".
Secondo il il procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, "Occorrerebbe fornire un incentivo di carriera ma anche economico, come se fosse una missione, a tutti i magistrati che scelgono di andare ad occupare posti scoperti nelle varie procure del Sud". "I magistrati che decidono di andare a lavorare negli uffici del Sud - aggiunge Grasso - con la 'missione' non sarebbero penalizzati economicamente e potrebbero tornare a casa dalle proprie famiglie il fine settimana senza essere danneggiati dal costo del viaggio". "A tutto ciò - ha spiegato ancora il procuratore nazionale - si potrebbe aggiungere per chi sceglie una sede del meridione, incentivi di carriera, così come è stato fatto in passato".
Il capo della Direzione nazionale antimafia ha ricordato che: "Dopo le stragi di Falcone e Borsellino si trovarono tanti magistrati che volontariamente scelsero le procure del Sud per combattere al mafia. Occorre dunque un aiuto economico, a chi adesso vuole compiere questa scelta, perchè un'indagine sulla criminalità organizzata costituisce una delle più belle gratificazioni nell'attività professionale di un pm". 

Ecco, incentivi alle Procure e incentivi alle forze di polizia, che significherebbero incentivi alla Giustizia e alla Sicurezza. E invece, secondo le disposizioni del decreto sicurezza varato dal governo, prima di tutto vengono i militari che pattugliando le strade delle città a piedi, quindi facendosi ben vedere, dissuaderanno i criminali dai loro malaffari.
In Sicilia ne arriveranno circa 300 militari, con la prima tranche di 150 attesa per il 4 agosto. Circa la metà del contingente dovrebbe essere impiegato per presidiare i Centri di permanenza temporanea. A Trapani 20 bersaglieri presidieranno il Cpt "Serraino Vulpitta", mentre a Caltanissetta 80 militari circa si occuperanno in particolare del centro polifunzionale per immigrati di Pian del lago. A Lampedusa, dove si trova il centro per immigrati più grande della Sicilia, verrà invece impiegata l'aeronautica. A Siracusa, dove ha sede la commissione territoriale per le libertà civili e l'immigrazione, verranno impiegati 30 bersaglieri.
Inoltre, cinquanta soldati della sesta divisione Bersaglieri di Trapani saranno a disposizione della prefettura di Palermo per pattugliare il capoluogo al fianco delle forze dell'ordine, e saranno autorizzati  ad arrestare solo in flagranza di reato. Spetta alla Prefettura individuare eventuali obiettivi sensibili e la necessità di circolare armati. A Catania 90 militari saranno impiegati in compiti di sicurezza. Sarebbe questo, secondo quanto si apprende, il loro impiego: pattuglierebbero la città, disarmati, assieme a un poliziotto o un carabiniere. Per il momento è esclusa la loro presenza a vigilare obiettivi 'sensibili' e il loro impiego, nella prima fase, sarà riservato esclusivamente alla città di Catania. Al momento gli altri capoluoghi (Agrigento, Enna, Messina e Ragusa) risultano scoperti.

[Informazioni tratte da La Siciliaweb.it, La Gazzetta del Mezzogiorno.it]

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31 luglio 2008
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