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Di fumo si muore. L'Ente tabacchi italiani dovrà versare 200mila euro ai familiari di un tabagista

''Il fumo nuoce gravemente alla salute'' dei fumatori ma fa bene alle tasche delle multinazionali

11 marzo 2005

Per la prima volta in Italia un produttore di sigarette è stato condannato a risarcire i parenti di un tabagista morto a causa del fumo. Duecentomila euro: questa la cifra che l'Ente tabacchi italiani (Eti) dovrà versare ai familiari di Mario Stalteri, morto nel 1991, per le omissione legate alla mancata informazione ai consumatori dei pericoli derivanti dal fumo.
La sentenza è stata emessa dalla prima sezione civile della corte di appello di Roma.

La decisione del collegio presieduto da Claudio Fancelli chiude un contenzioso aperto nel 1994 dai familiari di Stalteri contro l'Eti (successore dei Monopoli di Stato ed ora denominato, dopo la privatizzazione, British - American Tobacco Italia).
In primo grado, nell'aprile del 1997, il tribunale civile respinse la domanda di risarcimento ritenendo che la causa del decesso fosse da attribuirsi ad una scelta volontaria di Stalteri di fumare. La vedova del fumatore, Paola Giacalone, ed il figlio Marcello si rivolsero alla magistratura lamentando la mancata comunicazione ai consumatori di sigarette dei ''gravi pericoli derivanti dal fumo''.
La corte di appello civile della capitale ha ritenuto, come spiegano i legali dei familiari di Stalteri, Giulio Ponzanelli e Vincenzo Zeno Zencovich, che la produzione e la messa in commercio di sigarette sia un'attività pericolosa per la salute umana. Il produttore, per i giudici, deve quindi adottare tutte le misure idonee ad evitare i danni ai consumatori. Nel corso del procedimento una consulenza medica stabilì che il tumore che aveva colpito Stalteri era riconducibile al fumo.
La sentenza, oltre a dichiarare inammissibile l'intervento in giudizio del Codacons, ha condannato l'Eti anche a pagare agli eredi Stalteri 20mila euro di spese legali nonché tutte le spese della consulenza medica.

''A questo punto - ipotizza il presidente della Prima sezione civile della Corte d'appello di Roma - arriveranno tante cause per la richiesta di risarcimento ma bisognerà valutare caso per caso e, soprattutto, per accordare un risarcimento sarà necessario avere elementi di alta probabilità''.
L'Ente tabacchi ha già annunciato il ricorso in Cassazione per ribaltare il verdetto. Ma il giudice non nutre grandi dubbi. ''A mio avviso - ha affermato Fancelli - le motivazioni che entrano nel merito saranno difficilmente soggette a ribaltamento. E poi - ha ribadito - le varie indagini svolte non lasciavano spazio a dubbi sul fatto che il principale imputato della morte fosse il fumo''.

Per la British-America Tobacco Italia (Bat): ''Non può essere imputata all'Eti la responsabilità per fatti precedenti al 1991 e posti in essere da un soggetto diverso''. ''Condannando l'Eti - si legge in una nota di Bat Italia - si contraddice il principio che la responsabilità per fatto illecito non può essere ereditata''. ''Le attività di produzione e commercializzazione del tabacco - prosegue - erano di esclusiva competenza dell'Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato e per questo la Bat ricorrerà in Cassazione''.
Ma nella motivazione della sentenza è stato chiarito che l'Eti deve essere chiamato a rispondere perché con l'acquisizione avvenuta nel '98 è subentrato in tutti i rapporti attivi che passivi facenti capo ai Monopoli di Stato.
In particolare la Corte d'Appello di Roma ha ritenuto responsabile l'Ente di non aver adempiuto all'obbligo che gli incombeva, quale produttore, di una corretta informazione sugli effetti nocivi del fumo sulla salute.
 
E mentre per l'Italia è questa una condanna storica, in America per la Philip Morris i problemi giudiziari si susseguono numerosi.
Stavolta ad attaccare la multinazionale del tabacco è stata la rivista americana ''Pediatrics'' che dopo un'attenta analisi di oltre 40.000 documenti, è giunta alla conclusione che la Philip Morris ha pagato alcuni ricercatori per far circolare una voce che minimizzava gli effetti del fumo passivo sulla sindrome infantile da morte improvvisa (Sudden Infant Death Sindrome o SIDS) e che l'unica vera causa è il fumo della madre durante la gravidanza. Diversi studi avevano invece dimostrato che il fumo passivo, sia prenatale che postnatale, è tra i fattori più importanti che portano alla SIDS.

Tra il 1997 e il 2001, in 19 riviste scientifiche comparvero degli studi che avevano utilizzato i dati e le conclusioni della ricerca alterata dalla Philip Morris.
Per l'autore del nuovo studio, Stanton Glantz, direttore del Center for Tobacco Research Control dell'Università della California, la multinazionale del tabacco avrebbe dapprima cercato e finanziato un autore, per poi condizionarne la ricerca e suggerire alcuni rettifiche alle conclusioni finali. Tale "intervento" sarebbe così servito a svalutare i risultati degli studi precedenti, che già attribuivano al fumo passivo una grande influenza sulla SIDS. Oltre al Center for Tobacco Research Control dell'Università della California, hanno collaborato alla nuova ricerca i Centers for Disease Control di Atlanta.

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11 marzo 2005
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