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Difendiamo la ricerca e i ricercatori

Precari, bistrattati e puniti ingiustamente, ma come sarebbe brutto il nostro quotidiano senza il lavoro dei ricercatori

15 novembre 2008

I ricercatori... questi sconosciuti. In questi mesi li abbiamo visti sovente in piazza per protestare contro i tagli alle università e contro i tagli e le non riuassunzioni nel precariato. La speranza è quella che adesso, conoscendoli tutti un po' meglio, si prenda veramente a cuore il loro destino e si faccia concretamente e democraticamente qualcosa affinché l'Italia non perda l'inestimabile ricchezza che i ricercatori rappresentano e si impoverisca irrimediabilmente.
Alla manifestazione nazionale di ieri che si è svolta per le strade e le piazze di Roma, uno dei cartelli più divertenti, e - secondo noi - più significativi, che si poteva leggere era tenuto proprio da un ricercatore precario, questo recitava: "Berlusconi se hai i capelli è solo grazie alla ricerca".
Ecco, dietro la ricerca e i ricercatori c'è tutto il nostro quotidiano, dagli utensili che usiamo per cucinare alle scarpe che indossiamo per andare a correre, dalla nostra incolumità fisica alla nostra salute fisica e mentale.
Di seguito vogliamo riporate due articoli che dimostrano quanta eccellenza esiste nella ricerca italiana, e nella fattispecia in quella siciliana, e quante belle speranze possiamo (o potremmo) riporre nel nostro futuro se solo la politica riuscisse a comprendere profondamente che il vero investimento con il quale c'è solo ed esclusivamente da guadagnare è quello rivolto alla ricerca e ai nostri cari, meravigliosi ''cervelli''.


Dal wi-fi per il vino ai limoni curativi... - Ogni anno in Sicilia un esercito di oltre 5.600 cervelli, tra docenti, ricercatori e tecnici di laboratorio, dedica alla ricerca complessivamente 32.353 mesi. Altri 7.089 mesi vengono, invece, impiegati per trasferire le conoscenze tecnologiche dagli istituti di ricerca alle azienda. Sono questi i numeri che emergono da un'indagine sul Sistema innovativo siciliano (Sis), elaborata dall'Ipi, l'Istituto di promozione industriale.
L'indagine, presentata la scorsa settimana a Palermo, si inserisce nell'ambito di Resint, il programma per la creazione di una "Rete siciliana per l'innovazione tecnologica", promosso dall'Assessorato regionale all'Industria e realizzato oltre che da Ipi (Istituto per la promozione industriale), anche da Fondazione Censis e Unioncamere Sicilia.

Il panorama che emerge dall'indagine evidenzia una consistente presenza di risorse umane dedicate alla ricerca e al trasferimento tecnologico. Nel complesso il numero di professori, dirigenti di ricerca e ricercatori è superiore a tremila; a questi vanno aggiunti 1.955 tra dottorandi e dottori di ricerca, assegnasti e titolari di altri borse di studio, e 624 tecnici di laboratorio.
Le strutture prese in considerazione dagli analisti dell'Ipi sono in tutto 270. Il 60% è rappresentato dai dipartimenti universitari e poco più del 30% da centri di ricerca pubblici o privati.
Il 72% delle strutture analizzate è coinvolto in attività di ricerca di base, l'88% dichiara di svolgere attività di ricerca applicata e la percentuale sale fino al 93% se si considera la formazione rivolta a studenti e ricercatori. A livello di province, a fare la parte del leone sono Palermo, Messina e Catania, le tre città siciliane dove si concentrano i poli universitari e i centri di ricerca.

Spaziando dalla biotecnologia alla meccanica avanzata, i progetti censiti presso le strutture di ricerca sono in tutto 618. Di questi 353 sono finalizzati all'innovazione di prodotto, 297 all'innovazione di processo e 101 all'innovazione organizzativa e 66 all'innovazione di mercato.
I ricercatori sono al lavoro su progetti come strumenti oceanografici e di acustica marina, monitoraggio della produzione vitivinicola con reti wireless, riciclo meccanico del Tetrapak o sviluppo di un succo di limone funzionalizzato per la cura dei calcoli renali. E questi solo per citare qualche esempio.
Elementi incoraggianti emergono, poi, analizzando i dati relativi a brevetti e spin-off. "Le strutture di ricerca, infatti - ha detto Valentino Bolic, direttore programmi comunitari dell'Ipi -, sono sempre più interessate a generare brevetti e a dare vita a iniziative di spin off. Si sono così rilevati 92 brevetti, per 22 dei quali è stato concesso l'utilizzo in licenza".
Il boom di brevetti è nei settori ad alta intensità tecnologica: l'Istituto di biomedicina e immunologia molecolare "A. Monroy" del Cnr ha depositato 12 brevetti, il dipartimento di chimica e tecnologie farmaceutiche dell'università di Palermo ne ha depositato 11, il dipartimento di ingegneria elettrica elettronica e dei sistemi (Diees) dell'università di Catania ha depositato 9 brevetti.
Buona anche la performance degli spin off: 25 in tutto spalmati tra dall'Industrial liaison office dell'università di Messina, dall'Istituto per l'ambiente marino costiero del Cnr di Mazara del Vallo, da Innova Bic spa e, infine, dal dipartimento di metodologie chimiche e fisiche per l'Ingegneria dell'università di Catania.

"Si tratta - ha spiegato Giuseppe Roma, direttore generale del Censis - di un fenomeno in crescita, cui le università hanno dedicato impegno e risorse finanziarie e organizzative, con la costituzione di commissioni brevetti, l'attivazione di convenzioni con studi specializzati in proprietà industriale, l'accreditamento di start up come spin off universitari, nei quali l'università è parte della compagine societaria". "Il primo motivo per cui si innova - ha concluso Roma - è per rispondere alle esigenze del mercato. In Sicilia un grosso impulso viene dai contributi pubblici che però non saranno eterni. Per questo bisogna imparare a camminare da soli e potenziare il dialogo con le università"

Da Catania entusiasmanti scoperte anticancro - Un team di ricercatori italiani ha scoperto che l'aumento correlato nel sangue di due proteine, osteopontina e metalloproteasi-9, rappresenta uno dei primi segnali della presenza di un cancro della prostata, terza causa di morte per tumore in Italia, e si rileva anche se le lesioni maligne sono ancora di dimensioni microscopiche. Il livello delle due proteine, inoltre, va di pari passo con l'aggressività tumorale e ciò consente di monitorare la progressione della malattia.
L'importante scoperta del ruolo combinato delle due proteine, che dovrebbe consentire una diagnosi precocissima aumentando in maniera esponenziale l'efficacia delle terapie, è stata fatta da quattro ricercatori italiani, Massimo Libra, Grazia Malaponte, Giancarlo Castellano e Silvana Canevari, con la collaborazione di altri studiosi del Dipartimento di Scienze biomediche dell'Università di Catania e del gruppo di Terapie molecolari dell'Istituto tumori di Milano e il supporto della Lega italiana per la lotta contro i tumori (Lilt).

I risultati dello studio, pubblicato oggi sulla prestigiosa rivista scientifica americana Clinical Cancer Research, dovranno ora, come sottolinea la professoressa Franca Stivala, direttore del Dipartimento di Scienze biomediche dell'ateneo catanese "essere ulteriormente validati, e gli autori si sono già attivati per stabilire collaborazioni internazionali a questo scopo". Lo studio infatti ha finora coinvolto oltre duecento soggetti, tutti siciliani, con età compresa tra i 47 e gli 80 anni.
"Questo importante successo - afferma Carlo Romano, presidente della sezione catanese della Lilt - fa ben sperare anche per un'altra ricerca supportata dalla nostra associazione e finalizzata all'individuazione di marcatori precoci del cancro dell'utero. Il progetto è coordinato ancora dal dottor Libra e dalla dottoressa Aurora Scalisi, responsabile dell'Unità di screening ginecologico dell'Azienda del territorio di Catania".
Anche il preside della Facoltà di Medicina di Catania, il prof. Francesco Basile, ha sottolineato l'eccezionalità della scoperta affermando: "questo risultato, che ha ricadute cliniche importantissime, conferma l'eccellenza raggiunta da studiosi della nostra Università da anni impegnati nella ricerca oncologica"

[Informazioni tratte da La Siciliaweb.it]

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15 novembre 2008
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