Dimenticati in un periodo così importante...
I parenti delle vittime del terrorismo soffrono di più rispetto a quelli delle vittime della mafia?
E' veramente triste pensare che in un momento così importante per Palermo e per tutta la Sicilia, un momento in cui la lotta alla mafia sta portando a casa risultati così grandi da far credere sul serio che la tanto agognata svolta si stia attuando, lo Stato si dimentichi di quelle persone che per lottare contro Cosa nostra sono morti. E' un pugno allo stomaco, uno smacco crudele e beffardo...
Da giovedì scorso alcuni familiari di vittime della mafia si sono incatenati davanti alla Prefettura di Palermo per protestare contro la mancata approvazione di un emendamento della Finanziaria che equipara le vittime di Cosa nostra a quelle di terrorismo. In Sicilia vengono arrestati boss, sequestrati beni per milioni di euro, viene spezzata l'omertà che fino a ieri copriva indissolubilmente l'omertà sul pizzo, eppure vedove, figli, fratelli di agenti di scorta morti nelle stragi o di esponenti della società civile assassinati dalla mafia, si ritrovano costretti ad inscenare clamorose proteste, sbigottiti e profondamente offesi da un'insensibilità incomprensibile, da un incoerenza imperdonabile. La politica invita l'uomo comune a trovare il coraggio di spezzare le catene della criminalità, mentre non riconosce le difficoltà di quella gente che, proprio per non voler sottostare a quelle catene, per amore verso la verità e la giustizia, ha visto distrutta la propria esistenza.
Le persone lì incatenate nei giorni scorsi hanno applaudito la polizia mentre passava coi Lo Piccolo in manette, ha testimoniato a testa alta davanti le televisioni e parlando coi giornali alla cattura di Bernardo Provenzano; non si sono mai nascosti e non hanno mai abbandonato gli insegnamenti lasciati loro dai quei cari che hanno fissato dritto negli occhi la mafia senza mai abbassare lo sguardo. Tra di loro Sonia e Fulvio Alfano, figli di Beppe, il giornalista ucciso l'8 gennaio del '93; i genitori di Nino Agostino, il poliziotto assassinato assieme alla moglie Ida, che era incinta, il 5 agosto del 1989; Tina Martinez, vedova dell'agente di scorta Antonio Montinaro, trucidato nella strage di Capaci del 23 maggio 1992; Giuseppe e Antonio Castelbuono orfani di Salvatore, vigile urbano, agente sotto copertura dei servizi segreti, assassinato dalla mafia, a Bolognetta, nel 1978; Giuseppe Ciminnisi, figlio di Michele, semplice cittadino ucciso accidentalmente da un proiettile diretto ad un boss agrigentino; Antonio Vullo, scampato miracolosamente alla strage in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della scorta.
Sonia Alfano, che fa da portavoce dei familiari, parla di una ''beffa da parte dello Stato che dopo tante promesse continua a discriminarci e mortificarci''. Eppure avevano ricevuto ampie assicurazioni circa l'approvazione dell'emendamento. ''Non è una questione economica - ha ribadito più volte la figlia di Beppe Alfano - è una questione di giustizia, perché non possono esistere vittime di serie A e vittime di serie B''. ''Non ci muoveremo di qui - ha detto ancora Sonia Alfano - fino a quando non riconosceranno i nostri diritti. Non ci interessa che ci diano i soldi assegnati finora ai familiari delle vittime del terrorismo; ci basta lo status. Quando ci saranno i fondi se ne riparlerà. E' una questione di principio''.
I familiari delle vittime nei giorni scorsi hanno ricevuto la solidarietà del presidente di Libera Don Luigi Ciotti e sono stati anche ricevuti dal prefetto di Palermo Giosuè Marino, che tanto sta facendo per la lotta alla mafia.
''Lanciamo un appello ai vertici di Cosa Nostra perché si pentano e dichiarino pubblicamente le finalità terroristiche della loro organizzazione''. Questa la provocazione lanciata dai parenti delle vittime. Visto che lo Stato è insensibile alle loro legittime richieste, provocatoriamente si sono rivolti alla mafia che ''nei nostri confronti è stata equanime dispensando lutti e dolore tra tutti noi'', hanno detto.
Ci tengono a precisare che non si tratta di una questione economica anche se la differenza nelle elargizioni c'è: 75 mila euro una tantum, a famiglia, alle vittime di Cosa nostra, contro i 200 mila a chi ha perso un congiunto per mano del terrorismo. E ancora scivoli pensionistici, vitalizi più alti del triplo.''Una differenza di trattamento inspiegabile - dice Antonio Castelbuono - soprattutto alla luce della normativa. Nel 2000 la finanziaria equiparava lo status di vittima della mafia a quello del terrorismo; poi nel 2004 una nuova legge ha distinto le due posizioni''. Differenze che appaiono ancor più oscure in alcuni casi: come in quello dell'eccidio di Capaci. L'autista Giuseppe Costanza, del giudice Falcone, scampato alla morte, è considerato vittima del terrorismo, Antonio Montinaro, no.
Differenze incomprensibili e che addolorano, così come addolora l'indifferenza dei media lamentata dai familiari delle vittime. ''Sono indignata per il silenzio dei media e delle istituzioni''. Ad esprimere ''rabbia e dolore'' per il disinteresse verso i familiari di ''chi ha sacrificato la propria vita per lo Stato'' è Rosaria Costa, vedova di Vito Schifani, uno dei tre agenti di scorta trucidati nella strage di Capaci. Fu lei, dal pulpito del Pantheon di Palermo, a pronunciare durante i funerali un appello accorato, rivolgendosi direttamente ai mafiosi: ''Io vi perdono, ma voi dovete inginocchiarvi se avete il coraggio di cambiare''. Aggiungendo subito dopo tra i singhiozzi: ''tanto loro non cambiano...''.
Rosaria, che oggi vive al Nord e si è rifatta una vita, ma non ha dimenticato. Per questo dice di volere manifestare tutta la propria solidarietà a chi ha condiviso il suo stesso dolore: ''Tra loro - ha ricordato - c'è Tina Montinaro, moglie di Antonio, il capo scorta di Vito, anche lui morto a Capaci''. La vedova Schifani ha criticato anche il ''silenzio'' di Maria Falcone: ''Non ho sentito nessuna dichiarazione da parte sua. Eppure i nostri cari sono morti come suo fratello, anzi loro sono stati fatti a pezzetti...''. Rosaria non ha risparmiato nemmeno una stoccata nei confronti della città che ha abbandonato subito dopo la tragedia: ''Mi illudevo che Palermo fosse cambiata, speravo in una città più unita di fronte a vicende come questa che suscitano indignazione e rabbia. Evidentemente mi sbagliavo''.
Parole che fanno veramente male...
Nonostante tutto, alcuni politici (il deputato del Pd Giuseppe Lumia, il parlamentare regionale di An Salvino Caputo, il leader dell'Ulivo all'Ars Rita Borsellino) hanno portato la loro solidarietà ai manifestanti. Da ultimo il governatore Salvatore Cuffaro che ha promesso che sarà ogni mattina con loro a manifestare e ha sottolineato che chiederà al governo nazionale di ''non creare vittime di serie A e quelle di serie B''. A chiedere una parificazione delle due condizioni è stato anche il presidente dell'Antimafia Francesco Forgione, mentre Palazzo Chigi assicura che è allo studio la possibilità di pervenire a una equiparazione dei benefici ''fin dalla Finanziaria 2008'' in votazione questa sera alla Camera.