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Disposizioni, minacce, ''pizzini'' e avvertimenti. Dal carcere di Palermo la mafia comanda

Aperta un'inchiesta sui colloqui facili tra i boss del braccio di alta sicurezza del carcere Pagliarelli

20 maggio 2005

Palermo, così i boss comandano dal carcere
di Alessandra Ziniti (la Repubblica, 19 maggio 2005)
 
Il sistema è semplice e collaudato: mogli, sorelle, fratelli prendono il turno per il colloquio lo stesso giorno, uno dietro l'altro. Il parlatorio è a sei posti. I boss detenuti nel braccio di alta sicurezza, si ritrovano da una parte, uno accanto all'altro. I loro familiari dall'altra. In mezzo il vetro divisorio per evitare il contatto fisico. Le microspie registrano, le telecamere filmano. Ma loro non se ne curano. Il tempo di un rapido saluto a mogli e sorelle, poi i familiari si scambiano il posto.
Un boss detenuto si ritrova davanti il fratello minore a cui dare disposizioni e mostrare bigliettini, l'altro discute con una giovane donna, "battezzata" sul campo, di tangenti ed estorsioni. Sanno di essere intercettati, quando devono dirsi cose delicate si alzano, superano il vetro divisorio con un abbraccio e si parlano all'orecchio. I detenuti scrivono ''pizzini'' e ricevono involucri. Si muovono con assoluta disinvoltura, nessuno interviene.

Lo scandalo dei colloqui facili tra i boss mafiosi del braccio di alta sicurezza del carcere Pagliarelli di Palermo è in due cd dei quali Repubblica è in grado di mostrare il contenuto. Diciassette minuti il primo, nove il secondo, trasmessi alla Direzione dell'amministrazione penitenziaria per l'adozione di provvedimenti disciplinari su ordine della corte d'Assise di Palermo presieduta da Giancarlo Trizzino. I due sconcertanti filmati sono stati recuperati dal pm Michele Prestipino su indicazione di una delle due neo-pentite di mafia, Carmela Iuculano, la moglie del boss di Cerda Pino Rizzo che ha deciso di collaborare con la giustizia per garantire un futuro ai suoi tre figli.
''A Pagliarelli - ha raccontato Carmela - facevamo sempre i colloqui multipli. Tutte le settimane mi mettevo d'accordo con i familiari degli altri parenti di mio marito, tutti detenuti lì durante il processo. Da una parte sedevano loro, dall'altra noi. Poi ci spostavamo e parlavamo tutti insieme''.
E telecamere e microspie? E le guardie carcerarie? Niente. Un certosino lavoro di verifica da parte del pm Prestipino e le registrazioni dei ''colloqui multipli'' sono saltate fuori.

Eccone due: 11 e 24 marzo. Ecco il boss di Cerda Pino Rizzo, di fronte a lui, per non più di un minuto, c'è sua moglie Carmela. Ecco gli altri due capimafia, Rosolino Rizzo e Salvatore Rinella. C'è un'altra ragazza, un paio di bambini. Subito il primo scambio di posto. Carmela lascia il posto al fratello di suo marito, Angelo. E il boss intercettato dalla microspia piazzata nel vetro divisorio va subito al sodo: ''Io all'avvocato gli ho dato i soldi per andare là a sentire i pentiti. Vuoi sapere perché?''. Il boss fa un cenno, i due si alzano, superano il vetro e si abbracciano parlandosi all'orecchio per neutralizzare la microspia. Poi il colloquio riprende: ''Se quello arriva a parlare noi siamo consumati, tutti. Diglielo al papà, che non capisce niente. Quello è un infame, se parla ci possiamo anche gettare tutti quanti dalla finestra''.
Nel posto accanto, Carmela è in trattative con l'altro capomafia, Rosolino Rizzo, chiede uno sconto per il pizzo che la cosca pretende da suo padre. ''Vediamo, ora vediamo'', la rassicura il boss. Anche loro si abbracciano e si parlano all'orecchio. Poi compare un ''pizzino'', Pino Rizzo lo mostra al fratello attraverso il vetro divisorio, quindi lo fa in mille pezzi e li butta in un sacchetto. Una carezza sulla testa al bambino e un involucro supera il vetro divisorio. Il boss sembra sicuro, dice al fratello: ''Ora vediamo come va sto processo, di qua dobbiamo uscire. Io esco bello riposato, non è che ho da lavorare qua, solo mangiare e dormire, fra due o tre mesi siamo fuori''.
Ultimo cambio di posto, Carmela si ritrova davanti a suo marito. Gli dice: ''Se mi vuoi rimango, se no me ne vado in qualche altro banco''.

(Foto: la Repubblica)

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20 maggio 2005
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