DOGVILLE
Lars Von Trier, utilizzando le capacità meravigliose della Kidman, sovverte i precetti del suo stesso DOGMA
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DOGVILLE
di Lars Von Trier
A Cannes ha diviso la critica, unanime su un solo punto: Nicole Kidman è sempre più brava. Fondendo cinema, letteratura e teatro il fondatore del Dogma ha realizzato un cupo affresco sulla malvagità umana raccontando la storia di una fuggiasca che cerca riparo nella piccola comunità di Dogville. Un luogo irreale, non solo perché le case e le strade sono solo disegnate col gesso, ma soprattutto perché gli abitanti sembrano tutti pronti ad aiutarla.
Stati Uniti, inizio anni Trenta. Una giovane ed affascinante donna in fuga, Grace, arriva a Dogville, in un piccolo centro di provincia, inseguita da un gruppo di gangsters. Di lì a poco la sua presenza sconvolgerà la tranquilla esistenza della comunità locale. I cittadini incoraggiati da Tom acconsentono, infatti, a nascondere la donna e in cambio lei accetta di lavorare per loro. Ma quando gli inseguitori cominciano a cercarla insistentemente in città, gli abitanti pretendono qualcosa in più. Grace ha però un segreto, e presto Dogville si pentirà di averle girato le spalle.
Distribuzione Medusa
Durata 170'
Regia Lars Von Trier
Con Nicole Kidman, Stellan Skarsgard, Siobhan Fallon
Genere Drammatico
La critica
"Ogni generazione conta due - tre cineasti eccezionali. Von Trier (con Kitano, con Scorsese..) è uno di questi e il suo film ci stupisce una volta di più. In un certo senso 'Dogville' ribalta 'Dogma', il manifesto del '95: al posto dei luoghi autentici, della luce naturale e degli attori spontanei una scenografica convenzionalizzata come a teatro, luci artificiali, una superstar. Il film è diviso in nove capitoli e un prologo, come un romanzo, e raccontato dalla voce di un narratore onnisciente. Forse sono gli strumenti linguistici di un nuovo corso, che Lars chiama 'cinema fusionale' (cinema + teatro + letteratura), perfettamente funzionali alla realizzazione di un'atroce, magnifica parabola sui rapporti sociali. (...) Un film da Palma d'oro, dove Von Trier sfrutta al meglio il talento della Kidman: mostrare un viso d'angelo, facendo affiorare per gradi tutta la ferocia del personaggio".
Roberto Nepoti, la Repubblica, 20 maggio 2003
"L'ultima follia di Lars Von Trier è un film lungo tre ore, buio e bisbigliato, tutto girato in teatro di posa ma senza scenografie. C'è qualche mobile, ci sono i costumi e i rumori d'ambiente. Ma non ci sono gli ambienti. Niente case, niente strade, alberi o pareti. Solo segni e scritte per terra: casa di Chuck, viale degli Olmi, cespugli, etc. Quanto basta a creare Dogville, piccola città mineraria Usa negli anni della Grande Depressione. Ma non è una semplice follia. E' la premessa, geniale, di un film che non lascia nulla come prima. Né per il cinema né per il suo autore. (...) La grandezza di 'Dogville' sta anche nella sapienza dello script, nel cast, nella scelta di girare in Danimarca ma in inglese. Perché un paese è la sua lingua e c'è più America in Lauren Bacall, Ben Gazzara, James Caan, Chloe Sevigny, che in tutte le Montagne Rocciose. Dopo tutto, l'America è anche un luogo dell'anima. Il luogo in cui, oggi, i meccanismi del Potere sono più macroscopici. E riproducibili".
Fabio Ferzetti, Il Messaggero, 20 maggio 2003
"Commuove soltanto la faccia di Nicole Kidman, bella, pesta, infinitamente stanca e delusa; per il resto 'Dogville' conserva una freddezza distante, anche se gli attori sono tutti bravissimi. Lars von trier, che ha diretto pure la fotografia lavorando con la macchina a mano, intende lanciare con 'Dogville' il 'cinema fusionale', mix di teatro, letteratura e cinema".
Lietta Tornabuoni, La stampa, 20 maggio 2003
In concorso al Festival di Cannes 2003