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Dolce epilogo di una esecuzione...

In Iran un uomo condannato a morte è stato ''salvato'' in extremis dai familiari della sua vittima

10 dicembre 2008

La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani compie oggi 60 anni...
Articolo 5 - Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamento o a punizione crudeli, inumani o degradanti.

Un uomo condannato a morte in Iran è stato lasciato pendere a lungo dalla forca prima di essere deposto ancora vivo, ma con probabili danni irreversibili al cervello e alla spina dorsale, per volere dei familiari della persona che aveva ucciso, che hanno accettato denaro per salvarlo solo in extremis.

L'episodio è avvenuto domenica scorsa a Kazerun, città nel sud del Paese, secondo quanto scrive l'agenzia Irna, che titola la notizia "Dolce epilogo di una esecuzione".
Un epilogo arrivato però dopo che il condannato, secondo la stessa agenzia, era rimasto appeso "per alcuni minuti". Un tempo sufficiente per subire danni irreversibili. Il procuratore della Corte rivoluzionaria di Kazerun ha detto che l'uomo è stato ricoverato in ospedale, ma non ha fornito particolari sulle sue condizioni.
In un analogo episodio avvenuto lo scorso anno a Bandar Abbas, vicino allo Stretto di Hormuz, il condannato aveva riportato danni irreversibili al cervello, dopo essere stato lasciato appeso per alcuni secondi. Secondo i dettami della legge islamica vigente in Iran, il condannato a morte per omicidio ha salva la vita se i famigliari della vittima gli concedono il "perdono", in cambio di un risarcimento in denaro. I congiunti dell'ucciso che decidono di fermare l'esecuzione lo fanno normalmente nei giorni precedenti, o in alcuni casi fino a pochi istanti prima, quando il condannato è già sul patibolo con la corda al collo. Ma in questo caso, evidentemente, i parenti della vittima hanno voluto assaporare la sofferenza del condannato, prima di fermare l'esecuzione e intascare il denaro.

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10 dicembre 2008
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