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Dolorose storie di aborto

Ammonterebbero a 20 mila gli aborti clandestini in Italia. Una dato in calo

25 giugno 2008

CALTANISSETTA - La Corte d'Appello di Caltanissetta ha condannato l'azienda ospedaliera "Vittorio Emanuele" di Gela a risarcire i danni (calcolati in 80mila euro) ad una donna che ha dato alla luce il  suo terzo figlio, malgrado le fosse stato garantito che l'interruzione volontaria della gravidanza era avvenuta con successo. Una vicenda che risale al 1999 quando una casalinga gelese di 40 anni, madre di due figli e in precarie condizioni di salute, si accorse di essere incinta. La donna non se la sentiva di portare avanti la gravidanza: troppo pericolosa, sia per l'età sia per le malattie che la stavano assillando in quelle settimane. Ne parlò con il medico di famiglia, con ostetrici e assistenti del consultorio familiare. Infine, d'intesa col marito, un operaio di 45 anni, decise di abortire.
All'ospedale di Gela, all'epoca, i medici della divisione di Ostetricia e Ginecologia erano tutti obiettori di coscienza. L'interruzione della gravidanza fu eseguita da un sanitario convenzionato esterno.
Sulla cartella clinica ospedaliera fu riportata la perfetta riuscita dell'intervento. Nessun controllo post-operatorio però sarebbe stato eseguito o prescritto alla paziente, che, alcune settimane dopo, accusando nuovamente i sintomi della gravidanza, si rivolse a un ginecologo privato. Eseguiti gli accertamenti, l'ignaro medico si complimentò con la donna, annunciandole che era incinta di cinque mesi.
Oggi quel bambino ha 9 anni. I genitori si rivolsero alla magistratura che in primo grado condivise la linea di difesa dell'ospedale di Gela ("l'aborto terapeutico a volte può fallire"), ma i giudici della Corte d'Appello sono stati di parere opposto. 

NAPOLI - Due medici ginecologi, un anestesista ed una segretaria ritenuti responsabili di una serie di aborti clandestini sono stati sottoposti al provvedimento di fermo di indiziati di delitto dai carabinieri del comando provinciale di Napoli, su provvedimento della Procura partenopea. I quattro sono accusati di essersi associati per commettere interruzioni di gravidanza in violazione alle disposizioni della legge 194 del 1978.
Nel corso di indagini, i carabinieri hanno accertato che i due ginecologi, con l'aiuto dell'anestesista e della segretaria, hanno praticato una serie di interruzioni di gravidanza in ambiente non ospedaliero ed in particolare nello studio privato di uno degli operatori sanitari. Uno dei medici è ritenuto anche responsabile di violenza sessuale poiché, approfittando dello stato di bisogno di una straniera che si era rivolta a lui per un aborto illegale, l'aveva costretta ad un rapporto sessuale.

Vi abbiamo raccontato due recentissime storie di aborto, diametralmente opposte ma che hanno un fulcro comune nel dolore e nella sofferenza. La scelta di interrompere una gravidanza, infatti, è per le donne la scelta più dura alla quale possono essere sottoposte, una decisione che a volte può risultare impossibile da fare, altre volte, nella costrizione, assolutamente essenziale, ma che lascia sempre un solco indelebile che cambia l'esistenza. Ecco perché, quando si parla di aborto, il giudizio non dovrebbe mai essere aprioristico, e difficilmente una donna potrà ricevere un aiuto concreto ascoltando facili condanne ideologiche o prese di posizioni assolute che non prevedono alcuna comprensione.
La rigidità e il facile giudizio sono gli elementi buoni soltanto ad incrementare il terribile fenomeno degli aborti clandestini, fortunatamente in calo, ma con ancora molte incognite da risolvere. 

Secondo le stime dell'Istituto superiore di Sanità ricordate all'interno dell'indagine Eures, ammonterebbero a 20 mila gli aborti clandestini in Italia, ovvero quelli che vengono praticati al di fuori dei binari della legalità, soprattutto nel Meridione e nelle isole del Bel Paese.
Sono diminuiti in maniera netta e progressiva rispetto agli anni passati, passando dai 200/600 mila prima del '78 - anno in cui venne introdotta la legge che regola l'interruzione volontaria di gravidanza in Italia - ai 100 mila casi dell'83, ai 50 mila del '94 fino a giungere ai 20 mila del 2005-2006.
Nel rapporto, tuttavia, viene anche precisato che le ultime stime riguardano soprattutto le italiane, in assenza di un modello idoneo a quantificare il fenomeno tra le straniere. Resta, dunque, una grande incognita, soprattutto considerando che l'aborto è una realtà che accomuna molte donne che approdano in Italia da altri Paesi e continenti.

Quanto agli aborti clandestini stimati, oltre il 90% - recita l'indagine - sarebbe stato praticato nell'Italia insulare e meridionale. "Osservando l'andamento degli aborti volontari negli ultimi 25 anni - si legge nel documento Eures - emerge complessivamente un fortissimo decremento del fenomeno, sceso dagli oltre 200 mila casi medi censiti nella prima metà degli anni Ottanta ai circa 130 mila dell'ultimo biennio; in realtà tale decremento non risulta né costante nell'intero periodo considerato né capace di investire tutte le componenti della popolazione femminile". "E' infatti soltanto fino al 1995 - si legge ancora nell'indagine - che il numero degli aborti segue un andamento decrescente (quando si attesta sulle 135 mila unità), mantenendo invece negli ultimi dieci anni valori sostanzialmente stabili, per effetto di una modificazione della composizione demografica e sociale delle donne che vi fanno ricorso: ad esempio, tra le donne di età compresa tra 30 e 39 anni il ricorso all'aborto si riduce di quasi il 50%, mentre tra le under 20 l'indice di abortività (ivg ogni 1.000 donne in età feconda) risulta negli ultimi anni significativamente in aumento, passando dal valore minimo di 5,5 nel 2001 a 7,8 nel 2006".
"Allo stesso modo - precisa infine l'indagine - a fronte di un decremento del ricorso all'aborto tra le donne italiane (stimabile tra il 1985 e oggi intorno a un -60%), si registra un'incidenza crescente degli interventi di ivg tra le donne straniere, che hanno raggiunto nel 2006 il 31,6% del totale nazionale, con un tasso pari a 33 aborti ogni 1.000 donne in età feconda, a fronte di un ben più contenuto 7,8 tra le sole italiane".

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25 giugno 2008
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