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Dopo 15 anni la verità sull'omicidio di un boss

Sei arresti per l'agguato del 1996 nel quale venne ucciso il boss Alfredo Campisi

25 luglio 2011

Sei ordini di custodia cautelare in carcere sono stati eseguiti, nel corso della notte, a Niscemi, in provincia di Caltanissetta, dagli uomini della squadra mobile di Caltanissetta e del locale commissariato di polizia, nell'ambito di un'operazione denominata "Para Bellum". I provvedimenti sono stati emessi dal gip di Catania, Daniela Monaco Crea, su richiesta della Dda etnea.
Quindici anni d'indagini. Poi la verità. Gli investigatori, infatti, hanno fatto luce, dopo 15 anni, sull'omicidio di Alfredo Campisi, boss emergente di Niscemi, freddato, il 6 novembre del 1996, mentre era alla guida della sua auto insieme a Giuliano Chiavetta, un tempo suo luogotenente oggi collaboratore di giustizia, che fingendosi morto riuscì a salvarsi. L'agguato fu teso da un commando della famiglia gelese degli Emmanuello, affiliata al clan Madonia per contrasti legati proprio alla leadership all'interno di Cosa Nostra. Campisi, infatti, avrebbe tentato la scalata alla famiglia mafiosa di Niscemi, circondandosi di un gruppo di giovani violenti e senza scrupoli. Ricostruiti inoltre i due precedenti agguati tesi alla stessa vittima. La prima volta (il 23 luglio del '96) Campisi era riuscito a sottrarsi ai suoi killer fuggendo dal proprio negozio di marmi dove il gruppo di fuoco si era recato per ucciderlo. Una seconda volta, nella stessa estate, due killer gelesi, giunti a Niscemi su una moto di grossa cilindrata e su un ciclomotore, furono bloccati dai propri complici del gruppo di copertura pochi istanti prima di entrare in azione, perchè in piazza municipio, dove Campisi doveva essere ucciso mentre passeggiava, era sopraggiunta una pattuglia dei carabinieri.
Per l’uccisione di Campisi e il ferimento di Chiavetta, lo scorso anno furono arrestati Giuseppe Buzzone e Antonino Pitrolo, che poi decise di collaborare.

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, ANSA]

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25 luglio 2011
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