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Dopo 37 anni i ''corleonesi'' Riina e Provenzano alla sbarra per il processo sulla strage di viale Lazio

31 maggio 2007

Sono passati 37 anni e mezzo dalla strage mafiosa di viale Lazio, a Palermo, in cui morirono 5 persone e altre 7 rimasero ferite, e lunedì scorso si è finalmente aperto il processo davanti alla terza sezione della Corte d'Assise di Palermo. Imputati sono Totò Riina e Bernardo Provenzano, unici superstiti di un gruppo che tra killer e mandanti contava una ventina di persone.
Provenzano, che era collegato in videoconferenza dal carcere di Novara è accusato di essere non colui che decise ma uno degli esecutori materiali della strage e anzi, secondo il pentito Gaetano Grado, sarebbe stato proprio Provenzano, sparando avventatamente, a consentire alle vittime designate di reagire e di uccidere alcuni degli assalitori. Totò Riina, collegato da carcere di Opera (MI), sarebbe stato invece uno dei mandanti.

Obiettivo del raid di quel 10 dicembre 1969, negli uffici dell'impresa Moncada di viale Lazio 168 a Palermo, era il boss Michele Cavataio, inviso ai clan palermitani perché cercava di estendere il proprio potere sulle cosche dell'intera città. Una carneficina quella messa a segno da un commando di mafiosi vestiti da poliziotti, tutti tranne Gaetano Grado che rifiutò questo affronto. ''A Provenzano - ha raccontato Grado - tremava la mano''. Avrebbe agito in modo avventato, ''Binu'', consentendo a Michele Cavataio di rispondere al fuoco uccidendo, tra gli altri, Calogero Bagarella, fratello di Leoluca e cognato di Riina. ''Era Provenzano a guidare un commando di sicari travestiti da poliziotti, ma ebbe troppa fretta di sparare, venne ferito a una mano e solo per un caso non fu ucciso. Saremmo dovuti entrare assieme e poi sparare, ma quel cosaccia sporco di Provenzano che fa? Spara subito e ne uccide uno''.

Nell'udienza di lunedì il pubblico ministero Michele Prestipino ha esposto i fatti della causa, e sono state ammesse come parti civili le famiglie di due delle vittime innocenti della strage (entrambi operai della ditta Moncada) e la Provincia regionale di Palermo. Prestipino ha chiesto alla Corte l'audizione del testimone chiave del dibattimento, il pentito Gaetano Grado che così ha spiegato il movente di quella strage: ''Provenzano aveva il compito di recuperare un foglio''. Il riferimento è a una sorta di lista di tutti i capimafia di Palermo che Cavataio teneva sempre in tasca, minacciando di renderla pubblica se qualcuno, all'interno di Cosa nostra, avesse osato mettere i bastoni tra le ruote alla sua ascesa, favorita da un'assoluzione per ben dieci omicidi. Metà di quel foglietto era spillato nella giacca di Cavataio, l'altra metà fu trovata dalla polizia nel cestino della scrivania del boss assassinato.
Prestipino ha chiesto di citare anche altri collaboratori di giustizia, Salvatore Contorno, Antonino Calderone, Francesco Marino Mannoia, Giovanni Brusca, Francesco Di Carlo e Angelo Siino, e di acquisire i verbali di Tommaso Buscetta, morto nel 2000.

I giudici della Corte d´assise decideranno nella prossima udienza, fissata per il 5 luglio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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31 maggio 2007
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