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Dopo la guerra in Iraq il terrorismo è sensibilmente aumentato, ma la Casa Bianca sostiene non sia così

27 settembre 2006

Le rivelazioni del New York Times sul dossier commissionato dal National Intelligence Council (Nic), che sostanzialmente mettevano in diretta correlazione l'aumento del terrorismo con l'invasione americana in Iraq, hanno reso tanto incandescente il dibattito politico negli Usa, da spingere il presidente americano a dare il raro ordine di declassificarne alcune parti, e ha attaccato il quotidiano newyourkese dicendo che quelle fornite sono state solo ed esclusivamente ''Informazioni incomplete''.


''Più terrorismo dopo la guerra in Iraq''
di Guido Olimpio (Corriere.it, 25 settembre 2006)

Il giudizio di sedici agenzie di spionaggio americane è impietoso. La guerra in Iraq ha accresciuto la sfida del terrorismo diventando la prima fonte di reclutamento, ha dato nuove motivazioni agli estremisti e creato una nuova generazione di jihadisti in grado di riprodursi così rapidamente da rendere inefficace la risposta occidentale. Il movimento qaedista si è poi frantumato in realtà minori capaci di autocrearsi, Internet con oltre cinquemila siti integralisti ha sostituito per certi aspetti i campi d'addestramento e i centri di indottrinamento.
Nel rapporto riservato di 30 pagine - il ''National Intelligence Estimate'' - si afferma che sicuramente la guerra ha ''peggiorato'' la posizione Usa nella lotta al terrore: l'invasione non avvicina la vittoria.
Le conclusioni dell'inchiesta - commissionata dal National Intelligence Council (Nic) - sono ancora più pesanti se si tiene conto che il dossier è il primo studio approfondito da parte degli 007 dopo la caduta di Bagdad ed ha richiesto due anni di lavoro. L'intelligence segnala che il conflitto iracheno si è trasformato in una palestra dove i mujaheddin non solo elaborano nuove tecniche ma le esportano con conseguenze disastrose. E' il caso dell'Afghanistan dove i talebani si sono riorganizzati lanciando attacchi simili a quelli che avvengono in Iraq. Quindi autobomba, azioni suicide, esplosivi sofisticati.

In perfetta sintonia con i loro colleghi europei, gli 007 americani mettono in guardia sul ritorno dei ''volontari'' che si sono battuti in Iraq nei Paesi d'origine (Medio Oriente, Nord Africa, Europa). La migrazione dei terroristi e la possibile saldatura con gli estremisti presenti in queste regioni - si afferma nel rapporto - può portare alla nascita di formazioni. Si ''autocreano'', si autofinanziano (droga, traffici), agiscono senza contatti diretti con la vecchia guardia oppure stabiliscono il legame in un secondo momento. C'è una evidente dispersione del fenomeno terroristico, con Al Qaeda sempre di più nel ruolo di ispiratrice piuttosto che di organizzatrice. Anche se Washington può giustamente vantare di aver assestato dei colpi al nemico, la minaccia continua ad essere forte. ''Se il corrente trend dovesse continuare - ha dichiarato in aprile il generale Michael Hayden, oggi capo della Cia - i pericoli per gli Usa saranno diversi e potremmo assistere a un loro aumento''.
La Casa Bianca ha reagito alla diffusione del dossier da parte del New York Times sostenendo che le informazioni pubblicate sono ''incomplete'' e che ''l'odio dei terroristi'' si è formato da decenni. Dunque per i funzionari non c'è il rapporto di causa (Iraq) effetto (più terrore).
Una constatazione vera solo in parte: certamente il qaedismo ha origini lontane (primo attacco nel 1993), ma non vi è dubbio che la guerra irachena è diventata un formidabile carburante.

Alcuni commentatori, pur senza contestare le conclusioni, hanno ricordato che in qualche occasione i rapporti del Nic si sono rivelati inesatti. Ma le analisi Usa trovano peraltro riscontri con le informazioni raccolte sul campo da apparati di sicurezza non americani. Su più fronti si sono affermate nuove situazioni eversive, con fazioni minori impegnate a fare il salto di qualità terroristico cucendosi addosso l'etichetta Al Qaeda. Il modello è quello di Al Zarqawi: crei una organizzazione, ti richiami ad Osama, usi al meglio l'arma della propaganda (Internet, video) e annunci di far parte di un disegno più ampio. Spesso sono le esperienze comuni in Iraq a fare da cemento e sono i metodi impiegati dai ribelli a Bagdad a fare scuola. Le reclute affluiscono sul fronte iracheno - ''centrale'' tanto per Bush che per Bin Laden - quindi vengono ridistribuite tra le milizie locali o rimandate indietro in attesa di ordini. [...]

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27 settembre 2006
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