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Dove osano... le cicogne

Il numero delle nascite in Italia negli ultimi anni è aumentato, come è aumentato il numero dei cesarei

05 ottobre 2006

Negli ultimi anni uno dei problemi più volte sottolineato dai Paesi Occidentali è stato quello della natalità zero. La popolazione negli ultimi decenni è diventata sempre più vecchia e la palese, preoccupante conseguenza, dai tragici risvolti sociologici è l'impossibilità di un rinnovo sociale, elemento principe per l'avanzamento di una civiltà.
Nonostante l'era contemporanea abbia tarpato le ali alle cicogne, che sempre meno si vedono volare nei cieli del Vecchio Continente, l'Italia conserva comunque uno spazio aereo privilegiato per il passaggio dei metaforici volatili dalle gambe e dal becco lungo.
Nei giorni scorsi a tracciare i percorsi del ''traffico aereo delle cicogne'' non sono stati quelli della Lipu  ma i ginecologi della Società italiana di ginecologia e ostetricia (Sigo), riuniti a Roma per il loro LXXXII Congresso Nazionale.

Negli ultimi anni le rotte predilette dalle cicogne sono state quelle delle regioni settentrionali, dove si è potuto registrare un reale aumento del numero medio di figli per donna, principalmente perché maggiore è la presenza delle donne di cittadinanza straniera.
Nel Mezzogiorno, invece, la fecondità continua a diminuire. Basti pensare che nel Nord-ovest e nel Nord-est nel 2004 le donne straniere residenti in queste regioni hanno avuto in media, rispettivamente, 2,74 e 2,84 figli contro 1,18 e 1,19 delle donne di cittadinanza italiana. Hanno in media un numero più contenuto di figli le straniere che risiedono al Sud e nelle Isole (rispettivamente 2,16 e 2,22 figli per donna), dove la fecondità delle donne italiane è ancora relativamente elevata (1.35 e 1,31 figli per donna).

L'anno scorso per esempio, in Sicilia sono nati 50.791 bambini, soprattutto maschi. L'Isola è la quarta regione in Italia per numero assoluto di nati e al terzo posto per tasso di natalità 10,1 e cioè il rapporto tra il numero dei nati ogni mille abitanti, decisamente al di sopra la media nazionale (9,5).
La provincia siciliana dove il tasso di natalità è più alto è quella di Caltanissetta (11,2 nati ogni mille abitanti): questa provincia è anche la terza, in assoluto, per tasso di natalità in Italia preceduta solo da Napoli e Bolzano. La provincia con il tasso più basso è quella di Messina (8,3).

Altro importante punto messo in rilievo durante il congresso è quello che riguarda il vertiginoso aumento dei parti cesarei, sempre più spesso sotto richiesta della partoriente e senza un'indicazione medica. ''In Italia è arrivato il momento di preferire il parto naturalmente assistito - ha detto Massimo Moscarini, presidente della Sigo -. Il parto ideale esiste ed è quello per via vaginale, indolore sin dal travaglio, grazie all'analgesia, che tutela in questo modo la salute della madre e quella del bambino''.
Quello lanciato dai ginecologi è stato un vero e proprio allarme sul numero sempre crescente di parti cesarei, che nel caso di cliniche private avvengono in un caso su due.
In Italia ogni cento parti 35 avvengono con il taglio cesareo. Ed è soprattutto nel Sud che l'allarme sembra sia maggiore: ogni 100 parti 45,4 sono dovuti al bisturi. Ed è proprio in Sicilia (l'ultimo dato disponibile è quello del 2003) che si ha questa media: ogni cento parti 45 avvengono con il cesareo. La Sicilia si piazza al terzo posto dopo la Campania e la Basilicata. Il triplo rispetto al valore consigliato dall' Organizzazione Mondiale della Sanità (15%).
C'è da dire, comunque, che la colpa non è solo delle donne o dell'età. Un terzo delle ragazze sotto i 25 anni partorisce con il cesareo, e l'88% delle donne preferisce il parto vaginale, mentre ''c'è un 10% - ha spiega Danilo Celleno, direttore del dipartimento di Emergenza del Fatebenefratelli di Roma - che richiede esplicitamente l'intervento chirurgico, e di queste un 3-4% assolutamente irremovibile, anche quando gli vengono prospettate altre soluzioni''.
Il frequente ricorso al parto cesareo è anche un modo del medico per tutelarsi da eventuali cause legali. Su 100 procedimenti giudiziari infatti uno su quattro riguarda i ginecologi, spesso proprio per i danni da cesarei non effettuati, seguiti da ortopedici e chirurghi estetici.

Ad aumentare non sono solo i cesarei ma anche la medicalizzazione delle gravidanze, visto che il 30% delle donne si sottopone a più di sette ecografie.
Dati alla mano, in Sicilia il 74,4 per cento delle donne che aspettano un bimbo esegue durante i nove mesi più di tre ecografie.
C'è poi da dire che al Sud, purtroppo, continua ad esserci più disinformazione che nel resto d'Italia: su 100 donne in gravidanza in 80 conoscono la possibilità di ricorrere alla diagnosi prenatale (contro, per esempio, il 91 per cento delle ''colleghe'' del Centro) e tra tutte quelle informate, del Sud, il 14,5 per cento non adotta queste metodiche.
Ha frequentato almeno una volta un corso preparto circa il 20 per cento delle donne del Sud contro il 64 per cento di quelle del Nord. Solo il 39% delle donne del Sud è stata accompagnata ai corsi dal padre del bambino contro il 48,5%, ad esempio, delle donne del Centro.
Al Sud e nelle Isole solo il 31% e il 47% dei neo papà entra in sala parto contro l'88 per cento dei padri del Nord. E non è sempre questione di poca volontà, spesso è colpa di una struttura che non lo consente: ben il 45,9% delle donne nellItalia meridionale ed il 42,8% di quella insulare sono restate sole perché la struttura non consentiva la presenza di altre persone.
In Sicilia il 96 % dei parti avviene in ospedali pubblici, il 3,27% in case di cura e solo lo 0,02% a casa.

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05 ottobre 2006
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