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Dove sono finiti i nostri pesci e i nostri pescatori?

Allarmante la crisi del settore Pesca in Sicilia: negli ultimi tre anni persi 4500 posti, mentre intere zone di mare si svuotano di pesce

13 maggio 2011

Il presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo, insieme all'assessore regionale alla pesca, Elio d'Antrassi, presenteranno domani mattina presso la sede della Presidenza, il "Rapporto Annuale sulla Pesca e sull'Acquacoltura in Sicilia 2010". Si tratta, così come previsto dalla Legge Regionale n.16/2008, della bozza esecutiva del Rapporto 2010 Pesca e Acquacoltura in Sicilia, redatto dal Comitato scientifico dell'Osservatorio Mediterraneo della Pesca, riconosciuto dalla stessa legge come organo di supporto per la politica della pesca della Regione Siciliana, e presieduto dall'ingegnere Giuseppe Pernice.
Il Rapporto costituisce una radiografia approfondita sulle luci ed ombre del sistema ittico siciliano. Il documento fornisce dati sulle risorse ittiche nei mari siciliani, sullo stato della flotta siciliana e sulle conseguenze economiche e sociali dell'attuazione delle direttive comunitarie relative alla riduzione dello sforzo di pesca. Affrontati anche i temi dell'"innovazione tecnologica" e del "risparmio energetico".

Dai dati più significati del Rapporto emerge che: a luglio 2010 in Sicilia risultano attivi 3.017 pescherecci, il cui tonnellaggio medio è di poco superiore alle 20 tonnellate; la diminuzione dei natanti è stata costante: più del 75% degli oltre 1.500 pescherecci che si sono ritirati dall'attività negli ultimi 10 anni sono usciti nel periodo tra il 2000 e il 2005; i posti di lavoro persi nella filiera nell'ultimo triennio sono stati 4500.
Inoltre, la riduzione del pescato siciliano dal 2009 ad oggi è stata di circa il 30%. A ciò bisogna aggiungere una paradossale diminuzione dei prezzi alla banchina di molte specie, insieme all'aumento costante e vertiginoso dei costi di produzione. Gli effetti della crescita del prezzo del gasolio da autotrazione hanno aumentato considerevolmente l'incidenza del costo del carburante sui costi totali di gestione. Le previsioni di un trend ancora crescente del prezzo del carburante per il 2011, mettono nuovamente in allarme il settore già in sofferenza. Per pescare un chilogrammo di pesce si consuma il triplo del gasolio rispetto ai Paesi europei. I costi energetici in pratica incidono oltre il 50% rispetto alla media europea.

Il "Rapporto Annuale 2010" è redatto in tre lingue: italiano, inglese e francese, affinché possa essere strumento utile anche ai Paesi della sponda Sud del Mediterraneo, con i quali è necessario costruire comuni strategie per la salvaguardia e la tutela del patrimonio ittico. L'alto valore scientifico "aggiunto", che il Rapporto racchiude in sé, dovrà necessariamente esplicarsi attraverso la preziosa fruizione da parte dello stesso comparto oggetto d'analisi. Tutto ciò potrà avvenire dopo il vaglio del professor Salvatore Barbagallo, Dirigente Generale del Dipartimento degli Interventi per la Pesca della Regione Siciliana. Il Rapporto sarà poi pubblicato sul portale del Dipartimento degli Interventi per la Pesca della Regione Siciliana e sul sito web del Distretto Produttivo della Pesca. [Adnkronos/Ing, €conomiaSicilia.com]

Inquinamento, bombe e divieti comunitari
LA MARINERIA SICILIANA IN GINOCCHIO
(SiciliaInformazioni.com, 12 maggio 2011)

Marineria siciliana in ginocchio dallo Ionio al canale di Sicilia e Tirreno. Per ragioni diverse i pescatori subiscono una grave crisi del pescato. A Catania hanno manifestato vivacemente. Le barche tornano in porto vuote da alcuni mesi a questa parte e i pescatori sono disperati. Ma è solo la punta dell'iceberg, la situazione comincia a diventare tragica perché la crisi si è aggravata sempre più per una serie di circostanze, una diversa dall'altra, ma tutte in grado di causare danni molto pesanti a chi vive del mare.
Nell'Isola sono 8000 i pescatori, duemila nella sola Mazara del Vallo: è la marineria più importante e si dedica quasi esclusivamente alla pesca d'altura, il resto dei pescatori siciliani, invece, si dedicano alla piccola pesca costiera.
Nel Canale di Sicilia il conflitto libico è la causa del disagio dei pescatori. Pochi sanno che le operazioni della Nato hanno conseguenze pesanti oltre che sul turismo trapanese anche sulla pesca d'altura. Gli aerei che sono impegnati nelle missioni sui cieli libici non possono atterrare con il carico di bombe con il quale sono decollati, devono perciò sganciare a mare prima dell'atterraggio il carico micidiale. Ove un aereo fosse coinvolto in un incidente durante l'atterraggio, la possibilità di esplosioni non può essere esclusa. Questa eventualità deve essere tenuta in considerazione, nonostante i presidi di sicurezza adottati nel caricamento e nelle stesse fasi di atterraggio. Una esplosione farebbe correre pericoli alle popolazioni civili. Da qui la necessità di eseguire alcune procedure prima dell'atterraggio.
Di queste si parla poco o niente, ma il problema si pose già durante la guerra nei Balcani. L'Adriatico fu teatro delle operazioni belliche. Gli aerei da combattimento eliminavano il loro carico micidiale sganciando le bombe a mare. La marineria nell'Adriatico fu fortemente penalizzata.
La stessa cosa sta accadendo, più o meno, sul Canale di Sicilia, specie in prossimità del "Mamellone" (così è chiamato il tratto di mare tra la Libia e Lampedusa, a 300 miglia da Mazara del Vallo).

Sul Tirreno, invece, ci sono altri problemi. 317 barche si dedicano alla pesca della neonata. Ogni equipaggio è formato mediamente di cinque unità. Sono, dunque 1500, le famiglie legate a questo settore della pesca, che è stato fermato dai regolamenti comunitari che vietano la pesca della neonata. Le pesche speciali sono vietate, non ci sono deroghe e si attendono nuovi regolamenti, che però non arrivano. Di conseguenza è tutto fermo.
La pesca della neonata ha una durata limitata, appena due mesi, ma è molto proficua. Si calcola che i pescatori riescano a guadagnare da 60 a 80 mila euro per stagione a testa. Il fermo, dunque, provoca un grave danno.
Nello Ionio la problematica è diversa. La scarsità del pescato e la crisi conseguente del settore è provocata dall'inquinamento. Su quella costa, infatti, insistono i grandi stabilimenti petrolchimici, da Augusta a Priolo. Il Mare è diventato avaro al punto di esasperare gli animi di chi va in mare. C'è stata una protesta e nei prossimi giorni ce ne saranno altre.
Il Presidente della LegaCoop Pesca, Pino Gullo, è preoccupato: "Deve essere dichiarato lo stato di crisi", sostiene. La Regione deve chiederla a Roma. Se ciò avverrà, potranno essere assunti provvedimenti straordinari di sostegno e soccorso. Roma, infatti, tentenna. E a questi tentennamenti la politica non è estranea.

- Un mare senza pesci... (Guidasicilia.it, 11/05/11)

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13 maggio 2011
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