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Dura condanna del ministro della Difesa Parisi contro l'ennesimo ''errore'' mortale della Nato in Afghanistan

02 luglio 2007

Più di 30 civili sarebbero rimasti uccisi ed altre decine feriti ieri in Afghanistan in un bombardamento dell'alleanza straniera che combatte i talebani nella regione meridionale di Helmand. ''E' successo nel primo mattino, fra 30 e 37 civili sono stati uccisi e decine di altri feriti'', ha detto alla Reuters il funzionario provinciale Mohammed Daoud. Un portavoce dell'alleanza guidata dalla Nato, l'Isaf, ha confermato l'episodio dicendo però che sul terreno solo ''un piccolo numero di civili'' è rimasto coinvolto.
Il maggiore dell'aviazione Usa John Thomas ha detto che dopo esser stati nel mirino del fuoco talebano, soldati dell'Isaf hanno chiesto appoggio aereo nel corso di un'operazione a Girishk, nella provincia di Helmand, dove c'è stato un ritorno dei talebani nei mesi scorsi. ''Tutte le postazioni nemiche sono state distrutte, ma dopo che le forze amiche hanno perlustrato la zona hanno riferito del possibile decesso di alcuni feriti. I resti di persone che sembravano civili sono stati trovati tra i combattenti nemici sulla linea delle trincee'', ha detto.

Insomma, la Nato come al solito si scusa, corregge al ribasso il bilancio dei morti, ammette l'errore ma continua a ripeterlo. Ennesima, ''sfortunata'' circostanza condannata duramente da ministro italiano della Difesa, Arturo Parisi: ''Le inchieste non bastano più, è tempo di fatti. Tutto quello che c'è da sapere lo sappiamo, i taliban sono degli assassini, ma noi siamo lì per difendere il popolo afgano''. ''Non farò mai mio il principio per il quale 'è meglio un amico morto che un nemico vivo'. E lì l'amico è il popolo. Il mezzo non può contraddire il fine. O impariamo a prendere la mira o è meglio che ci asteniamo dallo sparare. E' quello che abbiamo ripetuto nelle riunioni Nato a Bruxelles - ha concluso Parisi - ed è quello che ripeterò oggi al segretario generale della Nato''.

In Afghanistan non ci siamo, dunque, e a dirlo non è soltanto un inascoltato Hamid Karzai, ma anche - sia pure a mezza voce - gran parte dei diplomatici e perfino qualcuno tra i militari presenti a Kabul. I partiti di sinistra che in Italia si sono sempre schierati contro la guerra chiedono ora al governo di presentarsi a riferire in parlamento. Verdi, Prc e Comunisti italiani esigono ''l'intervento dell'esecutivo per porre termine alla carneficina''.
Troppo sangue di chi non c'entra niente e la solita, insensibile guerra di cifre. Secondo la Commissione indipendente afgana dei diritti dell'uomo sarebbero più di 380 gli innocenti uccisi dall'inizio dell'anno nel corso di operazioni alleate o di attacchi agli insorti. Nader Nadery, portavoce della Commissione sottolinea che ''dal momento che i Taliban si mischiano alla popolazione per accentuare la pressione sulle forze internazionali, abbiamo chiesto una limitazione delle operazioni aeree, ma non siamo stati ascoltati''.
Karzai, che oggi sarà a Roma per l'apertura della Conferenza internazionale sulla Giustizia, prima di imbarcarsi alla volta dell'Italia ha istituito una commissione d'inchiesta governativa. Vuole vederci chiaro su cosa stia davvero accadendo in quel martoriato sud.
Secondo quanto riferisce il suo portavoce, Karim Rahimi, responsabili dell'esecutivo e deputati di Helmand sono stati ''inviati'' nel distretto di Gereshk, per fare luce sull'accaduto. Sulla base dei risultati dell'inchiesta - conclude Rahimi - saranno adottate le decisioni del caso. Frasi di circostanza, chiacchiere, insomma. Karzai ha le mani legate, può legittimamente adirarsi, fare la voce grossa con Nato, Isaf e perfino con i suoi amici americani, ma certamente non può permettersi di fare null'altro.

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02 luglio 2007
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