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Durante l'inaugurazione dell'anno giudiziario a Palermo...

La lotta alla mafia nel tempo della crisi e dei tagli alle intercettazioni

02 febbraio 2009

Si è aperta con la relazione del presidente facente funzioni della Corte d'Appello di Palermo, Armando D'Agati la cerimonia dell'inaugurazione dell'Anno giudiziario. Nell'aula magna della Corte d'Appello del capoluogo siciliano erano presenti il procuratore generale Luigi Croce, il vice capo dipartimento dell'amministrazione penitenziaria Santi Consolo, il presidente del consiglio dell'ordine degli avvocati di Palermo Enrico Sanseverino, il procuratore di Palermo Francesco Messineo, in rappresentanza del Csm il consigliere Fabio Roia e il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso.

Il presidente D'Agati, nella sua relazione ha voluto mettere in evidenza l'arresto del boss Salvatore Lo Piccolo, latitante da oltre 25 anni, e del figlio Sandro ma anche i casi crescenti di collaboratori hanno segnato un duro colpo per Cosa nostra. Malgrado questi risultati, testimoniati anche dall'aumento dei procedimenti antimafia, la forza e la presenza pervasiva di Cosa nostra nel tessuto sociale restano molto forti. La mafia non spara più da tempo perché si è dedicata alle attività più tradizionali: dal pizzo al riciclaggio. Le indagini degli organi di polizia hanno registrato un aumento della pressione mafiosa sull'economia legale ma il dato si presta a una lettura rassicurante: da un lato dimostra che l'organizzazione resta viva e vegeta ma dall'altro conferma "la crescente efficacia dell'azione repressiva dello Stato".
C'é ormai un patrimonio di conoscenze che consente di ricostruire una mappa aggiornata della struttura criminale con l'importante contributo di nuovi collaboratori come Francesco Franzese, Antonino Nuccio, Andrea Bonaccorso, Angelo Chianello, Gaspare Pulizzi. Dalla nuova geografia di Cosa nostra emerge come una figura di forte spessore il boss Matteo Messina Denaro, uno degli ultimi grandi uomini d'onore ancora latitanti.

Nella sua relazione, il presidente D'Agati, non ha mancato di sottolineare il merito delle attività investigative condotte con tecniche avanzate e la fondamentale importanza delle intercettazioni telefoniche e ambientali. "Un essenziale strumento di indagine" è stato definito nella relazione. Nel distretto di Palermo sono state autorizzate 5.587 intercettazioni, quasi il 18 per cento in più dell'anno precedente per una spesa di 47 milioni e 659.924 euro (un incremento del 22,62 per cento). La massima parte della spesa è stata assorbita dal noleggio degli apparati di cui l'amministrazione, ha sottolineato D'Agati, "continua a non avere la diretta disponibilità".
Altro punto debole della gestione della giustizia nel distretto di Palermo è la carenza degli organici. Mancano 66 magistrati di cui 11 solo in corte d'appello. Neanche il presidente è stato ancora nominato.
"Non siamo ancora alla bancarotta, ma quasi", ha detto il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia a margine della cerimonia. "Al nostro ufficio - ha aggiunto - manca tutto: dalla macchina fotocopiatrice, agli strumenti per far funzionare le stampanti. Questo è l'anno dei tagli alla spesa speriamo che la politica ci affianchi".

E' ritornato sul discorso intercettazioni il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso. "Il nuovo Ddl del governo ha aggiustato qualcosa. Ma ci lascia perplessi l'idea di subordinare le intercettazioni all'esistenza di indizi di colpevolezza che sono qualcosa in più degli indizi di reato posti dalla legge, fino ad ora, come presupposto". "L'intercettazione - ha aggiunto - è uno strumento di indagine. Quando si hanno già indizi di colpevolezza, l'intercettazione potrebbe non essere più necessaria".
"Qualunque restrizione al potere delle intercettazioni è una restrizione al potere delle indagini". A rincarare la dose è stato ancora il procuratore di Palermo Francesco Messineo. "Ciò - ha aggiunto - depotenzierà anche le udienze e influirà sulla conduzione dei processi". "Altro problema - ha spiegato - è la privacy. Fare un bilanciamento di interessi, in questo senso, spetta al parlamento".

"Si è già fatta una riduzione delle spese sulle intercettazioni, cercando di imporre delle tariffe a livello nazionale. Si potrebbe anche pretendere che certi servizi da parte dei gestori di telefonia, che sono privati ma gestiscono un servizio pubblico, possano essere gratuiti per l'attività di intercettazione [...] Ci sono molti spazi per risparmiare, certamente è pericoloso bloccare le indagini per mancanza di fondi da destinare a questo strumento. Era giusto comunque intervenire con nuove norme per evitare certi abusi o certe discrezionalità eccessive. Però bisogna sperimentare questa nuova disciplina, se dovesse incidere grandemente sull'accertamento di certi tipi di reato, magari rivederla", ha inoltre aggiunto il procuratore Messineo. "Sull'efficienza della macchina giudiziaria, a Palermo, - ha detto infine Messineo - non siamo né più indietro ne più avanti del resto d'Italia. L'eccessiva durata dei processi è un male collettivo. Da tutto ciò non se ne verrà fuori se non con riforme coraggiose: come l'adeguamento del carico di lavoro alle risorse d'organico disponibili".

[Informazioni tratte da Ansa.it, Repubblica/Palermo.it]

- Meglio farsi processare in Angola... (Guidasicilia.it, 31/01/09)

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02 febbraio 2009
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