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E alla fine si incontrarono

Dopo tanta attesa l'incontro-scontro tra Berlusconi e Prodi è già alle nostre spalle. Come è andata? Insomma...

15 marzo 2006

L'attesa è stata tanta quanto quella per il programma di Celentano, il giudizio finale pure: un po' deludente.
Ieri sera 16 milioni di italiani hanno visto l'attesissima sfida in Tv tra Berlusconi e Prodi, ossia un telespettatore su due ha seguito il superegolamentato e asettico faccia a faccia tra i leader delle due coalizioni.
Certo, qualcuno si aspettava qualcosa di ancora più noioso di quello che abbiamo visto, ma di sicuro a nessuno dei 16milioni di telespettatori è venuta voglia di prendere trombette, cappellini e spumante per festeggiare alla fine il proprio ''gladiatore''.
Potremmo dire che il Professore è sembrato un pochino più in forma del Cavaliere, a parte l'inizio (ma iniziare è sempre un po' difficile) confuso e senza colore, e per lo strafalcione sull'Irap bocciata giusto ieri dalla'Ue, ma per il resto le parole sono state quelle che ci sentiamo ripetere da troppo tempo.

Forse il Cavaliere è stanco, e stanca con i suoi soliti attacchi alla sinistra e al comunismo, che lo fanno sembrare sempre di più lo scolaro che col ditino alzato accusa il compagno di averlo disturbato e di conseguenza di non aver potuto fare i compiti.
E ci siamo un po' meravigliati di aver visto il Professore come ''uomo dei sogni'', tutto speranza, unione e ''dai che ce la facciamo'', e un Cavaliere acido e poco ironico, che ha parlato molto (forse troppo) del disastro che il suo governo ha trovato da quello precedente, piuttosto che argomentare tutto quello che in cinque anni il centrodestra ha fatto. Forse Berlusconi ha capito che il malloppone di fogli strapieni di cifre che ''vai a vedere se corrispondo alla realtà'', annoiano e allontanano l'elettorato, e comunque le rigide regole dell'incontro non gli avrebbero consentito di sciorinare numeri su numeri. Il fatto sta, che in linea di massima, l'aurea scintillante tipica del Cavaliere è apparsa più opaca, e a lui stesso nella chiosa finale è scappata l'ammissione di non aver saputo giocare bene la partita, perché il gioco così impostato non si confà alle sue abitudini.
Ma un buon giocatore deve sapersi adattare, e il Professore che ha avuto la sfortuna di cominciare prima, ma la grande fortuna di chiudere il programma, come un bravo studente che si presenta preparatissimo agli esami, ha colto la palla al balzo, e con le sue parole soffiate e un paterno sorriso in faccia ha parlato di speranza e felicità.
Certo, non è così che si vincono le elezioni, ma tant'è...

Spente le telecamere, comunque, entrambi si sono detti soddisfatti della propria performance.
''Sono il vincitore, sui dati e sui numeri'', ha detto senza dubbi Silvio Berlusconi, e appena rientrato in via del Plebiscito ha ripetuto quello che ha detto durante il confronto tv: ''Prodi ha enunciato una serie di falsità. E' stato difficile continuare con una persona che diceva che 'queste cose non sono vere'. Ho trovato Prodi staccato dalla sua coalizione. Lui non ha nessun peso e sarà ostaggio dell'estrema sinistra dell'Unione. Ma comunque - ha aggiunto - spiegherò in una conferenza stampa agli italiani le cose che non sono riuscito a dire durante il confronto''.
''Sono molto contento'', ha detto Romano Prodi, uscendo dallo studio Rai con il suo consueto sorriso. Per il leader dell'Unione ''quando si dibatte ad armi pari si possono dare concetti chiari agli italiani''. Sul risultato però non si è sbilanciato: ''Come è andata lo dovete dire voi'', dice rivolgendosi ai cronisti. ''Con questo sistema di confronto televisivo - ha aggiunto - gli italiani si fanno un'idea di cosa succederà domani, se vinco io o se vince lui''.
Ma se Prodi non ha parlato apertamente di vittoria, lo hanno fatto per lui gli esponenti dell'Unione, tutti contenti della figura fatta dal Professore.

Attendendo il prossimo incontro fra i due che si terrà il 3 aprile, e che difficilmente - pensiamo - riuscirà a raccogliere tutto il pubblico di ieri sera, pubblichiamo il resoconto di Pino Grimaldi (pubblicato stamane su www.vivienna.it) sull'incontro-scontro ad orologeria tra il Cavalier Napoleone e il Professor Mortadella.

LE IDI DI MARZO
di Pino Grimaldi

E sono giunte anche quelle. Ma a differenza delle altre del 44 a.C. queste previste, attese, programmate, anelate, temute da mesi con tutti a sapere tutto e nessuno a pensare diversamente (o quasi).
Giulio Cesare quel giorno - il 15 Marzo secondo il calendario Romano - non si sentiva al suo meglio. La moglie Calpurnia aveva avuto cattivi presagi e lo aveva scongiurato di rimanere a casa e non andare in Senato da lui convocato per l'ordinaria amministrazione.
Gli indovini lo avevano scongiurato di non uscir di casa quel giorno perché le stelle e gli dei non erano favorevoli. Ma Cesare testardo come era sempre stato - e fino allora a ragione - pur non stando bene si avviò verso la sala di Pompeo Magno ove i senatori lo attendevano. Anche durante il percorso da casa al senato qualcuno tentò di avvisarlo che rischiava la morte (anche allora i segreti tali erano fino ad un certo punto!) e gli mise in mano un foglio dicendo che era una supplica molto importante e dunque da leggere subito. Ma Cesare come d'uso diede il foglio ad uno del seguito: era aggrugnito, pensieroso e forse in preda ad una della sue emicranie (ne soffrì prima di Andreotti) che lo distruggevano e lo rendevano ovviamente inquieto.
Andò dunque, giunse in Senato, qualcuno lo tirò per la toga - Cimbro Tillio - (segnale convenuto) ed a qual punto Publio Servilio Tasca inferse il primo dei 33 colpi di pugnale al corpo del ''divino''.
Fu un crogiolo di colpi e solo il primo suscitò lamento in Cesare che copertosi quasi per reazione il corpo con la bianca tunica rinunciò a difendersi affinché il fato (ma lo sapeva?) si avverasse ed in pochi minuti tutto fu risolto.

Fin qui ieri. Ed oggi?

Si è appena concluso il faccia a faccia Berlusconi - Prodi nello stesso giorno (se Gregorio Magno non avesse manomesso il calendario) delle Idi di Marzo di 2048 anni fa. Ma stessa atmosfera, stesse previsioni degli aurighi, stesso malessere di entrambi, con arroganza e falsa umiltà sovrane in una sorta di moderna sala autoptica allestita da mamma Rai e con due giornalisti che hanno tentato di porre domande da bar dello sport in una giornata di pausa di ogni avvenimento.
Una noia infinita con pedissequa ripetizione di argomenti triti e ritriti senza una fiammella di entusiasmo in ambo gli atridi. Solo ciascuno preoccupato di non fare la fine di Cesare, ma ambedue pensando a lui per il futuro anche se non con troppa convinzione.
Non è stato neanche uno spettacolo. Ma seguendo le tradizioni del tempo in cui ci troviamo - la quaresima - una litania snocciolata alla fioca luce dello studio, ciascuno certo di apparire orante convinto, ma con in mente ben altri pensieri. Una delusione totale che porta a pensare quanto siamo sfortunati in Italia se con 58 milioni e passa di cristiani dobbiamo legare obtorto collo il nostro futuro a due personaggi (nulla di personale si intende) che per versi diversi non appaiono come il meglio per guidare per i successivi cinque anni il paese: l'uno con aria da taccagno e l'altro con quella di sbruffone.

E la normalità? Bene questa era sul tavolo di dissezione autoptica con il buon Minum a destreggiarsi con le mani dentro il corpo di essa sperando di trovarne l'anima.
Non reperita perché non c'era.
E non c’era perché ciascuno calcolava, male o bene, se riusciva a dire che due più due fa quattro.
Ha giocato Berlusconi al vittimismo per rifarsi dando il colpo di grazia il 3 Aprile?
Ed ha giocato Prodi al vincitore nel timore di ritrovarsi per la stessa data in condizioni precarie?

I faccia a faccia funzionano dove non solo le regole sono precise (e qui lo erano) ma dove v'è costumanza alla legittimazione e rispetto reciproco. Mancavano sia l'una che l'altro e per cultura e per insofferenza alle regole e per educazione politica.

Ieri sera avevo visto in un'altra trasmissione e fino a notte inoltrata come se fosse martedì grasso Fini e Rutelli. Che Dio li benedica.
Giovani, pieni di senso dello humor e di intelligenza captativa colti, preparati, onesti come lo può essere un politico in campagna elettorale, logico, ma mentalmente tali.
Ma nessuno di loro oggi né un domani prossimo sembra abbia un futuro.
Dopo 20 anni ci ritroviamo con gli stessi personaggi che sono brave persone, ma invecchiate e nel fisico e nel corpo e soprattutto non più loro stessi ma il prodotto dei loro advisors, truccatori, tecnici famigli, nani e ballerine di ogni circo mediatico.
Cesare venne fatto fuori da congiurati sciocchi, ma non stupidi. Loro si sono fin dal primo match suicidati per mancanza di buon senso.
E poi manco un sottofondo finale tipo marcia funebre di Chopin, che questa sì, la meritavano.
Le Idi di Marzo sono state profondamente offese.
Speriamo non si vendichino.

Fonte: ViviEnna.it

- ''Sfida a cronometro: la Grande Avversione'' di Gian Antonio Stella

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15 marzo 2006
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