E' arrivata l'ora per Saddam Hussein. L'ex rais sarà processato il 19 ottobre insieme a sette suoi uomini
Saddam Hussein sarà giudicato con i suoi collaboratori per il massacro a Dujail del 1982
Il processo a carico del deposto presidente iracheno Saddam Hussein e di alcuni suoi stretti collaboratori inizierà il 19 ottobre prossimo, dopo l'atteso referendum sulla costituzione nazionale fissato per il 15 ottobre.
L'ex dittatore sarà processato dal Tribunale speciale iracheno (Tsi) insieme a sette dei suoi più stretti collaboratori, per la loro responsabilità nel massacro avvenuto nel 1982 a Dujail, 60 chilometri a nord di Bagdad. Gli otto imputati, fra loro l'ex vice presidente Taha Yassin Ramadan e l'ex capo dei servizi di sicurezza Barzan Ibrahim al-Hassan, sono stati incriminati per l'esecuzione di 143 abitanti di Dujail, il sequestro di 399 famiglie, la distruzione delle loro case e dei loro campi. Il massacro avvenne dopo un attacco contro il convoglio su cui viaggiava Saddam. I sopravvissuti furono costretti all'esilio per quattro anni.
Il capo di imputazione è meno grave rispetto a quelli di genocidio e crimini contro l'umanità, ma gli investigatori ritengono che possa essere più semplice provare la colpevolezza di Saddam per un fatto minore come quello di Dujail e di conseguenza ottenere la condanna a morte.
Saddam Hussein è stato catturato dagli americani nel dicembre del 2003 e rinchiuso in un luogo segreto presso l'aeroporto internazionale della capitale.
Due anni di carcere nei quali si è potuto appurare dell'ex rais un insolito ritratto psicologico. Ritratto emerso dalle rivelazioni di cinque soldati americani, che per quasi un anno hanno fatto da carcerieri al deposto presidente.
I cinque hanno raccontato di un Saddam maniaco dell'igiene (in carcere pulisce meticolosamente le posate di plastica, il bicchiere, il vassoio del cibo, il tavolo dei pasti. Si lava da solo la sua biancheria e si lava le mani in continuazione, in modo ossessivo), convinto di essere ancora il presidente dell'Iraq e nostalgico dei tempi di Ronald Reagan. Secondo le guardie infatti, Saddam rimpiange l'epoca del presidente Reagan. ''Reagan and me good - avrebbe detto nel suo inglese approssimativo - vorrei che le cose fossero ancora come erano a quei tempi'', gli anni in cui l'Iraq era in guerra con l'Iran e gli Stati Uniti fornivano aerei e armamenti militari al governo di Baghdad.
I cinque soldati della Guardia nazionale della Pennsylvania, che si sono impegnati a non fornire dettagli su dove Saddam è imprigionato, hanno raccontato anche le sue piccole abitudini in carcere. La passione per i cereali e per le patatine (ne divorerebbe una confezione familiare in dieci minuti). L'amore per il giardinaggio e per i sigari, e la vana richiesta di un tavolo da ping-pong per tenersi in forma. Saddam ha persino fornito consigli matrimoniali alle sue giovani guardie: ''Trovate una brava donna. Non troppo intelligente o troppo stupida. Non troppo vecchia o troppo giovane. Una donna che sia brava in cucina e sappia fare le pulizie''.
Manie a parte, che comunque confermano l'eccentricità della ''Tigre di Tikrit'', l'ora del giudizio per il terribile dittatore di Baghdad è stata segnata. Giudizio accettato da Saddam se consideriamo vere le affermazioni rilasciate qualche giorno fa dall'attuale capo dello stato iracheno, Jalal Talabani, alla televisione di stato, su di una confessione di Saddam Hussein.
''Uno dei giudici - ha detto Talabani - è stato capace di strappargli la confessione''. Tra i crimini commessi durante il suo regime vi sarebbero non meglio precisate esecuzioni. Talabani si è limitato a dire che le confessioni riguardano casi attualmente sotto inchiesta.
Talabani in una intervista alla televisione di stato irachena Iraqiya ha anche detto che l'ex rais dovrebbe essere mandato a morte: ''Saddam merita di essere condannato a morte 20 volte al giorno perché ha tentato di assassinarmi 20 volte'', ha detto Talabani aggiungendo che ''ci sono cento ragioni per cui Saddam debba essere giustiziato''.
Confessioni non vere, dice il capo del collegio di avvocati dell'ex rais, Khalil Dulaimi. ''Non c'é stata nessuna confessione da parte del presidente e tutte le indagini su questo caso non lo implicano affatto'', ha detto Dulaimi in una dichiarazione inviata stamane alla Reuters a Amman.