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E c'è chi vuole Ingroia premier

La gente lo invoca su facebook ma lui ribadisce: "Solo indiscrezioni giornalistiche"

05 novembre 2012

"Io sto andando in Centro America e l'ultimo dei miei pensieri è correre dietro a fantasie che al momento non hanno nulla di concreto". Ma sull'ingresso in politica, ribadisce, "mai dire mai". E' un principio che "vale per tutti, anche per i magistrati in partenza per il Guatemala".
Il procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia, in un'intervista al Corriere della Sera e alla presentazione del suo libro intitolato "Palermo", sottolinea che "candidarsi è un diritto di tutti" e che intanto dall'estero continuerà a "partecipare al dibattito italiano, in modo più libero visto che finora mi dicevano che un pm non può parlare".

Comunque, Ingroia incassa l'apprezzamento del popolo di Facebook che si scatena inneggiando al prossimo candidato alla poltrona di premier. "Condividiamo Dr Ingroia presidente - scrive un utente sulla pagine della 'segreria organizzativa' di Ingroia sul social network -, vero o falso che sia l'articolo del Messaggero, credo che sia importante in questo eccezionale momento storico fare sentire la ns vicinanza al Dr Ingroia. Se decidesse di fare questo percorso politico, noi siamo con lui per il bene del Paese. Forza Antonio puoi fare molto per questo stanco e sfiduciato Paese". E ancora: "Troppo bello per essere vero! In un momento così difficile - scrive una fan - dove ne abbiamo sentite e viste di cotte e di crude, dopo la sfiducia di un popolo nei confronti di una vecchia politica che ci ha portato ai margini di una invivibilità inaudita, sperare di risalire e mettere le cose al proprio posto sembra quasi un'utopia. Chi meglio di una persona onesta, leale, come Ingroia potrebbe prendere sulle spalle un fardello così gravoso, per poter ridare alla gente quella fiducia perduta? Io voto sì! Forza Ingroia".
Il procuratore aggiunto di Palermo però non si espone: "Non c'è nulla di concreto". "In questi anni il lavoro della magistratura è stato penalizzato da un clima spesso ostile alla sua azione, clima che si è tradotto anche in pesanti campagne di disinformazione e denigrazione soprattutto nei confronti di quei magistrati che hanno indagato sui potenti del Paese", ha detto il procuratore. "Questo clima - ha aggiunto - ha nuociuto anche a settori della politica che avevano sostenuto la magistratura dotandola di uomini e mezzi".

Nell'inchiesta sulla trattativa Stato-mafia "siamo arrivati al livello dei patti indicibili, stretti non da singoli politici o colletti bianchi ma da uno Stato che siglava accordi per una presunta ragion di Stato. Su questo gradino siamo ancora malfermi in attesa delle sentenze ma evidentemente abbiamo già dato sufficiente fastidio". E comunque ora, prosegue Ingroia, "per saperne di più bisognerebbe ottenere la collaborazione almeno di qualche uomo-cerniera tra la mafia e le istituzioni e non mi pare aria".
Quanto alle critiche arrivate anche da sinistra, Ingroia dice di sentirsi "un po' tradito perché mi considero parte di quel mondo". E "mi viene il sospetto che queste critiche più che dai miei comportamenti o dai presunti errori derivino dal fatto che con l'inchiesta sulla trattativa siamo andati fuori linea". ''Io però - aggiunge - non ho da seguire linee ma da cercare la verità".
Il Guatemala è una fuga? Risponde Ingroia: "Non c'è nessuna fuga, anche perché porterei comunque le responsabilità di un insuccesso giudiziario. E i colleghi che restano sono perfettamente in grado, ciascuno con la sua professionalità, di proseguire il lavoro svolto insieme fin qui. Dopo vent'anni di permanenza nello stesso ufficio, credo di aver esaurito un ciclo professionale e di aver colto l'occasione di un'altra esperienza, sempre nell'ambito del contrasto alla criminalità. Del resto se rimanessi, con il livello raggiunto di sovraesposizione e personalizzazione delle accuse, potevo essere più di ostacolo che di aiuto. Rispetto a certi veleni e contumelie è il momento di fare un passo laterale, anche per salvaguardare il lavoro dell'ufficio".

Ingroia ha poi commentato l'intervista de Il Fatto Quotidiano al pentito Gaspare Mutolo, che vede nell'astensionismo in Sicilia un segnale di Cosa nostra: "E' plausibile che questo sia un avvertimento politico ai possibili interlocutori. Non faccio riferimenti a sigle di partito. L'astensionismo della mafia potrebbe creare premesse per nuovi discorsi ed eventualmente nuovi patti".

[Informazioni tratte da ASCA, ANSA, Lasiciliaweb.it]

 

 

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05 novembre 2012
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